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17 Novembre 1992

È successo, Daniel! Finalmente i medici ci hanno lasciato entrare nella tua stanza.

Non hai più bisogno di startene isolato in una prigione sterile, dove l'unico contatto possibile con un essere umano è quello dell'infermiere che viene a sostituirti la flebo.

Adesso il tuo sistema immunitario è abbastanza forte per permetterci di starti accanto e persino toccarti.

Sapessi l'emozione di Mattia nel momento in cui è stata aperta quella dannata porta che era rimasta a noi chiusa per così tanto tempo.

Piangeva a dirotto già prima di entrare. Io ho avvertito un nodo alla gola, quando si è precipitato su di te e ti ha stretto forte tra le sue braccia. Poi ti ha preso le mani e ci ha posato delicatamente le sue labbra sopra, ed è rimasto in quella posizione per qualche secondo, con il naso appiccicato alla tua pelle.

Tuo padre, irrigidito dietro di lui, era rimasto impalato a guardarvi con il mento che gli tremava e gli occhi arrossati e gonfi. Ha fatto un passo verso Mattia, e poi ha allungato un braccio verso di te. Ti ha accarezzato la fronte con il dorso della mano e ti ha aggiustato il ciuffo che ti cadeva sulle palpebre serrate. Dopo qualche istante è scoppiato a piangere anche lui, ti ha baciato sui capelli e ha dato una pacca sulla spalla di Mattia prima di correre fuori dalla stanza.

Anche io, Caren e Giselle siamo venute a darti un saluto. Quando ti ho abbracciato, ho avuto come la sensazione di stringere un bambino. Sei diventato così gracile e indifeso. La tua pelle però è meno pallida del solito e sul tuo viso è possibile intravedere un'ombra di rossore sulle guance, lisce e delicate.

Mentre dormi, respiri profondamente e sembri avere un'aria molto serena. Spero tu non stia soffrendo. La domanda che mi faccio spesso è se tu riesca mai a sentirci, a percepire la nostra presenza. Quando l'altra mattina l'ho chiesto a Mattia, lui mi ha risposto dicendo sì, ne è convinto. Dice che certamente, standoti vicino, tu avverti la nostra vicinanza e che questo ti sarà di grande aiuto.

È la fiducia nel tuo risveglio che gli permette di andare avanti, che gli permette ancora di respirare e non annegare nella sofferenza che riesco bene ad intravedere dentro i suoi occhi.

Oggi é rimasto fino a tardi, seduto vicino al tuo letto a tenerti la mano e a parlarti. Ha detto che una volta che starai bene, vi trasferirete ovunque tu vorrai, ma solo dopo aver finito l'università. Ha detto anche che la prima cosa che farà, appena sarai sveglio e potrai uscire dall'ospedale, è quella di portarti sul tetto dell'Opera e baciarti, proprio come la prima volta. È stato troppo per me, ho sentito una fitta allo stomaco e sono uscita dalla stanza prima di attaccare a piangere davanti al vetro, mentre Mattia aveva cominciato a leggerti "Il Piccolo Principe".

Tornati a casa, per la prima volta da quando è qui, Mattia si è seduto al tavolo della cucina. È rimasto in silenzio, ed io ho cominciato a preparare la cena per entrambi. Abbiamo mangiato senza dire una parola e prima di andare a dormire mi ha rivolto uno sguardo e mi ha ringraziato accennando un sorriso che, seppur quasi impercettibile, non aveva mai fatto dal giorno in cui aveva scoperto del tuo male.

Prima di oggi, era solito tornare a casa solamente per dormire. Saltava i pasti, e mangiava pochissimo e quando l'orario delle visite terminava, restava ancora qualche ora seduto davanti all'ospedale e non ne voleva sapere di tornare a casa finché la sera non diventava troppo buia e fredda.

Oggi sembra stare un po' meglio ma è davvero dura per lui. Ha deciso di lasciare gli studi, il lavoro, la sua città. Ha messo in un'indeterminata pausa tutta la sua esistenza solo per restare al tuo fianco, Daniel.

Ti sta aspettando per ricominciare a vivere con te.

Se amore non è questo, allora cos'è?

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