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Le occhiaie scure, profondissime. Riuscivo a scorgerle dal mio riflesso nello specchio attaccato alla parete di fronte al divano che Sarah aveva conciato a mo' di letto per permettermi di passare la notte da lei. Io però non ero riuscito a chiudere occhio e già di prima mattina mi ero vestito e non aspettavo altro che Sarah uscisse dalla sua stanza.

Quando con la voce rotta dai singhiozzi si era scusata con me, raccontandomi del ricatto, io l'avevo abbracciata forte e poi ero scoppiato a piangere insieme a lei. Per qualche strano motivo sentivo come se ci fosse un filo sottile e invisibile che ci legava. Eravamo stati innamorati della stessa persona, ne avevamo subito felicità e delusione, così tirai fuori un po' della mia angoscia e le raccontai tutto.

Le parlai del nostro incontro a Roma, della fine della mia relazione con Christian, dei nostri giorni al lago, del pranzo con Robert e Caren e delle lettere. In un certo senso fu liberatorio; mi sentii il cuore più leggero.

Lei mi aveva ascoltato in silenzio per tutto il tempo, senza alcun pregiudizio, nessun'ombra di ostilità. Al contrario, era rapita dalle mie parole e si mostrò felice del mio rapporto con Daniel nonostante la preoccupazione riguardo le ultime vicende.

Quella di recarci, una volta fatta mattina, alla London Books fu una sua idea. "È li che facevi recapitare le tue lettere, no? Chiederemo qualche informazione. Vedrai che ritroverai Daniel e scopriremo cosa è successo davvero! Vi meritate questo amore, Mattia!" mi aveva detto stringendo la mia mano dentro la sua.

Erano le otto in punto, quando uscì dalla sua stanza indossando dei jeans chiari a vita alta e una canotta. Mi salutò con un sorriso dalle labbra rosee e gonfie, ed io ricambiai sforzandomi di sembrare più naturale possibile.

«Come stai, Mattia?» Sarah si srotolò lo chignon e si passò le dita tra i folti e lunghi capelli biondi.

«Come uno che non dorme ormai da settimane.»Sussurrai e il suo sguardo si piegò in una virgola di tenerezza. Si avvicinò a me, io avvertii il suo dolce profumo alla vaniglia e lei mi prese la testa tra le mani e mi lasciò un bacio fugace sui capelli.

Dopo aver riempito di croccantini la ciotola di Dakota, il suo cagnolino, si infilò un maglione oversize color petrolio ed entrò nel soprabito afferrando le chiavi della sua auto dallo svuotatasche sopra il mobile dell'ingresso.

La sua macchina aveva il suo stesso odore, all'interno era perfettamente in ordine e quando Sarah premette l'acceleratore mi ritornò in mente quella volta che Daniel mi aveva portato al lago, aveva messo la musica ad alto volume mentre io ero concentrato nella mia lettura e non la smettevamo più di indispettirci a vicenda.

Dopo qualche minuto trovammo parcheggio a pochi metri dalla London Books e una volta scesi dalla macchina ci incamminammo, mentre nella mia testa si ingarbugliavano mille pensieri.

Fu quando arrivammo davanti alla libreria, che riconobbi Giselle stretta nel suo cappotto dirigersi verso la cassetta postale proprio lì davanti.

«Giselle!» Destai la sua attenzione e le corsi immediatamente incontro seguito da Sarah. Lei si voltò verso di me. L'espressione sbalordita nel vedermi e gli occhi spalancati per la sorpresa ma allo stesso tempo gonfi e stanchi, come se avesse pianto fino a un secondo prima.

«Per l'amor del cielo, Mattia!» Mi abbracciò così forte che sentii mancarmi l'aria. «Sarah, anche tu qui!» Le posò teneramente una mano sulla guancia.

«Che ci fai qui? E... dov'è Daniel?» Tagliai corto. Lei serrò le labbra e distolse lo sguardo senza dire nulla. «Giselle, perché ieri in casa non c'era nessuno? Dove sono finiti tutti?»Alzai la voce, la afferrai per le spalle e subito dopo me ne pentii, perché Giselle non aveva nessuna colpa, ma l'ansia di trovare Daniel era così forte che non riuscivo più ad avere il controllo delle mie azioni.

«Mattia, Sarah... Questo non è il posto più giusto dove poter parlare.» Si guardò le punte delle scarpe. «Andiamo a casa dei Fox, si gela qui.»

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