Mi svegliai ancora prima dell'allarme che avevo impostato nell'orologio sul comodino di fianco al letto. Appena aprii gli occhi, il mio primo pensiero fu quello di incontrare Daniel di sotto per andare a scuola insieme, come avevamo pattuito la sera prima a cena.
Andai a fare una doccia veloce e mi vestii. Scesi di sotto e il porridge che mi aveva preparato Giselle per colazione era squisito come sempre. Quando me l'aveva presentato sotto il naso per la prima volta, credevo che non sarei riuscito a mandarne giù nemmeno un boccone. Invece, dopo un primo assaggio, ne andai completamente matto.
Mangiai di fretta e uscii di casa. Quello che mi aspettavo di trovare era Daniel in sella alla bici con i suoi jeans e le sue converse ai piedi, il tatuaggio ben in vista che sbuca fuori dalla sua t-shirt larga e le ombre scure che gli si formano al mattino sotto gli occhi. La realtà fu che davanti a me trovai soltanto una bici, tirata fuori dal garage, e poggiata sul muretto. Che traditore!
Salii in sella e cominciai a pedalare, promettendo a me stesso che tutto quello che stessi cominciando a provare nei confronti di Daniel in quel momento, doveva finire all'istante. Arrivai alla Burlington dopo soli due isolati. Legai la bici con il lucchetto, in mezzo ad altre miriadi di biciclette, e ammirai l'enorme struttura della scuola. Era un enorme edificio in stile gotico che si affacciava su un grandissimo cortile colmo di ragazzi che aspettavano il suono della campanella prima dell'inizio della prima ora. Mi sentivo completamente un pesce fuor d'acqua.
Poi tra la folla, lo intravidi: una sigaretta fumante tra le labbra, le spalle poggiate sul muretto a fianco all'entrata principale e il suo solito sguardo prepotente.
«Grazie mille, Daniel!»
«Mario! Eccoti! Per cos'è che mi ringrazi?» Mi chiese, mentre teneva la sigaretta stretta tra le labbra.
«Per avermi dato buca, ed il mio nome è Mattia!»
«Cosa? Credevo non avessi voglia di venire a scuola con me! Quando te l'ho chiesto, ieri, non mi hai nemmeno risposto. Neanche mi hai guardato negli occhi. Non dobbiamo per forza essere amici, se non vuoi.» Fece un tiro di sigaretta e subito dopo lasciò uscire fuori il fumo dalla bocca, sollevando leggermente il mento.
Certo, era vero che quando me l'aveva chiesto, io, preso dal panico e dall'imbarazzo, avevo esitato a rispondere, ma avevo comunque annuito!
«Sai che c'è? Hai ragione.» Dissi tutto d'un fiato.«Non dobbiamo per forza essere amici!» La campanella suonò e il cortile della scuola cominciò lentamente a svuotarsi. Improvvisamente mi sentii afferrare con forza il braccio e venni trascinato dietro l'angolo del muretto.
«Che ne dici se per farmi perdonare, ti porto a fare un giro?»
«Che cosa? Scherzi? È il primo giorno di scuola! La segreteria della scuola chiamerà casa tua, e i tuoi chiameranno i miei, e i miei chiameranno me, e mi faranno tornare in Italia con più velocità di un pacco spedito con la consegna espressa!»
«Sei troppo stressato, Mattia. Impara a rilassarti. Penserò a tutto io. Ho imparato benissimo a falsificare la firma di mio padre, non preoccuparti. È soltanto un giorno. Non te ne pentirai!» La mano di Daniel teneva ancora stretto il mio braccio, ma non troppo da farmi male.
«Allora lo sai pronunciare il mio nome!» Dissi, e lui mi sorrise scoprendo i denti bianchissimi.
Falsificare giustificazioni non era per niente da me. Non avevo nemmeno saltato mai un giorno di scuola in vita mia, a parte le ultime due settimane del primo anno di liceo a causa della mononucleosi, ma quando vidi le labbra di Daniel piegarsi e formare una fossetta sulla guancia, non riuscii più a dirgli di no.
Il nuovo Mattia che ero diventato, quello che spiava azioni indecenti attraverso il buco di una serratura, adesso si trovava sopra una bicicletta, a seguire un diciassettenne che fumava, marinava la scuola e falsificava firme.
«Dove stiamo andando?» Urlai per farmi sentire meglio, dato che pedalava veloce come la luce e non si preoccupava del fatto che ci fossi io dietro a seguirlo.
«Ci siamo quasi!» Si girò per un attimo verso di me. Invidiavo la sua spensieratezza, i suoi modi di fare e il suo essere così spavaldo e sicuro di sé stesso.
«Eccoci arrivati a Camden Town!» Scese dalla sella della bicicletta ancora in corsa tenendo entrambe le mani ben salde sul manubrio.
Legammo le bici nei pressi di un ponte sul "Regent's Canal" e ci addentrammo in una via molto stretta, dove si trovavano numerose bancarelle che vendevano cianfrusaglie di ogni genere. In pochi secondi, Daniel si precipitò su di una dove si trovavano esposte numerose macchine fotografiche usate. Dopo aver salutato il venditore come un vecchio amico, si aprì una conversazione che sembrò durare ore. Per la prima volta sentii termini a me sconosciuti, come "esposimetro", "flash integrato" e "otturatore".
Daniel sollevò dal bancone una fotocamera e la impugnò come un vero e proprio fotografo. Mentre parlava ancora con il venditore, che avevo inteso si chiamasse Josh, strizzò un occhio e portò l'altro sul mirino, puntando verso la direzione in cui mi trovavo. Feci finta di nulla mentre lo sbirciavo con la coda dell'occhio. Avvampai dall'imbarazzo e continuai ad osservare i vari oggetti esposti lungo al bancone vicino a me fino a quando non venni sorpreso improvvisamente dal rumore di uno scatto accompagnato dal bagliore di un flash.
«Vanno bene due sterline, per questa?» Chiese a Josh, riferendosi alla foto istantanea che aveva appena scattato. Lui annuí e Daniel infilò una mano nella tasca, tirò fuori due sterline e le versò sul palmo della mano di Josh, ringraziandolo.
«Ragazzo in polo bianca.» Si avvicinò a me, mostrandomi la piccola stampa. Nella foto, la mia immagine era leggermente sfocata. Riconobbi lo stile che aveva usato. Era uguale a quello che avevo visto nelle foto sulla parete della sua stanza e capí che fotografare doveva rientrare in una delle passioni di Daniel, rendendolo ai miei occhi più essere umano di quanto non pensassi.
«Cosa intendi?»
«Ragazzo in polo bianca. È il titolo della foto. Adesso sei diventato un'opera d'arte!» Si mise a ridere. Poi diventò serio «Che ne dici se un giorno di questi ti scattassi delle foto?» Ecco che improvvisamente Daniel diventava un'altra persona, e quando assumeva le sembianze della versione migliore di sé, io riuscivo a dimenticare tutto. Il suo essere scontroso dei primi giorni, il livido al polso, il fatto di non avermi aspettato per andare a scuola. Gli era tutto perdonato.
Quando pronunciò quella frase, mi girai dall'altra parte immediatamente, per nascondere lo sforzo che facevo a trattenere l'imbarazzo che si era disegnato sul mio volto.
In realtà avrei risposto che mi avrebbe potuto usare come oggetto da fotografare per tutta la vita. Mi sarei prestato ai suoi scatti in qualunque momento della giornata. Avrei acconsentito a mettermi in quelle pose imbarazzanti che assumono i modelli e persino a spogliarmi per lui, se soltanto me l'avesse chiesto. Invece restai zitto e lasciai cadere l'argomento. La strana idea che Daniel si fosse accorto dei miei pensieri, venne immediatamente a farmi visita. Forse si stava solo divertendo? Aspettava una mia mossa falsa, e poi mi avrebbe preso in giro facendo venir fuori il suo lato sadico? Oppure stava apertamente filtrando con me?
Ma se fosse stato davvero così, avrebbe dovuto capire con facilità che l'unica cosa che desideravo era avere il suo corpo sopra il mio. Pelle sulla pelle. Carne dentro carne.
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AMORE89
Teen Fiction"Daniel non aveva bisogno di un amico, aveva bisogno di un esorcista!" 1989 La vita del sedicenne Mattia verrà completamente stravolta quando, durante il suo viaggio di studi in Inghilterra, farà l'incontro di Daniel, un ragazzo arrogante e particol...