How much sorrow can I take?
Blackbird on my shoulder
And what difference does it make
When this love is over?Shall I sleep within your bed
River of unhappiness
Hold your hands upon my head
Till I breathe my last breathLa prima volta in cui lo vide in televisione le si bloccò il fiato. Lì, al centro di quel piccolo mondo con l'unica cosa in grado di tenerlo stretto a sé, di farsi accarezzare con rispetto: il suo pianoforte. Prepotentemente, l'istinto le fece posare una mano sul ventre, nonostante ormai fosse un gesto verso l'ignoto mai si sarebbe spogliata del vuoto che le era rimasto da quel lutto obbligatorio.
«Qualche volta mi piace portarmi dei pezzi via con me» lui cantava e si portava via tutto con quella melodia dell'inferno, a lei tremavano le gambe e le speranze perché mai, avrebbe immaginato che pochi mesi avrebbero messo sottosopra la sua vita «Alessandro posso farti una domanda?» la voce di Maria dal televisore raggiunse le sue orecchie «sì» rispose lui grattandosi la testa «quel tormento che ti porti dentro, è peggiorato dai provini?» quanto era brava quella donna a scartavetrare le pareti dell'anima. Lui aspettò qualche secondo prima di rispondere, deglutì e si fece coraggio «è migliorato» migliorato. Come se quella relazione fosse stata un peso dal quale liberarsi per spiccare il volo. Non sapeva se facesse più male la consapevolezza dell'addio oppure l'insistenza ad essere sempre nascosta ad un passo dietro di lui. «Quindi hai risolto quella situazione?» domandò stimolando la curiosità dei professori e dello stesso Gerry Scotti che attendeva di consegnare la maglia d'ammissione tra le sue mani «in realtà preferirei non parlarne» abbassò lo sguardo verso il pavimento «va bene, sei giovane e hai tutto il tempo di fare le tue esperienze. Goditi questa maglia malinconia» ammesso. Si portò due dita oltre l'orecchio, nessuno potè comprendere oltre lei il gesto di carezzarsi il tatuaggio, nessuno oltre lei. La sua luna, anche quando c'era il sole.
«È entrato» saltò giù dal divano euforica per abbracciare Marzia «ce l'ha fatta Marzia, ce l'ha fatta» sussurrò «non sei contenta?» chiese accorgendosi che la donna non stesse assecondando la sua gioia «certo che sono contenta piccola mia, è la tua gioia che mi preoccupa» le spiegò «in che senso?» cercò risposte nonostante il suo inconscio gliele stesse fornendo tutte, una ad una, piano piano. «Intendo che devi andare avanti, nello stesso modo in cui hai chiesto di fare a lui, non puoi prenderti tutto il dolore, non puoi essere l'unica a soffrire» le accarezzò i capelli «è che questo è tutto ciò che mi rimane di lui. Capisci?» indicò il televisore «mi sento niente senza di lui» si accasciò sul divano «in Accademia ci stai andando?» le chiese «non ci riesco. Non ho più voglia di fare niente, avevo ripreso a ballare solo perché c'era lui» la voce si appiattì «è peggio di quanto pensassi» la donna sospirò, ferma ad un bivio tra la felicità di suo figlio e la stabilità di quella giovane donna che supplicava in silenzio per un appoggio materno.
«Vuoi dormire qui?» le domandò conoscendo già la risposta «sì» annuì lasciandosi abbracciare dalla donna «andrà tutto bene, te lo prometto» Luna chiuse gli occhi, niente sarebbe tornato al proprio posto, lo sapeva bene.
Lo so che ne abbiamo già parlato, ma ho solo trenta minuti per usare il cellulare. Ti va di fare FaceTime?
19:30Scriverle era stato il suo primo pensiero, il bisogno di sentirla gli scorreva nelle vene, pulsava nell'anima. Egoisticamente una parte di lui aveva la necessità di sentirsi dire quel sono fiera di te ancora una volta, come un tossicodipendente necessitava la sua dose di veleno per continuare a vivere, lui aveva bisogno di briciole di lei per tenersi in equilibrio.
No Ale, sono contenta per te ma è meglio di no.
19:35E quella risposta fu una coltellata tanto per l'emittente quanto per il destinatario.
Cinque minuti?
19:37Contro ogni previsione fu lei a digitare il suo numero «Ehi» rispose lui «Lù» fu tutto ciò che riuscì a dire «sei stato bravo» sorrise contro il cellulare «sono felice» vorrei assaporarla anche io quella sensazione «sono contenta per te Ale» fu sincera «non si direbbe sai?» sospirò «lo sono davvero, è che sono un po' stanca» lo rassicurò sinceramente, la voce ridotta ad un filo «ti trovi bene? I ragazzi sono tranquilli» continuò «sì, sono tutti molto carini. Poi Luigi l'avevo già conosciuto in hotel» spiegò lui «parlo come se avessi visto il pomeridiano, scusami» scosse la testa «certo che l'ho visto» interruppe il suo fiume di paranoie «ah» arrossì «vuoi che ti passi tua madre?» domandò «perché, sei da lei?» si stranì «è un problema?» non togliermi l'ultima cosa che mi è rimasta di te «ovvio che non lo è, comunque no, preferisco rimanere a parlare con te» «va bene» sorrise.
«Sei tornata in Accademia?» l'ennesima domanda «no, non mi va» sbuffò «Lù..» la rimproverò «possiamo non parlarne?» si lamentò. Nessuno aveva il permesso di giudicare le sue scelte, non in quelle circostanze. «va bene, però non sprecare quello che hai» abbassò il tono di voce, come se le stesse sussurrando segreti «ironico se detto da te» lo schernì «hai ragione» calò il silenzio «ti piace la casetta?» cambiò discorso «sì, diciamo che devo abituarmi a tutte queste persone però ci sta» le rispose.
«Senti Lù» riprese la conversazione come se fosse uscito da ore di apnea «hai deciso?» le domandò e lei spalancò gli occhi «ho abortito Ale, è per questo che sono qui» fu la prima volta in cui lo ammise «senza consultarmi?» non riuscì neppure a deglutire «avevi detto che mi avresti appoggiata» le tremò la voce mentre la chiamata terminò.
Per giorni non una chiamata, non una vita.
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Sweet Creature /Alex Wyse/
FanfictionLuna e Alessandro, un'irrimediabile incognita che nessuno sarebbe mai stato in grado di risolvere. Erano una vertigine, un tornado che avrebbe condotto alla catastrofe, avevano vent'anni e tutta la vita davanti per cadere.