35) 𝘣𝘶𝘵 𝘺𝘰𝘶 𝘰𝘯𝘭𝘺 𝘯𝘦𝘦𝘥 𝘵𝘩𝘦 𝘭𝘪𝘨𝘩𝘵 𝘸𝘩𝘦𝘯 𝘪𝘵'𝘴 𝘣𝘶𝘳𝘯𝘪𝘯𝘨 𝘭𝘰𝘸...

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Harry's pov.

"Louis, mi senti? Scusa se ti chiamo solo ora. Tornerò a casa prima, ho avvertito il professore." Lasciai questo penoso messaggio alla sua segreteria e riagganciai, avevo il suo numero scritto nella rubrica cartacea che recuperai in hotel assieme alla valigia per andarmene.
Poi chiamai mia madre.
Dovevo tornare a casa e capire cosa fare, come reagire.

***

Quando mi venne a prendere non fece domande, si limitò solo a chiedere se andava tutto bene.
"Sì mamma, scusa se ti ho chiamata all'improvviso." Rimasi sul vago sviando qualche altra sua domanda.
Una volta arrivati a casa, mi precipitai in camera mia.

Chiusi a chiave la porta e lasciai che le spalle aderissero al legno mentre crollavo esausto.
Non ce la facevo più, non riuscivo più a reggere qualsiasi cosa stessi sopportando.
Non ci capivo più niente.
Non piansi, decisi di prendere un medicinale per il mal di testa e tentare di dimenticare il fantastico incontro avuto con Jake.
Mi alzai per scendere al piano di sotto ma sentii dei suoni provenire dal bagno.

Mi immobilizzai.
Di soppiatto e nel modo più cauto possibile, presi la mazza da baseball nascosta tra l'armadio e la scrivania e la impugnai stringendo la presa.
Il respiro divenne incontrollato, la paura mi portò ad indietreggiare, ma avanzai.
Non appena sentii il cigolio della porta del bagno la spalancai con un calcio e senza pensarci due volte cercai di colpire qualunque cosa fosse entrata.

"CAZZO HARRY! MA SEI IMPAZZITO? PORCA TROIA MA CHE CI FAI CON UNA MAZZA SE NON SEI CAPACE NEMMENO DI AMMAZZARE UNA FORMICA! CRISTO CHE DOLORE!" gridò Louis piegato in due davanti al lavandino mentre cercava di massaggiarsi le costole.
Non avevo preso la mira, avevo colpito a caso.

"Dovresti considerare l'idea di entrare dalla porta sai? Ben ti sta." lo rimproverai.
"Dobbiamo parlare." Asserì deciso.
"Puoi giurarci." E parte del mio subconscio mi suggerì che quel giorno sarebbe stato indimenticabile.
Ma non sapevo se in modo positivo o negativo.
"Sì però ora posa quella cosa che mi fai paura." Disse sbeffeggiandomi.
"Mazza da baseball Louis, si chiama mazza da baseball."
"Lo so cos'è. Dobbiamo per forza parlare qui?" si alzò provando a reprimere una smorfia di dolore ed entrò con nonchalance in camera mia.

"Da quanto lo sai?" mi fulminò con lo sguardo.
"Cosa?" dovevo mostrarmi sicuro, se volevo portare a termine il mio piano doveva credermi.
"Ti sembro stupido per caso? Da-quanto-lo-sai?" d'altro canto però, doveva essere più specifico.
"Non capisco di cosa stai parlando. Puoi essere più preciso?" cercai di apparire sicuro.
"Da quanto sai che Jake è mio fratello?" il suo nome detto da lui suonava velenoso e acido, quasi come se fosse un insulto averlo pronunciato.
"Da un po'." Provai a temporeggiare.
"Devi spiegarmi un po' di cose." Ah, io?
"Semmai è il contrario, Louis."
"Se sei intelligente hai già capito perché ho voluto conoscerti. Per vendetta, chiaro. Ciò che non mi spiego però, è il perché dei tuoi comportamenti. Lo sapevi quando mi hai tirato fuori da quella discoteca?"
"No." la sincerità gli serviva, perché poi l'avrebbe ricambiata.
"Lo sapevi quando siamo partiti per Oxford? Lo sapevi già quando abbiamo pattinato?..."
"Sì." I suoi occhi scuri incontrarono i miei e sussultai.
La sua mascella ebbe un guizzo nervoso mentre provai a restare calmo sotto il suo sguardo duro.
Toccava a me.
"Sei tu che mi hai fatto trovare quella specie di libro rosso in biblioteca?"
"Sì." Mi aveva mentito quindi.
Chiesi a me stesso su cos'altro mentì.
"Volevi vendicarti anche tu di me?" in quel momento il suo tono più che arrabbiato, sembrava teso. Come se avesse avuto paura a pronunciare altre parole.
Non risposi, stava portando l'attenzione verso di lui.
La vittima ero io, ed era ora di farglielo notare.

"Perché Louis? Cosa ti ho fatto di male?" non erano domande piene di pena, non riuscivo a spiegarmi perché volesse vendicarsi.
"Me lo chiedi pure?" la sua voce profonda mi fece distogliere lo sguardo spostandolo sulle sue labbra.
"Era una cosa che riguardava me e tuo fratello, non capisco perché-" mi interruppe.
"Hai idea di quello che mi hai fatto portandomi via non solo l'unica persona di cui mi fidavo, ma anche il mio futuro? Per colpa tua non posso più vivere come voglio. Hai distrutto ogni briciola di speranza che ero riuscito a conservare. Piuttosto perché l'hai accusato ingiustamente? Non erano cazzi tuoi quello che pubblicava o non pubblicava su internet!" il senso di nausea tornò più forte di prima.
Accusato ingiustamente?
Per aver quasi pubblicato le mie foto?
Era per caso impazzito?
Gli avevo concesso di tutto, ogni pezzo di ciò che rimaneva di me, del mio orgoglio, ma questo non potevo permetterglielo.
Non dopo che la mia dignità era stata calpestata e distrutta, ridotta a brandelli come la mia anima.

"Come cazzo ti permetti? Ma lo sai cos'ho passato io? Ti è mai passato per la mente il pensiero di come abbia vissuto fino ad ora?
Credi che mi sarebbe piaciuto continuare a farmi soffocare la gola dal cazzo di tuo fratello?
Credi che avrei apprezzato il suo simpatico album di foto e video che mi ritraevano mentre mi toccava e non sapevo nemmeno se ero consenziente?
Credi che sarebbe stato piacevole raccontare tutto a mia madre? Credi sia stato facile dire alla fottuta psicologa del controllo psicologico che esercitava su di me come un fottuto capo e io non me ne accorgevo nemmeno? E sai perché è uscito prima Louis? Perché il bastardo è stato furbo.
Alla fine sono stato io a fare quelle cose, mi convinceva facendomi credere che era per amore, mi illudeva che fossi l'unico, che avremmo vissuto insieme. Cristo! Mi ha fatto innamorare di lui e mi ha abbandonato.
Quando abbiamo scopato l'hai vista la piccola cicatrice sul mio fianco?
È il colpo di pistola che Jake ha sparato perché non voleva che parlassi. Te l'ha detto cos'è successo quel giorno? Ovvio che no.
Sai cosa voleva che facessi l'unica persona di cui ti fidavi? Ha voluto che succhiassi il cazzo del suo amico mentre mi scattava delle foto e in quel momento la polizia li scoprì.
Sì Louis, se ti stai chiedendo se l'abbia fatto o no, l'ho fatto.
Mi sono piegato sulle ginocchia e controvoglia l'ho succhiato a Simon, perché amavo tuo fratello più di me stesso e non potevo permettermi di perderlo, non volevo.
Mi ha fatto innamorare di lui in un modo così malato e tossico che ancora oggi quando mi sveglio la mattina mi chiedo se sia stato un brutto incubo o se continuo a respirare per miracolo. Poi inizia di nuovo la solita prigione sai? Saluto mia madre, parlo con i miei amici, studio, sto con te, ma quando la sera torno a casa e sono da solo in camera mia, non so cosa cazzo mi fermi dal prendere una lametta e farla finita una volta per tutte."
Buttai fuori quelle parole piene d'odio.

In un modo o nell'altro sarebbe dovuto succedere.
"No. Non è possibile." Louis sgranò gli occhi e la tentazione di prendere nuovamente la mazza da baseball aumentò.
"Cosa cazzo vuoi per credermi? I documenti della polizia?" non ero solito parlare così, ma ero instabile in quel momento. Ero arrabbiato, deluso.
"Non era così...che...non..." non terminò quella frase.
Senza che dicessi niente si accasciò a terra e abbassò la testa.
Louis Tomlinson non poteva piangere, non davanti a me.
Mi avvicinai timoroso e spaventato per una sua possibile reazione, ma dopo pochi secondi iniziò a singhiozzare.

Quello che aveva bisogno di piangere ero io. Non lui.
Poggiò la testa al muro e lasciò che ammirassi la sua vulnerabilità, che guardassi i suoi occhi lucidi e le sue labbra bagnate mentre stringeva fortemente i capelli spettinati sussurrando cose che non capii.
Mi sedetti vicino a lui e lo guardai ancora, in silenzio, avrei aspettato che parlasse.

"È vero?" chiese quasi con tono ironico, più che un pianto triste, sembrava un pianto incredulo.
"Sì." Risposi con fastidio, era un suo problema se non riusciva a credermi.
"Non mi hanno mai detto la verità. Lui mi ha giurato che non ti avrebbe osato farti-"
"Sai, nemmeno io direi a mio fratello che ho abusato di qualcuno" provai a sdrammatizzare interrompendolo ma fallii.
Anche dopo avergli urlato in faccia il dolore che provavo, non mi aveva attaccato.

E fu in quel momento, seduto affianco a lui, che realizzai di essere spacciato.
Realizzai di essere completamente fottuto perché mi ero innamorato.
Accennò un debole sorriso e poi mi guardò.
"Mi dispiace. Non ho scuse, mi dispiace." Non disse nient'altro.
Rimanemmo in silenzio a guardare la finestra davanti a noi, cercando di nascondere cicatrici sanguinanti e schegge dolorose che si erano conficcate nell'anima di due ragazzi così diversi, eppure così uguali.
Avevamo imparato a condividere il respiro, le lacrime, i sorrisi, gli sfioramenti, i segreti.
Avevamo imparato ad amarci.
In un modo un po' strano e particolare, ma comunque valido e perfetto.

"Louis" dissi dopo incessanti minuti di silenzio.
"Mh?" probabilmente non mi avrebbe ascoltato.
"Anch'io sono innamorato di te." Sorrise.
Ed era il sorriso più debole e finto che avessi mai visto.
"No Harry, non è così. Devo andare ora."
"Louis-"
"Ricorda: se c'è una cosa che ho capito in questi mesi da quando ti ho conosciuto, è che non ti fai mettere i piedi in testa da nessuno. Anche se pensi di essere fragile, sei molto più forte di quanto credi.
Sii felice Harry. Promettimelo, se mi ami davvero giurami che sarai felice. Se non vuoi farlo per te, fallo per me. Va bene?" Perché sembrava un addio?
"Cosa-"
"Giuramelo. Ho bisogno di sentirtelo dire. Dillo."
"Lo giuro"

Si alzò velocemente e dopo avermi guardato un'ultima volta, sparì uscendo dalla finestra.


-Spazio autrice-

Ciauuu a tutti, come va? Questo è l'ultimo capitolo e dopo c'è l'epilogo, spero che vi piacerà... HSJCHDGSJ

𝐈𝐥 𝐬𝐚𝐩𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐮𝐚 𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚 |𝐥𝐚𝐫𝐫𝐲|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora