7 | Piccoli segreti

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CAPITOLO 7
Piccoli segreti

Patrick Grey mi guarda e poi posa lo sguardo nuovamente su Adrien, il quale non può far a meno di fissarlo come se stesse scrutando chissà quale sottospecie non ben meglio identificata di scarafaggi stercorari.

Ma perché è ancora qui? Non dovrebbe essere in piedi a dare fastidio da qualche altra parte?

«Aidan Monroe» esala Patrick. Il suo interlocutore solleva un sopracciglio.

«Adrien.»

Lo corregge e sembra che la sua voce provenga direttamente dalle viscere dell'Inferno. Patrick rivolge ad entrambi un'occhiata confusa e poi si passa una mano sul viso.

«Oh! Perdonami, errore mio. Ho una pessima memoria in quanto nomi di persone. Tendo a dimenticarli facilmente» si giustifica.

«Spero non valga lo stesso per le materie che studi» ribatte Adrien. «Perché altrimenti sarebbe un bel guaio» continua con una risatina che mi fa salire il sangue nel cervello.

Le sue parole mi lasciano spiazzata. Lo guardo incredula. Ma come diavolo si permette?

Ma Patrick, che decisamente è sempre stato un gradino più in alto in fatto di educazione e maturità, sembra passare sopra la sua battutina da piccolo bulletto con problemi di megalomania.

«Non sapevo fossi qui. Quindi ora...» ci indica mentre prende posto tra me e lui, «vi siete rincontrati, eh? Sono venuto a sapere che ti fossi trasferito altrove e che Ronnie era rimasta da sola.»

Parla con una gentilezza e un tatto disarmanti. In genere si pensa che i giocatori di basket, soprattutto i capitani nel suo caso, siano degli atleti senza cervello. Ma io penso che si tratti solo di uno stupido cliché da sfatare. Patrick Grey è letteralmente l'esempio vivente che questo insensato mito sia fasullo. Lui è gentile, educato e da sempre si è sempre tenuto lontano dai problemi e dai pettegolezzi. Ha avuto occhi solo per lo studio e lo sport. L'unica volta ad averlo visto in una situazione deprecabile è stato quando si è intromesso in una rissa nel cortile della scuola per separare i due che si stavano picchiando a vicenda per una ragazza. È stato lì che l'ho visto per quel che è veramente: un eroe. Una di quelle persone che raramente si trovano in giro. Buone e pronte a tutto. È stato questo ad affascinarmi sempre di lui.

«Ah, davvero? E tu che ne sai?» lo attacca di punto in bianco Adrien scuotendo la testa.

Merda.

«Io...» prende a parlare Patrick ma gli poggio una mano sul suo braccio, fermandolo.

«Adrien...» comincio a dirgli lanciando un'occhiata al mio arcinemico: biondo scuro, il ciuffo che gli ricade con fare scompigliato sulla fronte, - e che gli dà tutta l'aria di essere sbucato da sotto un ponte dove ha passato la notte come un ratto quale è - occhi di un intruglio confuso di colori, e ora il mio più grande problema.

Adrien Monroe.

Lo scorgo con gli occhi fissi sulla mano che tengo addosso a Patrick e che levo rapidamente appena mi rendo conto di ciò che ho fatto e sento d'istinto le guance andare in fiamme.

«... se ne stava giusto andando via. Dico bene?» mi rivolgo a lui, il quale ci lancia solo un'ultima occhiata che non identifico e si rimette in piedi facendo strisciare rumorosamente la sedia contro il pavimento, e so che l'ha fatto appositamente per farmi incazzare ancora di più.

«È stato un piacere rivederti, spero di rivederci presto» gli dice nonostante tutto Patrick. Adrien alza le sopracciglia e solleva gli angoli della bocca in un sorrisetto tanto equivoco quanto di scherno.

Cuori In Tempesta 1 | ❗In editingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora