1 | Cauzione

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CAPITOLO 1
Cauzione

Mio padre, uomo saggio, mi aveva detto una sola cosa prima di abbandonarmi allo sportello delle imbarcazioni con volo per San Francisco: vedi di non combinare guai una volta lassù. E io, come da manuale, gli ho ripetuto per la milionesima volta che stava un tantino esagerando e che, se voglio e mi applico per davvero, posso essere la ragazza più responsabile del pianeta. E lo sono, altrimenti in questo momento starei senza vestiti pronta per ammaliare il poliziotto oltre le grate di ferro e fargli fare ciò che più desidero, ovvero opzione a: portarmi un panino perché ho una fame tremenda tanto che a momenti credo di poter mangiarmi la vernice screpolata delle pareti; opzione b: farmi rilasciare sfoggiando i miei bellissimi occhi color cioccolato del discount; opzione c: sono la diretta discendente di un Sangue Sbirro Purosangue, mio padre vice sceriffo Kyle di una sperduta località vicino Dallas, nel Texas.

«Ti faccio toccare una tetta» propongo di punto in bianco o meglio lo fa la mia bocca che parte prima delle mie sinapsi. Il ragazzo in uniforme, probabilmente appena uscito dall'Accademia dei RoboCop, seduto com'è sulla sua sedia accanto la scrivania, si strozza con il caffè e comincia a tossire violentemente. Solleva gli occhi, ricolmi di lacrime e mi fissa con una palese sfumatura di sgomento. Mi domando perché.

«Non sono molto evidenti, ma ci sono, te lo assicuro. Credimi

Sollevo le sopracciglia provando ad essere convincente. Lui mi scruta in silenzio, si pulisce il viso col corso della mano e poi torna con gli occhi sul fascicolo che stava sfogliando. Prende a fissarlo con più insistenza fingendo di capirci qualcosa e da questa precisa prospettiva posso vedere senza difficoltà i cespugli di salvia che rotolano sulle strade deserte del Far West mentre incombe una forte bufera di sabbia. Mi sta ignorando e questa cosa non mi va molto a genio, perciò continuo a punzecchiarlo.

«Almeno posso avere un hamburger?» chiedo cortesemente. «Ehi!» lo richiamo notando che si limita a ignorarmi. Sbuffo sonoramente. «Sai che soffro di claustrofobia?» dico, sicura che così mi farà quantomeno uscire da qui. «Mi puoi mettere le manette e farmi stare accanto a te? Giuro che non ti darò alcun fastidio. Sono una brava ragazza.»
Provo la mia ultima carta e gli mollo un sorrisetto angelico.
Spero sia angelico.

Lui si ferma improvvisamente dal leggere il fascicolo e mi fissa. «Se non la pianti di blaterale stronzate, ti afferro e ti sbatto in cella con le vere delinquenti, e ti assicuro che non ti piacerà per niente. Non lo desidererei nemmeno al mio peggior nemico.»

Il suo tono tanto enfatizzato, da vero sbirro idiota, mi fa scoppiare a ridere per il nervosismo e la mancanza di proteine e carboidrati. Avvolgo le dita intorno a due grate e ci poggio sopra la fronte.

«Hai un peggior nemico come i supereroi dei fumetti?» lo prendo in giro non potendo farne a meno.
La mia versione psicopatica si sta per sbloccare. Lui però in tutta risposta mi lancia un sorrisetto beffardo, ruota la sedia girevole in mia direzione, chiude il fascicolo e lo poggia sulla scrivania. «Sì e attendo con ansia il momento che qualcuno verrà a prenderti così potrò mettere il mio mantello, usare i miei superpoteri e bloccare l'orticaria che mi hai innescato.»

Sbirro pivello di livello 1 ma decisamente acido. Un degno avversario. Peccato che io adesso abbia zero energie per continuare questo dibattito becero di battute da scaricatori di porto.

«Qualcuno verrà, dico bene?» chiede poi e nei suoi occhi marroni leggo esasperazione.

Oh, certo, che verrà. Qui, a San Francisco conosco solo una persona che potrebbe recarsi in centrale e versare quei dannatissimi cinquecento dollari per essere libera. Ho fame, sono stanca e il volo dal Texas non ha di certo aiutato considerate le cinque pillole che ho mandato giù per contrastare l'ansia, la nausea per le turbolenze e per dormire un po' ma senza successo.

Cuori In Tempesta 1 | ❗In editingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora