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Portai il dorso della mia mano vicino alla porta e, prima di battere un colpo, la mia mente mi riportò indietro di tre anni: io dietro la porta della sua stanza, nella casa londinese di Fitztrovia. Mani sudate, respiro affannoso ed il cuore che comincia a prendere il ritmo di una canzone punk rock. Si poteva ben dire che la situazione non fosse cambiata molto. C'ero sempre io che pendevo dalle labbra di Daniel.

Dopo aver battuto due colpi, la porta si aprì e davanti a me si presentò un uomo sulla trentina di cui riconobbi l'aspetto solo poco più tardi.

«Si?» Strabuzzò gli occhi.

«I-Io» Cominciai a balbettare, guardandomi intorno confuso «Credevo che questa fosse la camera di Daniel.»

«Oh certo! Il Signor Fox! E tu sei quel ragazzo del ristorante!» All'improvviso mi ricordai che si trattava di uno dei due uomini seduti al tavolo in sua compagnia.

Da quando Daniel era diventando il signor Fox? Annuii.

«Se lo stai cercando lo trovi nella 425.»

Non potevo crederci. Tutto quello che avevo pensato prima di quel momento, era stato frutto della mia stupida ingenuità. L'idea di Daniel che lascia come invito occulto il numero della sua stanza d'albergo in un bigliettino sul tavolo di un ristorante all'improvviso diventò qualcosa di comico e decisamente inverosimile.

Com'era riuscita la mia mente a formulare un pensiero del genere?

Riflettei anche sul fatto che se non era stato lui a lasciare quel biglietto, non aveva dovuto avere neanche alcun interesse nel rivedermi.

Come avrebbe mai potuto? Che razza di sfrontato era stato ad andare via senza nemmeno degnarmi di un saluto?

Irritato dalla situazione mi affrettai a salire al piano di sopra, accostai davanti alla 425 e non ci pensai due volte prima di bussare, ringraziando la bottiglia di champagne che mi ero scolato nel giro di mezz'ora. Mi sentivo offeso, umiliato forse, dal fatto che nella mente di Daniel non vi era stato nemmeno un briciolo di iniziativa sul rivedermi.

In seguito al battere delle nocche della mia mano, la porta si aprì lentamente di qualche centimetro regalandomi una vista che avrei preferivo di gran lunga a quella che aveva da offrire "Palazzo San Luca".

«Mattia?» E il tempo si fermò. Forse anche la terra, il resto dei pianeti e tutte le stelle, assieme alle galassie e all'intero universo. La voce roca, le labbra porpora e gli occhi trasparenti. Una spalla nuda, gli addominali in vista e la pelle chiara del suo torso che faceva contrasto con l'inchiostro che aveva sul braccio. «Che ci fai qui?» Aprì la porta del tutto, e immediatamente i miei occhi distolsero lo sguardo dal suo per posarsi sull'unico indumento che indossava: dei boxer grigi che coprivano la sua stretta vita. Poi ritornai ai suoi occhi, ma era troppo tardi perché nei miei pantaloni il desiderio cominciava a farsi evidente.

«Sei andato via, senza salutare!» Lo rimproverai.

«Oh, grazie mille Daniel per non avermi fatto licenziare!» Cantilenò in falsetto e mi prese a guardare con aria divertita. Poi lasciò la porta aperta, come ad invitarmi ad entrare, e si tuffò sulla poltrona di fianco al letto alla francese, incrociando le braccia al petto.

«Non temere, sono qui per questo. Soltanto per ringraziarti!»

«Soltanto per questo?» Sottolineò cercando con fatica di trattenere una risata.

Entrai nella suite che aveva il suo odore, mi chiusi la porta alle spalle e camminai verso di lui fingendo sicurezza e disinvoltura. Lui mi guardava invece con lo sguardo maledetto che riusciva a farmi sentire nudo nonostante avessi i vestiti addosso.

«Soltanto per questo.» Ripetei.

«Ti va di rimanere? Hai bisogno di rilassarti. Sei troppo teso.»

«Non sono teso!»

«Allora che succede?»

«Nulla.»

«Mattia...»

«Sono solo infastidito.»

«Da cosa?»

«Dal fatto che tu sia andato via dal ristorante senza nemmeno salutarmi. Non ci vediamo da tre anni Daniel! Il tuo comportamento è... È inverosimile! Ho trovato il biglietto da visita dell'hotel con il numero della camera di quell'uomo che stava in tua compagnia e ho pensato che me lo avessi lasciato tu. Ovviamente mi sbagliavo, non riusciresti mai ad essere così lungimirante.» In vino veritas.

«Beh, tu lo sei. Anche fin troppo.»

«Sei rimasto il solito stronzo di un tempo.»

Sbottò a ridere e si alzò dalla poltrona avvicinandosi a me. Sentii le sue braccia intorno al mio collo ed io mi irrigidì in un istante.

«Sarei tornato a trovarti... Da solo.» Bisbiglìo quelle parole al mio orecchio e per un momento mi sentii precipitare nel vuoto.

«L-Lo avresti fatto davvero?»

«È il minimo che io possa fare...» Disse guardandomi negli occhi, avanzando verso di me. Ad ogni passo che faceva in avanti, ne corrispondeva uno mio, che indietreggiava, fino ad andare a sbattere la schiena contro al muro alle mie spalle. Poi Daniel finì la frase «Per qualcuno che mi ha regalato le migliori scopate della mia vita.» Ed io sentii il viso diventare pungente e arrossii di colpo.

Boccheggiai e non riuscii più a dire una parola, il che procurava a Daniel soltanto piacere. Il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio. Avevo il suo alito caldo sulla mia pelle ed iniziai a sudare freddo.

«Allora? Se non hai nient'altro da fare, potresti rimanere?» Un pensiero tuonò improvvisamente nella mia testa.

«Christian!»

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