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Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Mi addormentai soltanto qualche ora dopo essermi messo a letto, e per tutto quel tempo ero rimasto sveglio tenendo un braccio stretto intorno alla vita di Daniel, con le mie labbra che sfioravano la sua nuca, ripensando a quanto mi avesse terrorizzato vederlo stare male.

Nonostante l'insonnia, il mattino seguente mi svegliai molto presto.

Mi alzai dal letto cercando di non fare troppo rumore, feci una doccia calda e mi rinfilai nuovamente dentro le lenzuola, tentando di non svegliarlo.

Posai la testa sul cuscino e restai in silenzio mentre lo guardavo dormire. Il petto che faceva su e giù ad ogni respiro, le sue labbra lucide, l'aria angelica e lo zigomo viola tendente quasi al grigio, che sarebbe stato capace di imbruttire chiunque, ma che al suo viso invece, non faceva altro che dare un'aria più attraente e affascinante di quanto non avesse già.

Poi le sue palpebre dalle folti ciglia si contrassero, prima di schiudersi lentamente.

«Buongiorno.», bisbigliai. «Stai meglio oggi?»

Dalle sue labbra venne fuori un lamento, richiuse gli occhi e poggiò la testa sul mio petto.

«Sto bene.» Pronunciò con la voce ancora roca e piena di sonno. Poi sentii la sua mano accarezzarmi l'addome e dopo stringermi, proprio tra le gambe «Qualcuno è già sull'attenti...»

D'istinto inarcai la schiena e mi lasciai andare ad un verso sommesso.

«Aspetta un attimo!» La sua mano strinse la mia eccitazione con ancora più forza e per il dolore tirai uno strillo acuto. Lui lasciò subito la presa e balzò fuori dal letto in un istante. «Che ore sono?» Si passò una mano tra i capelli.

«Mi hai quasi castrato perché ti è venuta l'ansia di aver dormito troppo?»

«Certo che no, stupido! E comunque non dovresti preoccuparti, mi farei bastare il tuo culo.» Mi rivolse un sorriso sarcastico e uscì dalla stanza. «Cazzo!» Lo sentii imprecare subito dopo, dalla cucina. «Sono le undici passate!»

Scesi dal letto. Lui rientrò in camera di corsa.

«Dannazione, è tardissimo! Vestiti Mattia!» Aprì un cassetto del comodino, tirò fuori un paio di mutande e se le infilò con un gesto rapido.

«Prima di vestirmi, vorrei soffermarmi per un momento su ciò che hai detto prima. Personalmente, tengo molto al mio barbagianni. Seppur nell'assurdo e immaginario, non mi andrebbe bene che tu mi castrassi perché non mi dispiacerebbe se...»

«Com'è che lo hai chiamato?» Mi interruppe. Aveva un largo sorriso sulle labbra, una gamba infilata soltanto per metà dentro a un paio di pantaloni e le mani indaffarate ad abbottonarsi la camicia, mentre io invece ero ancora nudo e perplesso, in piedi nel bel mezzo della stanza.

«Barbagianni.» Ribadii.

«Barbagianni? Hai chiamato il tuo cazzo, barbagianni?»

«Ecco... Non volevo essere scurrile, ma a quello ci hai già pensato tu.»

«Beh, in quel caso avresti potuto chiamarlo semplicemente pene, non ti pare?»

«Non è questo il punto.»

«Vestiti, Mattia...»

«Il punto è che, insomma, piacerebbe anche a me se...»

«Mattia, fossi in te mi sbrigherei a vestirmi...»

«Lasciami finire. Quello che volevo dirti è che...»

«Non possiamo rimandare questo discorso a dopo? Mio padre e Caren saranno qui a momenti!»

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