3 | Buon appetito

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CAPITOLO 3
Buon appetito

Mi sveglio di soprassalto quando un rumore mi inonda le orecchie con prepotenza facendomi sussultare. Spalanco gli occhi e mi giro d'un lato, alla ricerca del telefono. Con la vista appannata e gli occhi che mi lacrimano, cerco di capire che ora è. Sul blocco schermo leggo 10:47 AM. Le pupille poi cadono sull'immagine di sfondo. Jack. Il mio cavallo lasciato al ranch di famiglia.
La malinconia sparisce via di punto in bianco via: ancora quel rumore. Sollevo di poco la testa e do un'occhiata in direzione della porta. Qualcuno bussa per la terza volta. Sbuffo e con aria assonnata mi faccio forza e mi sollevo in sedere sul letto. Lancio un'occhiata in giro e cerco di capire dove diavolo io sia finita, poi però ricordo.

Oh, già. Sono a San Francisco, nell'appartamento del mio arcinemico.

Mi giro verso la finestra e a malincuore mi metto in piedi, provando a restare in equilibrio e non inciampare. Raggiungo le tende, le spalanco e la luce naturale mi acceca per un istante. Chiudo d'istinto gli occhi e sulla mia faccia si disegna una smorfia, quindi sbatto rapidamente le palpebre e cerco di adeguarmi alla luce. Allungo una mano, aprendo la finestra e lasciandomi svegliare dall'aria fresca. Inevitabilmente arriccio il naso, appena il fumo di scarico dei veicoli mi colpisce in pieno insieme ai rumori assordanti del traffico intenso già di primo mattino.

Sospiro. Mi mancherà l'odore degli alberi, della torta di mele e del caffè. Mi mancherà la tranquillità... mi mancherà il Texas.

Stendo un attimo i muscoli e stropicciandomi il viso con una mano raggiungo la porta che sento di nuovo bussare. La apro e davanti al viso mi ritrovo una maglietta verde scuro, forse un po' attillata in alto sul torso. Tanto che i miei occhi si poggiano sui pettorali in evidenza. Aggrotto la fronte e d'istinto alzo una mano. Frastornata ancora dal sonno, poggio un indice sopra e tasto i muscoli, poi sollevo le pupille e quando queste finiscono sul viso di Adrien Monroe che mi guarda stranito, strabuzzo gli occhi e rapida come una scheggia ritraggo la mano, tanto velocemente da sbattere con il gomito contro la porta socchiusa.

«Merda!» soffoco un gemito afferrandomi il gomito che sento vibrare con violenza e chiudo gli occhi spiaccicandomi contro la porta come un animale ferito in punto di morte. «Merda...» mi lamento ancora.

«Non ricordavo che al mattino fossi una molestatrice seriale» sento. Sollevo lo sguardo e gli mando un'occhiataccia.

«Oh, ma stai zitto. Tutto era perfetto, finché non ho visto...» indico il mio viso, riferendomi in realtà al suo «quella roba che penso sia la tua faccia».

Lui in tutta risposta solleva un angolino della bocca, rivolgendomi un sorrisetto beffardo e si porta le braccia al petto. I miei occhi finiscono sui suoi bicipiti che di conseguenza si contraggono e restano fermi lì, senza accennare altro movimento.

Oh, mio Dio. Ronnie, riprenditi dubito. Alla svelta.

«Quindi mi stai dicendo implicitamente che sono attraente?»

E' la sua voce a riportarmi con i piedi sulla terra. Lo guardo, trattengo a stento una smorfia di disgusto e con una mano mi limito semplicemente a spostarlo via dalla mia traiettoria. Devo andare in bagno a pisciare.

«Avere un bel corpo non vuol dire essere attraenti» rispondo senza girarmi. «Non se questo significa metterti un sacco in testa e spegnere obbligatoriamente le luci per non restare traumatizzati.»

«Questo che hai appena descritto è uno strano fetish, ma non ti giudicherò» commenta e posso percepire il suo fastidioso sorrisetto anche se ce l'ho alle spalle.

«Ah! Quasi dimenticavo!»

Una mano mi afferra per il braccio e mi ferma. Pronta per mollargli un calcio lì dove non batte il sole, mi volto, ma lui me lo impedisce.

Cuori In Tempesta 1 | ❗In editingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora