«Ottar misericordioso.» Everard strizzò gli occhi, la testa che pulsava. Provò a schiudere la palpebre, ma riuscì a malapena a scorgere un soffitto che continuava a oscillare, scintille rosse che gli annebbiavano la visuale. Portò una mano debole alla gola e sfiorò la cicatrice che il pugnale di Solomon aveva lasciato quando Richard l’aveva aggredito, poi scese sul lato sinistro e ne tastò una più fresca, che non faceva male. «Cazzo.»
«Ti sei svegliato.» La voce improvvisa lo fece sobbalzare. Spalancò gli occhi, la stanza in cui si trovava girò su se stessa una manciata di volte e poi si assestò.
«Dove... dove sono?»
Su un letto sembrava la risposta più immediata alla sua domanda, dopo che ebbe realizzato le condizioni in cui si trovava. Al rifugio era senza dubbio la risposta più esauriente che era riuscito a intuire a un primo sguardo. Con Solomon, invece, quella che gli interessava di più.
«In camera nostra» spiegò Hildebrand, che sedeva a gambe incrociate sul letto dall’altro lato della stanza.
Era steso su un fianco, insieme a Solomon che sembrava dormire accucciato contro di lui, il volto nascosto contro il suo petto. Strinse il corpo caldo a sé e inspirò forte tra i capelli candidi. Il druido sapeva sempre di foresta, del muschio fresco e degli alberi in fiore.
«Che succede? È ferito?»
«Solo esausto. Ha provato a guarirti, eri messo maluccio.»
Sulle labbra di Everard si stiracchiò un sorriso sollevato. «Beh, c’è riuscito. Sono un po’ stordito, ma credo di star bene.»
«No, invece.»
«Come?»
Hildebrand sembrava... strano. Diverso. Certo, non l’aveva mai guardato con simpatia, ma quella volta fu peggio eppure anche meglio.
Le labbra pallide tremavano, strette in una linea dritta, e gli occhi di un azzurro tagliente erano carichi di un’intensità che gli aprì uno squarcio nel petto.
«Non c’è riuscito. E tu sei morto.»
Non riuscì a controllare una smorfia perplessa. «Che stai dicendo? Sono abbastanza certo che non potrei stare qui a parlare con te, se fossi morto.»
«Questo perché sei morto appena qualche attimo, e ora sei di nuovo vivo.»
«Senti, non so cosa ti abbia detto Solomon, ma–»
«Il dono di Esta. Sai cos'è? Ne avete mai parlato?»
Esta ama tutti noi. Ha concesso ai druidi una possibilità di creare la vita, che sia riportarla indietro o generarne una nuova.
«Solomon mi ha... riportato in vita?»
«È un vero idiota, ma sì.»
«E perché lo dici come se fosse una cosa brutta?»
Hildebrand sorrise. Abbassò lo sguardo sulle sue dita, e una fiammella allungata, dalla forma di un serpente, iniziò ad arrotolarsi per la sua mano in uno sfrigolio ipnotico. «Già. Non lo sembra, detto così, non è vero? Eppure non poteva farti di peggio. Qualunque cosa esisteva tra voi, lui l’ha uccisa quando ha salvato te.»
Everard si aggrappò alla tunica dorata del compagno, in un istinto incontrollabile che si rifiutava di lasciarlo andare. «Spiegati meglio.»
«Tu cosa sai del rapporto tra me e mia madre?»
«Niente. Solo che non andate molto d’accordo.»
A Hildebrand sfuggì lo sbuffo di una risatina. Non l’aveva più guardato, continuava a fissarsi le mani dove la fiammella si agitava ancora tra le dita. «Eufemismo interessante. Vedi, non è sempre stato così...» aprì il palmo verso l’alto e la fiammella si sollevò, aprendosi nella forma di un fiore. Poi sparì in uno sbuffo di fumo. «C’è stato un tempo in cui mi madre mi amava. Mi amava più di ogni cosa al mondo, certo, dopo mio padre.»
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Amma della Mente
FantasyREVISIONE IN CORSO | leggere solo i capitoli con la spunta [nuovo] o [revisionato] ATTENZIONE: sequel di "Tanvar delle Fiamme", che trovate su questo profilo. Jasper è stato sconfitto e Richard si è insediato sul trono. Nonostante la buona notizia...