1.2 // Diplomazia [nuovo]

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La città sull’altopiano, dal pallore abbagliante, era parte integrante della montagna e cresceva con lei. Più che essere costruiti, gli edifici di Beltann erano stati scavati nel morbido tufo bianco, in un blocco unico che si modellava nella pietra senza soluzione di continuità.

Il primo dignitario di Jasper sul territorio era stato intercettato e sottoposto a interrogatorio, e Richard aveva ritenuto opportuno mantenere la sua carica benché Everard si fosse dimostrato contrario. Era suo parere che la città si sarebbe sollevata contro di lui altrimenti; gli abitanti si fidavano della guida locale più che di quella di reale, e il vassallo aveva tenuto un governo più morbido di quello di suo zio.

Solomon era dubbioso, nessuna delle due campane l’aveva convinto appieno. Aveva provato a consigliare Everard sul da farsi, ma le sue congetture sulla filosofia politica della reggenza l’avevano solo confuso di più, benché ritenesse di essersi spiegato nel modo più chiaro possibile.

Non riusciva a capacitarsi di come il ragazzo sembrasse brillante e dotato di lingua tagliente la maggior parte del tempo, eppure davanti a certi concetti filosofici e fisici non riuscisse mai ad afferrare il punto.

Ogni tanto aveva il dubbio che Edmund avesse ragione sugli umani, magari avevano davvero una mente semplice.

Non l’avrebbe mai ammesso per paura di suonare offensivo, anche se in realtà non la vedeva come un’offesa. Bastava lui a pensare troppo, aveva bisogno di qualcuno che smorzasse un po’ il ronzio continuo che non taceva mai nel suo cervello… e adorava che Everard fosse spontaneo. Lo alleggeriva.

Si trovava sulla piazza ai margini, lo stava osservando. Il suo fidanzato stava in piedi su un palco in legno, la cui sola vista gli inacidiva le viscere.

A Beltann nulla era fatto in legno se non l’unico elemento che in pietra non avrebbe funzionato, e dunque il Re e il suo compagno erano stati sistemati sulla piattaforma costruita per la pira.

Quanti suoi simili avevano bruciato proprio là dove avrebbero parlato al popolo?

Everard si rigirava il pugnale tra le mani in gesti nervosi, gli sembrò di vederlo tremare a quella distanza e i suoi occhi scivolavano da un lato all’altro della folla senza soffermarsi su niente e su nessuno, nemmeno su di lui.

Richard a un’occhiata veloce gli era parso più tranquillo, non che fosse un buon segno, ma non aveva ritenuto necessario concentrarsi più di tanto su di lui, quindi non se ne crucciò.

«Ho conferito con i miei uomini e sono giunto alla conclusione che la famiglia Bertrand manterrà la sua posizione alla guida cittadina.»

La voce del sovrano era limpida e forte, amplificata da Dahlia che si trovava pochi passi indietro. Richard non aveva più la goffaggine del locandiere che aveva fatto quel primo discorso al castello il giorno della rivolta, e in quelle poche settimane sembrava diventato del tutto un altro uomo.

Un brusio sommesso di approvazione serpeggiò tra la folla interessata.

«Questo non significa che nulla cambierà. Non appena sarò di ritorno a Bürgann invierò di persona un emissario fidato che è stato formato al castello, perché supervisioni l’operato dei vassalli per un inserimento che durerà sino al nascere del nuovo anno. La guardia cittadina sarà smantellata e le nuove disposizioni per la sicurezza interna verranno diffuse al più presto, il personale subirà un ricollocamento verso mansioni compatibili »

Quello scatenò una reazione più violenta. Qualcuno, per fortuna voci isolate, manifestò il suo disappunto con grida di oltraggio.

Notò Everard accennare una smorfia preoccupata, la voce di Richard non vacillò.

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