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«Direi di si, ma ad una sola condizione.»

«Sono tutto orecchi.»

«Sceglierò io dove cenare.»

«Accetto la tua proposta!» Gli occhi di Christian parvero illuminarsi e immediatamente lo vidi richiudere il libro che teneva tra le mani, riponendolo sullo scaffale in alto a destra.

Quando si avvicinò alla porta, prima di uscire dalla libreria, restò fermo ad aspettare che io uscissi per primo, seguito da lui. Quel gesto mi sorprese non poco.

Subito dopo ci incamminammo per circa una ventina di minuti. Il sole era tramontato, aveva lasciato spazio al cielo stellato e alla luna che illuminava i sampietrini di Campo De' Fiori.
Fu durante quella lunga passeggiata che tra diversi silenzi mi chiese della mia età, e mi rivelò della sua.

«Sei ancora sicuro di voler venire a cena con me?» Mi chiese un attimo dopo, convinto che la differenza di anni che c'era tra di noi mi avrebbe scoraggiato.

«Più che sicuro.» Risposi senza pensarci due volte.

Entrammo dentro la piccola osteria dove avevo deciso che avremo cenato. Una volta dentro salutai con un sorriso Flaminia, una donna sulla cinquantina seduta dietro al bancone, nonché la proprietaria dell'osteria da cui prendeva appunto il nome. Prendemmo posto in un tavolo appartato, in un angolo del locale che io conoscevo molto bene.

«Come mai mi hai portato qui? Ci vieni spesso?»

«Il cibo è ottimo, e in realtà ci lavoro. Frequento anche la facoltà di lingue e letterature straniere.»

«Un ragazzo esemplare!» Sorrise «Tra studio e lavoro scommetto che sarai un tipo molto impegnato.»

«È così. È raro che io abbia molto tempo libero.»

«Quindi deduco che dovrei ritenermi molto fortunato per avermi concesso questa serata, o sbaglio?»

«Non sbagli affatto. Diciamo che ho pensato che ne valesse la pena.» Risposi ricambiando il suo sorriso. «Che mi dici di te?» Chiesi subito dopo.

«Nulla di interessante. Sono un noiosissimo avvocato, nato e cresciuto a Roma. Mi piace l'arte, leggere libri, viaggiare e amo bere del buon vino, ma solo se mi trovo in ottima compagnia.»

L'arrivo di Valeria, la cameriera con cui alternavo i turni settimanali, interruppe la nostra conversazione quando venne a chiederci cosa avremo preso da mangiare.

Durante la cena, avevo ascoltato con molta curiosità i racconti di Christian che sembrava rappresentare l'uomo che sarei voluto diventare. Aveva una carriera brillante, una famiglia agiata alle spalle, una casa di proprietà, amici, e numerose esperienze di diversi viaggi fatti all'estero.

Usciti dall'osteria mi chiese se avessi avuto voglia di bere qualcosa a casa sua. Alla sua domanda il mio cuore iniziò a battere all'impazzata, dopotutto era solo uno sconosciuto ma al tempo stesso sentivo dentro di me la voglia di passare dell'altro tempo in sua compagnia.

«Giuro di non essere un serial killer!» Esclamò divertito notando la mia esitazione. Sembrava leggermi nel pensiero. «Capirei se mi dicessi di no.»

«Si.» Risposi interrompendolo, volendo dimostrare a lui, e sopratutto a me stesso, che non ero poi un tipo così codardo.

L'appartamento dove viveva, si trovava in un elegantissimo palazzo storico. Il soffitto era molto alto, la pavimentazione in legno, e nel salotto dove ci eravamo seduti si trovavano due ampie portefinestre, una pianta di banano affiancata al divano in pelle ed un tavolo in vetro circolare con ai lati delle sedie color carminio. Christian si congedò per un istante e tornò dopo qualche minuto con in mano due calici e una bottiglia di vino rosso.

«Come ti dicevo prima, amo bere del buon vivo in ottima compagnia.» E come un vero e proprio sommelier, con molta maestria, cominciò a versare il vino nei calici tirati a lucido. Quando me lo porse, le nostre dita si sfiorarono per la prima volta. Nel momento in cui cominciai ad avvertire un leggero pizzico sulle guance, complice il vino, trovai il coraggio di avvicinarmi a lui di qualche centimetro, abbastanza da far toccare le nostre ginocchia, una contro l'altra. Christian si sbottonò i primi tre bottoni della sua camicia, e lentamente avvolse il suo braccio intorno al mio collo. La sua mano cominciò dolcemente a giocare con i miei capelli, ed il mio viso si avvicinò sempre di più al suo, fino a raggiungere le sue labbra e sentirle premere con forza sulle mie.

Da quella calda notte, era già passato esattamente un anno.

*

Prima di uscire di casa per andare a lavoro, Christian mi ordinò di portare con me un abito elegante, e dopo che avrei finito il mio turno in osteria, sarebbe venuto a prendermi. Non mi era concesso fare ulteriori domande al riguardo. A lui piaceva molto sorprendermi, più di quanto piacesse a me essere sorpreso.

Come ogni Venerdì sera, il locale si presentava quasi al completo, ma un tavolo restava sempre riservato per il signor Adriano, un cliente abitudinario che ormai conoscevo molto bene.

«Signor Adriano.» Gli feci un cenno con il capo quando lo vidi entrare dal piccolo portoncino in legno, mentre al tempo stesso mi destreggiavo tra portate e posate da un tavolo all'altro.

«Caro Mattia! Come stai?» Era un uomo brizzolato, sulla settantina, estremamente elegante e di poche parole. Arrivava sempre allo stesso orario dello stesso giorno vestito di tutto punto, si sfilava la giacca dell'abito per poggiarla sullo schienale della sedia, e chiedeva ogni volta dei soliti spaghetti alla carbonara.

«Dovrei aspettare le inutili chiacchiere del ragazzo cameriere prima di poter ordinare qualcosa?» Il mormorio di una voce proveniente dal tavolo che si trovava alle mie spalle mi impedii di rispondere.

Il signor Adriano mi lanciò un sorriso complice mentre io rivolsi gli occhi verso l'alto. Inspirai profondamente e prima di girarmi sfilai il taccuino dalla tasca del grembiule che avevo legato in vita, e mi armai di penna stampandomi un sorriso finto sulle labbra.

«Buona sera e benvenuti all'Osteria Flaminia, cosa posso portarvi?» Pronunciai con finta gentilezza guardando la punta della biro sul piccolo foglio a quadri, senza degnare di uno sguardo nessuno dei clienti seduti al tavolo.

«Dovevo immaginarlo. Solo tu perderesti tempo in inutili chiacchiere, piuttosto che fare il tuo lavoro servendo i clienti...» La voce dello stesso uomo che un'attimo prima aveva mormorato alle mie spalle, mi colse di sorpresa. Rosso dalla rabbia, alzai lentamente lo sguardo verso colui che era appena diventato mio nemico e quando incrociai quello sguardo colorato di verde, capii all'istante che si trattava di qualcuno a me molto familiare.

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