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Luglio

«Lo spazzolino. Proprio il mio spazzolino.»

«Mattia, mi dispiace! Ho dimenticato di metterlo in valigia. Cerca di capirmi, mi sono svegliato all'alba per organizzare tutto!»

«Non dico che non apprezzi la tua imprevedibilità o il tuo entusiasmo Daniel, ma quando mi hai svegliato e poi detto "Penserò io a tutto il necessario, preparati e sali in macchina che ti porto in un posto bellissimo", credevo avessi incluso anche il mio spazzolino nelle cose essenziali da portare quando si va in viaggio.»

«Quante storie! Potremmo usare il mio entrambi, va bene?»

«Cosa? Non ci penso nemmeno. Sarebbe disgustoso.»

«Fammi ben capire... Te la spassi a farmi pompini, ma ti fai problemi ad usare il mio stesso spazzolino? Mi fai venire il mal di testa...»

«Farò finta di non aver sentito. E la cosa che fa venire il mal di testa a me, è dover essere costretto ad ascoltare questa roba.»

«Si chiama rock, caro Mattia. Arte allo stato puro. Sfortunatamente per te, chi sta al volante sceglie cosa ascoltare.» Allungò una mano verso di me e mi pizzicò la guancia.

«Questo principio da dove l'hai tirato fuori? E poi non me l'hai neanche proposto di guidare.»

«Se lo avessi fatto ci avremmo impiegato il doppio del tempo per arrivare.»

«Almeno non mi starebbe per scoppiare il cervello.»

«Non puoi continuare a leggere "La Scala di Swann" senza lamentarti?»

«Forse intendevi dire "La Strada di Swann"...»Precisai. «E mi piacerebbe molto farlo, ma con questa specie di musica non riesco a concentrarmi."

Mentre teneva una mano ferma sul volante, quella a penzoloni fuori dal finestrino della Fiat Panda color senape gli regalava una bellezza arrogante e spavalda. In faccia aveva stampato un sorrisetto beffardo e lo sguardo era rivolto verso la carreggiata, ben nascosto dalle lenti scure degli occhiali da sole. Il vento gli faceva svolazzare la camicia in lino beige, abbottonata appena per metà e le maniche erano arrotolate fino ai gomiti, lasciando scoperti i muscoli degli avambracci.

Quando diverse ore dopo ci fermammo nel mezzo di una boscaglia e scesi dall'auto, percepii immediatamente la fresca brezza di montagna. Il sole splendeva tra gli alti alberi che tutt'intorno filtravano la luce tra i loro rami ricoperti di foglie. Nell'aria c'era una perfetta quiete, quasi idilliaca. L'odore dei pini selvatici, e il canto delle cicale che risuonava dappertutto.

Dopo aver richiuso la portiera, Daniel si specchiò sul riflesso nel vetro del finestrino sistemandosi con una mano il pànama sulla testa. «Adesso voglio che tu tenga gli occhi chiusi.» Si avvicinò alle mie spalle e portò la sua mano sopra i miei occhi, mentre con l'altra mi avvolse i fianchi. «In questo modo mi assicurerò che non sbircerai!»

Restando in quella posizione, con Daniel che mi copriva la vista e mi stringeva intorno alla vita, ci incamminammo lentamente attraverso un sentiero scosceso per diversi minuti.

«Ho l'impressione che sia molto pericoloso procedere in questo modo. Se sapevi già che non ti saresti fidato di me, non sarebbe stato meglio portare una benda per assicurarti che avessi tenuto gli occhi chiusi?»

«Ho dimenticato anche quella, dannazione!»

«Te l'avevo detto io che se si dorme poco si rischia di perdere la concentrazione.»

«Io rischio di averne anche troppa dentro le mutande, visto che non la smetti di sfregare il tuo culo sui miei pantaloni.»

«Sei tu che mi stai appiccicato!»

«Oh, questo è niente! Vedrai come ti starò appiccicato una volta che saremo arrivati.» Mi bisbigliò all'orecchio premendo la sua eccitazione contro la mia gamba.

Io sentii il mio viso avvampare e il corpo sciogliersi all'istante. Avevo voglia di lui. Una fame continua, meschina e insaziabile.

Dopo pochi istanti, Daniel mi fece fermare e tolse la mano da sopra i miei occhi.

«Eccoci! Siamo arrivati!»

«Ma è magnifico! Non credo di essere mai stato in un posto così bello in tutta la mia vita!»

Davanti a noi un'enorme specchio d'acqua si estendeva per diversi chilometri verso l'orizzonte, confondendosi con l'azzurro del cielo terso. Il perimetro era completamente circondato da alberi, arbusti e vegetazione e le poche abitazioni si scorgevano solo in lontananza.

«Staremo qui, lontano dalla frenesia della città per qualche giorno. Che ne pensi?»

«Penso che guardarti, mi mancava come l'aria!»Dissi e mi buttai tra le sue braccia affondando la testa nell'incavo del suo collo. «Grazie.» Bisbigliai poi, con le labbra ancora ferme sulla sua pelle percependone il sapore.

«Devo ringraziarti io, Mattia, perché credo che persino Dio, se esistesse, sarebbe tentato a fare peccato invidiando in questo momento la mia felicità.»

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