Capitolo 22

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Il viaggio fù lungo e silenzioso. Stranamente nessuna delle due parlò. Clarke non mise neanche uno dei suoi album...eravamo circondate dal silenzio, l'unico rumore era quello del motore della macchina.

Eravamo entrambe concentrate sui nostri pensieri; io stavo ripensando a quello che le avevo permesso di fare in camera da letto, ripensando a quei 'ti amo', a quei baci...Avrei pagato oro per sapere a cosa stesse pensando lei. Spostai lo sguardo un paio di volte verso Clarke, segretamente, ma sembrava semplicemente seria e tranquilla.

Inconsciamente, spostò una mano dal volante alla mia coscia, accarezzandomi e trasmettendomi calore; il mio stomaco, a quella semplice e innocente mossa, fece i salti mortali. Il mio cuore e i miei polmoni iniziarono ad andare per conto loro, come se si staccassero dal comando del cervello e diventassero un corpo a sé.

I pensieri però non tardarono ad arrivare: 'se con Costia ero fidanzata ma non gli avevo permesso di prendere la mia verginità, perché l'avevo consentito a Clarke?" pensai.

Con lei mi ero sentita pronta, al sicuro, e volevo davvero farlo. Avevo avuto paura ma allo stesso tempo non vedevo l'ora che lei mi facesse sua, avevo sempre pensato di farlo la prima volta con una ragazza con cui ero fidanzata da magari un anno, approvata da mio padre, che era bella sia dentro che fuori, insomma, la donna della mia vita.

La persona che avrei amato alla follia fino alla fine dei miei giorni... invece lo avevo fatto con lei, rapitrice della mafia, nemica di mio padre, pronta ad uccidermi e neanche conosciuta per bene dopo solo un mese.Iniziai a farmi tante domande.

Forse la cosa che mancava nella relazione tra me e Costia era il vero sentimento chiamato 'amore', con Clarke era tutto diverso. All'inizio mi ero rifiutata, ma, non appena avevo accettato i miei sentimenti, non avevo potuto fare a meno di lasciarmi prendere dalla passione.

Alla fine, dopo un'infinità di ragionamenti, arrivai ad una conclusione: volevo essere di Clarke, solo di Clarke.

Lei era l'unica.

"Clarke."  mormorai.  "Io sono tua."  Le parole lasciarono la mia bocca, senza neanche lasciarmi il tempo di realizzare quello che avevo detto.

Lei tolse la mano della mia coscia, accostò immediatamente, e fermò la macchina, si girò completamente verso di me e si avvicinò alla mia faccia, lasciandomi senza fiato; il suo sguardo luccicava di lussuria.

"Ripetilo."  La sua voce rauca mi fece letteralmente morire.

"S-Sono tua."  balbettai.

"Più convinta."

"Sono tua, Clarke, solo tua."

Sembrò compiaciuta: un sorrisetto malizioso si dipinse sul suo volto.

"Solo mia."  ripeté, lasciandomi un casto bacio sulle labbra.

Ripartimmo, e raggiungemmo il locale di cui mi aveva parlato la donna; sorrise per tutto il viaggio e questo rese felice anche me.

Non appena parcheggiò scese dal veicolo e corse verso la mia portiera per aprirla come farebbe un vero gentleman. Eravamo nella solita cittadina dove mi aveva portato a fare colazione, probabilmente era l'unica più vicina a dove eravamo, anche se sembravano ore quelle che passavano per arrivarci.

Dentro c'erano tavoli ovunque, con qualche persona  qua e là seduta a bere e a mangiare, al banco dove si ordinava c'erano in fila solo due persone, e fecero davvero molto in fretta a servirli. Non ebbi neanche il tempo di guardare tutti i dolci che avevano in vetrina; alla fine decisi di prendere una Red Velvet e un semplice bicchiere di latte, mentre Clarke una fetta di torta al cioccolato e un cappuccino. Erano entrambi dolci fatti in casa, e si sentiva. Le mie papille gustative urlavano per l'orgasmo che stavano avendo dopo solo il primo morso; dopo aver mangiato lei iniziò a scherzare sul fatto che mangiavo come un maiale ma non ingrassavo per niente.

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