18. Quella casa che avevamo in mente

1.4K 64 8
                                    

E tu occupavi un posto troppo grande,
e certo adesso è strano non parlarne
di quella casa che avevamo in mente,
lontano dalla strada in mezzo al verde.
Ti ricordi? Avevi sempre freddo
e anche io, ma non te l'ho mai ammesso.
Perché la nostra storia è in queste cose
In ciò che non si dice, ma rimane.

«Buongiorno» Luna sussultò al volto di Alessandro ad un palmo dal suo naso «che ci fai qua?» si stropicciò gli occhi «mi ha fatto entrare tuo fratello» si lasciò cadere accanto a lei sul suo letto, come se conoscesse alla perfezione quella dimensione a lui ignota. Ma lui era così, arrivava come un uragano e prendeva corpo, anima, spazio e tempo. Tra quelle leggere prepotenze che cullavano qualsiasi cosa lo circondasse, lasciare il segno era naturale.
«Prima che tu possa dire qualsiasi cosa, mi ha visto fuori ed è venuto a parlarmi» parlò interrompendo quel turbinio di pensieri che scalpitavano per aver rubato un permesso che non gli spettava «ed è tutto apposto?» domandò titubante «eccetto qualche minaccia di qua e di là, credo che possa andare» posò il capo sul suo ventre «ora puoi darmelo un bacio» attirò il suo viso a sé «se proprio insisti» lo prese in giro lei, guadagnandosi una linguaccia «sei bella Luna» le accarezzò il volto «smettila» lei distolse lo sguardo «lo pensò davvero, la più bella» sottolineò quello che per lui più che un complimento, era una contemplazione della sua realtà.

Alessandro si alzò recuperando un reggiseno che aveva occupato il suo campo visivo «lascialo» gli lanciò un cuscino contro «mi piace» la prese in giro fingendo di indossarlo «sei uno scemo, e non so dove tu possa trovare tutte queste energie di prima mattina» sbuffò, lei che avrebbe dormito per altri mille anni e che solo per quel giorno godeva di poter bagnarsi delle prime luci del sole, solo perché il suo si trovava proprio lì «io non dormo mai, le energie si rigenerano in automatico» si sporse verso di lei tirandole via le coperte «usciamo» la supplicò, ma la voglia gli morì in bocca quando si accorse che Luna dormiva senza nulla addosso, proprio come tutte le volte in cui l'aveva fatto con lui. «Che c'è, non vuoi più uscire?» lo prese in giro «ci ho ripensato» chiuse la porta, sperando vivamente che Edoardo si trovasse a mille miglia via da loro. Luna era inerme, i suoi occhi erano due ricercatori, lo scrutavano, lo leggevano, lo decriptavano e per quanto cercasse di negarsi l'esperienza mistica che Alessandro incarnava, dare il consenso a quell'agognata unione di anime fu inevitabile. Alessandro la spogliò, dimostrando con le mani tremanti che quella fosse la cosa più preziosa che potesse possedere, il suo sguardo insicuro lo inghiottì «vuoi?» domandò alzando lo sguardo verso di lei «non andartene mai più» una frase apparentemente decontestualizzata, lo specchio delle sue titubanze. Alessandro parve estraniarsi da quel mondo per un secondo, a riscuoterlo fu lei, che spogliandosi dell'ultimo strato che la copriva voleva dirgli che no, non aveva perso la fiducia, quella sarebbe rimasta custodita in un angolino, nonostante tutto.

Due margini convergenti si scontrarono, lui entrò dentro di lei, lei si fece piccola per quell'amore che l'accendeva, il flusso di anime si congiunse «grazie per fidarti di me» non mi fido per niente Ale, ma l'amore è più forte di tutte le tue bugie. Quel momento fatto di tocchi nuovi e paure accumulate segnò un istante irripetibile, ma nonostante la scalpitante volontà di possederla, non poté fare a meno di sentirsi immeritevole di quel perdono per il quale aveva faticato ben poco. Aveva sempre tenuto Luna le redini di quella storia travagliata, se non fosse stato per la sua caparbietà probabilmente lui non l'avrebbe nemmeno più rivista dopo la loro notte, il peso di quel cemento armato che aveva buttato via a spintoni, gravava solo sulle spalle di lei, quelle spalle gracili che per lungo tempo avrebbero sopportato gli errori di Alessandro. Una storia controbilanciata dove avrebbe potuto condurre? Era una risposta che non era data sapere, perché non aveva intenzione di intromettersi in quelle menti piene d'amore ma incapaci di combaciare.

La paura era una forza sovrannaturale, si insinuava nelle pieghe dei gesti ed era complice della loro meccanicità, la paura animava le parole tagliandone la musicalità. «Ale» un flebile suono mentre si rivestiva «ho paura» ammise «di cosa?» si voltò verso di lei, socchiudendo le palpebre, come se evitare il suo sguardo fosse un mondo per discolparsi «di te» tradì le sue parole portando una mano tra i suoi capelli «sei contraddittoria, non credi?» l'amaro in bocca di chi per quanto cercasse di aggiustare, era solo capace di distruggere «la paura non mi impedisce di amarti» eccole di nuovo, quelle ammissioni disinibite «mi ami, ma hai paura» Alessandro deglutì «ti amo, ma non mi basta più» si mise seduta «che vuol dire Luna?» incurvò le sopracciglia «che questo -indicò la camera- non mi basta più, essere nascosti, amarti in segreto» you kept me like a secret, I kept you like an oath
«Luna io non ti tengo nascosta» la convinse, ed era vero. Alessandro era una persona discreta, viveva e si muoveva in una bolla, era come se la vita andasse in una direzione e la sua storia con Luna da un'altra. Era così geloso della purezza dei suoi sentimenti che, inconsciamente, esporla al mondo, portarla nei locali in cui era stato con un'infinità di donne, presentarla ai suoi amici e seguire le corrotte trame che lei aveva da sempre letto nei libri, non gli sfiorava la mente. «Allora dimostrami che tutto questo non è vano» si avvicinò a lui posandogli un bacio sulle labbra «dimostrami che un amore vero io me lo merito» ed eccola lì, la giostra delle preghiere.

Ma amarsi nella direzione giusta a vent'anni, era una bestemmia.

Sweet Creature /Alex Wyse/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora