Capitolo 23

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Il bravo torna al castello annunciando che il paese è in festa perché la sera prima è giunto in visita il cardinale Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano. L'Innominato decide allora di fargli visita nella speranza di trovare anche lui un po' di conforto. Prima di uscire vorrebbe parlare con Lucia ma, trovandola addormentata, si limita a rimproverare la vecchia per le condizione della fanciulla e a lasciarle detto che al suo ritorno farà tutto ciò che desidera lei. Solo e senza alcuna scorta si reca allora a casa del curato dove è ospite il cardinale di cui Manzoni riassume la biografia in un flashback. Federigo Borromeo era nato nel 1564 ed era una di quelle persone che per tutta la vita tendono sempre verso il meglio. Proprio per questo si era dedicato all'insegnamento della religione e aveva cercato di fare sì che la sua esistenza fosse utile e santa prendendo i voti e accudendo, con umiltà, gli infermi e i derelitti. Non 1959 era poi stato nominato arcivescovo di Milano da Papa Clemente VII, incarico dapprima rifiutato e poi accettato per mera obbedienza, senza mai cedere alle lusinghe dell'ambizione. Infatti egli aveva addirittura disposto che il proprio mantenimento e quello della servitù fossero a carico suo, in modo che le rendite ecclesiastiche potessero essere destinate ai poveri. Non a caso riteneva l'elemosina un dovere e andava d'accordo con tutti, anche grazie ai suoi modi soavi e pacati, in particolar modo con gli umili. Non solo: egli aveva anche fondato al biblioteca Ambrosiana e altre fondazioni culturali. Egli era infatti anche molto dotto, al punto che aveva scritto circa seicento opere di vario argomento purtroppo andate perdute per ragioni sconosciute ai più circa le quali Manzoni si interroga nella conclusione del capitolo. La scena si apre con il cardinale Federigo che, intento nello studio come al suo solito durante il tempo libero, interrompe la sua attività per accogliere con gioia l'Innominato. Quest'ultimo ha l'animo diviso a metà: da una parte il desiderio di trovare conforto, dall'altra la vergogna per i propri peccati. Poi, i modi del cardinale riescono toccarlo al punto da spingerlo non solo a scoppiare in lacrime, ma anche a confessare il torto fatto alla povera Lucia in seguito ad un abbraccio ricevuto. Borromeo ordina allora che vengano mandati una donna e Don Abbondio, giunto in paese con altri parroci con lo scopo di omaggiarlo, a prendere la fanciulla e, infine, decide di mandare a chiamare anche Agnese. Don Abbondio vorrebbe assumersi personalmente l'incarico onde evitare di viaggiare accanto all'Innominato, personaggio da lui molto temuto, ma viene costretto ad andare da Lucia e ha modo di constatare con i suoi occhi la spontanea confidenza che c'è tra i due uomini di cui sta eseguendo gli ordini. Così Don Abbondio, la donna da lui chiamata e l'innominato si mettono in viaggio dando vita ad un silenzioso corteo che in paese, dove la voce della conversione si è già sparsa, viene salutato con gioia. Questo però non calma affatto il curato che, tra sé e sé, se la prende con i birboni (Don Rodrigo e l'Innominato stesso) ma anche con i santi (il cardinale). Giunti a destinazione i tre vengono salutati dai bravi che si inchinano al loro passaggio.

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