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Passai l'intera notte a singhiozzare, soffocando le urla dentro al cuscino.

Non mi ero mai sentito in quel modo prima; come se tutta la felicità fosse svanita all'improvviso e avesse lasciato spazio soltanto alla rabbia e alla frustrazione.

Sentivo profondamente di aver perso per sempre una parte di me.

Avevo indossato la sua felpa, quella che mi aveva lanciato tra le mani al tramonto, ore dopo avergli sussurrato quel "sì", mentre il mio petto premeva contro la fredda parete dello spogliatoio. Parete diventata testimone della mia audacia e immoralità, che mai avrei immaginato di manifestare con tanta risolutezza.

Sapevo che avrei dovuto detestarlo, odiarlo, demonizzarlo, per quello che mi aveva fatto, ma invece, fedele e prigioniero, servo devoto a quel sentimento tiranno, mi ritrovavo ad elemosinare miseramente il poco che restava del suo profumo sul nero tessuto che mi ero messo addosso come una seconda pelle.

Desideravo di poter tornare indietro, quando a separarci non vi era alcun dubbio, alcun inganno, alcuna delusione.

Sarei voluto ritornare in riva al lago di "Hyde Park": Daniel disteso sul prato, io che lo ascolto, mentre con una sigaretta fumante tra le labbra, mi racconta cose di lui che mai avrei immaginato di conoscere. Oppure ritornare sul tetto dell'Opera, dove ci eravamo dati il nostro primo bacio, sotto la pioggia, quando ancora, di lui, tutto era estraneo ai miei occhi. Non ne conoscevo i tormenti, né i desideri. E poi avere la sua testa sul petto e giocare con i suoi capelli, o ancora, poter sentire le sue mani esplorare il mio corpo e vagare per esso a suo piacimento.

Mi aggiravo senza meta alla ricerca di ricordi, che vedevo, impotente, scivolare via come granelli di sabbia tra le dita.

Fingere di stare bene era una delle cose più difficili da fare. Nascondevo il mio dolore durante le lunghe telefonate con i miei genitori e diventava ancora più faticoso farlo a scuola o davanti agli occhi di Caren, Robert e Giselle.

Le giornate erano diventate infinitamente lunghe. Nonostante gli sforzi inutili, la mia mente stava decisamente perdendo il controllo, anche quando provavo a darmi tregua, dedicandomi allo studio o alla lettura.

Stavo pagando il prezzo dell'inconscia spensieratezza.

Fluttuavo tra l'impazienza di lasciarmi tutto quel dolore alle spalle, e lo strazio che continuava a tormentarmi nell'angosciosa attesa del mio supplizio.

Una notte, non molto lontana da quella del "Ballo d'autunno", ebbi un incubo che costrinse Giselle a svegliarsi per venire in mio soccorso. Sognai di trovarmi da solo alla Burlington, in quella scuola che conoscevo bene ma che, nella mia immaginazione, aveva assunto un aspetto del tutto lugubre. L'intonaco delle pareti era stato grattato via, le luci del corridoio si accendevano ad intermittenza, e il pavimento era ricoperto da uno spesso strato di foglie secche di castagno. Volevo scappare via da lì all'istante, ma ogni qual volta arrivavo ad una porta, davanti a me si presentava nuovamente un corridoio. Era come trovarsi dentro un intricato labirinto dove l'unica soluzione per venirne fuori pareva quella di sottomettersi al dedalo e restarci imprigionato. Ad un tratto le luci si spensero e davanti a me si presentò una creatura mostruosa dagli occhi nero petrolio, sporca di sangue e fango.

Quando Giselle scuotendomi, mi svegliò dall'incubo, mi ritrovai tremolante in una valle di lacrime.

Il mattino seguente provò a chiedermi più volte se tutto stesse andando bene, ma io mentii perché non mi era permesso mostrare tutta l'infelicità che con poco successo provavo ogni giorno a nascondere.

Quella stessa sera però, prima di spegnere tutte le luci, Giselle bussò alla porta della mia stanza.

«Possiamo parlare, Mattia?» Si sedette sul letto, di fianco a me. Io annuii, e lei mi accarezzò il viso con il dorso della mano, dalla tempia al mento. «Sai...Riesco a vedere il tuo dolore.» Si sistemò una ciocca di capelli fuori posto dietro l'orecchio e nel suo modo tranquillo e pacato di indagare, cominciò a parlare. «Hai il cuore spezzato, tutto è diventato grigio e pensi che niente e nulla ti farà sentire mai più come prima. È vero. Uscito dall'oscurità, non sarai mai più lo stesso. Ne uscirai più forte, cambiato, con un'altra pelle. Non so cosa sia successo, ma una cosa voglio dirtela. Noi essere umani, siamo così complessi che non sempre il modo in cui agiamo rispecchia la nostra volontà. A volte si è confusi, destabilizzati, perché si ha sofferto molto in passato. Si ha perso così tanto che quella sofferenza stessa, porta a sabotare qualsiasi altro tipo d'amore che si riceve. C'è chi teme la dipendenza, ma ne ha bisogno, per cui abbandona per la paura di essere abbandonato, tradisce per paura di essere tradito. Questi atteggiamenti contraddittori, vengono sperimentati da chi si porta ferite profonde e antiche. Non lasciare che il male che ti viene fatto, eclissi la grandezza del tuo sentimento. Il tempo scorre molto in fretta, e prima che tu te ne accorga, ti ritroverai come un vecchio armadio stracolmo di rimpianti, che hai provato a nascondere per bene nei cassetti più remoti della tua anima. Ricorda che si può sempre riparare, nel presente, il passato.»

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