𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐗𝐗𝐕𝐈𝐈. 𝐋𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐆𝐢𝐥𝐲𝐚𝐬 𝐑𝐞𝐢𝐬𝐛𝐚𝐜𝐡

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Nella silenziosa e vuota sala del trono, come al solito, il freddo era pungente, penetrava sin dentro le ossa e anche se in quegli ultimi giorni il clima era parso inizialmente ingentilirsi, le temperature erano calate subendo un bel tracollo, tan...

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Nella silenziosa e vuota sala del trono, come al solito, il freddo era pungente, penetrava sin dentro le ossa e anche se in quegli ultimi giorni il clima era parso inizialmente ingentilirsi, le temperature erano calate subendo un bel tracollo, tanto che la neve aveva ricominciato a palesarsi e a volteggiare nell'aria, sospinta da venti glaciali e impietosi che promettevano di serrare il territorio nella loro tremenda morsa per chissà quanto altro tempo ancora.

A Tristan, tuttavia, non importava di non avere gli abiti sufficientemente pesanti per rimanere in quel posto senza il rischio di prendersi nuovamente una bella febbre. Aveva ancora il collo coperto dai medicamenti che suo fratello, in quei tre lunghi e pesanti giorni, una volta alla mattina e una volta alla sera si era sempre premurato di cambiargli. Diceva che la ferita si stava rimarginando, ma sarebbe comunque rimasto per sempre un segno tangibile dell'incidente verificatosi nella sala di re Henrik. 

La lacerazione faceva ancora piuttosto male e bruciava ogni volta che Ferdinand la tamponava con il liquido atto a evitare che si infettasse, ma a confronto di ciò che Tristan al momento provava per via di cos'era successo ad Angor, nonché agli altri, quel dolore sbiadiva e appariva irrilevante come un semplice taglietto sul dito o una sbucciatura al ginocchio.

Da quando Ferdinand aveva permesso al fratello minore di alzarsi dal letto, questi spesso si era recato nella sala del trono per tenere d'occhio la rosa stregata e ogni singola volta che vi aveva posato sopra lo sguardo aveva notato subito l'assenza di un altro petalo o di come l'aspetto generale del fiore continuasse a risultare sempre più malandato e rinsecchito.

Quattro petali erano ormai tutto ciò che separava Angor dalla morte, dal compiersi della maledizione di Feodora e il tempo continuava a scorrere inesorabilmente senza che loro riuscissero a far sputare tutta la verità a Reisbach. L'alba del dodicesimo giorno di dicembre ore prima era sorta e mancavano solo altri diciotto giorni al trenta, ovvero il compleanno di Angor. L'ultimo che egli avrebbe conosciuto, se la maledizione non fosse stata spezzata entro tale termine.

Presto sarebbe stato troppo tardi per salvare Angor, troppo tardi per tutto quanto, e visto che Tristan non era in grado di sostenere un testa a testa con Reisbach senza perdere il controllo, coi nervi a fior di pelle che aveva, toccava a Ferdinand torchiare quell'abominevole individuo. Forse gli dèi davvero sapevano quando e se aiutare chi si trovava in enorme difficoltà, altrimenti Tristan non avrebbe saputo spiegare in altre maniere il provvidenziale arrivo del fratello maggiore. Gli era grato per essere lì ad aiutarlo, a dargli forza proprio quando sentiva di non averne più o quasi.

Distolse gli occhi gonfi di pianto recente dalla rosa imbozzolata nel magico e svolazzante fumo e li posò sul ritratto di Angor, quello che ritraeva Valdemar all'età di quattordici anni. Iniziava a detestare quella rappresentazione del principe di Krygan in quanto non veritiera, non più al passo con l'uomo che poi Angor era diventato.

Quel ragazzino dall'aria altera e indifferente non poteva reggere in alcun modo il confronto con l'uomo malinconico e compassionevole che ne aveva preso il posto.

𝐇𝐚𝐧𝐝𝐬𝐨𝐦𝐞 𝐚𝐧𝐝 𝐭𝐡𝐞 𝐁𝐞𝐚𝐬𝐭 [𝐓𝐰𝐢𝐬𝐭𝐞𝐝 𝐑𝐞𝐚𝐥𝐦𝐬 𝟏#]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora