54 - Húsavik, Islanda, 1994

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Una volta sceso dalla piccola imbarcazione, ebbi l'opportunità di ammirare quella piccola cittadina dal molo. Era situata al nord dell'isola e contava poco più di duemila abitanti, per lo più pescatori. Si respirava un'aria incontaminata e nonostante le basse temperature, era piacevole starsene lì ad ammirare quel panorama quasi fiabesco.

Il porto era il fulcro della vita di Húsavik; la strada principale portava direttamente al mare ed era affiancata da piccole abitazioni, tutte colorate e rivestite in legno, e da piccoli negozi e ristoranti per quei pochissimi turisti che decidevano di fermarsi a visitare la città.

Poi mi voltai verso il mare, una vastità di blu intenso che si estendeva fino all'orizzonte diventando sempre più scuro.

Guardando l'acqua dondolarsi calma e quieta mentre rifletteva la mia immagine, pensai a quanto la vita mi avesse dato e tolto in quegli anni. A quante cose fossero successe e cambiate, e a quanto a volte il destino può sorprenderti, prenderti a pugni in faccia per poi lasciarti una carezza.

«Mattia!»

Sulla terra ferma, dalla parte opposta del molo, Daniel agitava un braccio facendomi segno di raggiungerlo. Eravamo arrivati in Islanda da poco più di tre giorni e in barca a vela eravamo andati al largo per avvistare le balene. Senza volerlo mi scappò un sorriso, mentre a grandi passi cominciai a camminare verso di lui.

«Che c'è di così divertente? Ho per caso qualcosa in faccia?» Dovette notare la mia espressione inebetita e i miei occhi imbambolati sui suoi, che ogni volta che si trovavano in vicinanza del mare diventavano quasi blu.

«Non è niente!» Scoppia in una risata e distolsi lo sguardo.

«Bene... Mentre tu te ne stavi incantato a guardare il mare, sono andato a chiedere indicazioni per un posto dove andare a mangiare. E indovina? Ho trovato qualcosa di meglio.» Mi mise un braccio intorno alle spalle e mi guardò con uno sguardo pieno di felicità. Il suo viso era candido, le guance e il naso arrossati per il freddo, le labbra scarlatte, un accenno di ombre scure sotto agli occhi e alcune ciocche di capelli che fuoriuscivano dal berretto e cadevano pesanti appena sopra i suoi occhi.

«Che intendi per qualcosa di meglio?»

«Lo vedrai presto con i tuoi occhi. Da questa parte!» Mi avvolse il polso nella sua mano dai tendini guizzanti e mi trascinò svelto in una delle piccole vie del centro fino a fermarsi davanti ad una porta in legno con una piccola insegna dove si trovava intarsiata una scritta per noi incomprensibile.

«Eccoci arrivati!» Aprì la porta, ed io lo seguii senza pensarci troppo.

Una volta entrati, percepii all'istante un intenso odore fresco di foglie di pino. «Ma è magnifico!»

«Ero sicuro che saresti andato fuori di testa per questo posto!»

«Questa... Questa non è una libreria! Questa è una vera e propria casa per libri!» Esclamai mentre mi giravo intorno e ammiravo la mobilia antica in noce, ma allo stesso tempo estremamente curata. Centinai di volumi esposti in altrettante scaffalature, tutti posti in ordine alfabetico, divisi per lingua, per genere e per autore. Al centro della stanza si trovavano delle poltrone, delle scrivanie e dei divani in camoscio che si illuminavano grazie al fuoco acceso dentro al camino. A fianco di esso, si apriva un corridoio stretto che portava in un'altra piccola sala, che continuava ad essere sommersa di scaffalature colme di libri.

Ad occhio e croce, dovevano esserci una ventina di persone; c'era chi girovagava in cerca di qualche romanzo, chi perso nella lettura si godeva il calore del camino e chi semplicemente beveva del caffè lasciato per i clienti in un piccolo mobile al lato della stanza.

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