Numero 1.

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Darei tutti i miei domani, per un solo ieri. Ho letto in uno dei libri di mia madre, lo lessi con lei prima che morisse. Non ne ho mai capito il significato, solo appena morí lei, io lo compresi.
Mi sveglio con il freddo di Novembre che entra dalla mia coperta bianca imbottita di piume, fatico ad alzarmi la mattina a causa dei libri, ne divoro uno dietro l'altro. Un giorno spero di riuscir a scriverne uno.
Mi guardo allo specchio e mi sottovaluto mentalmente, i miei occhi verdi smeraldo mettono in risalto le mie occhiaie dal colore bluastro misto al porpora. La mia figura esile riflessa nello specchio non mi è mai piaciuta, lego i lunghi capelli castani nel miele e indosso la mia felpa insieme ai leggins.
"Sasha!" Batte la mano sulla porta, è mio padre. Mi rimprovero mentalmente per essere cosí lenta in tutto. Infilo le scarpe e scendo inciampando all'ultimo scalino, colpa di un cartone superstite rimasto lí.
Mio fratello Denis sputa caffè sul piano in marmo della cucina divertendosi delle mie disgrazie mattutine.
"Molto simpatico." Borbotto toccandomi il ginocchio dolorante, oggi è il nostro primo giorno di scuola. Ci siamo trasferiti qui a Seattle pochi giorni fa, mio padre non è riuscito a superare la morte di nostra madre e di certo la nostra vecchia casa invasa dei ricordi di quando lei ancora c'era, non lo aiuta.
Non ha aiutato nessuno di noi nemmeno trasferirci, mi sento come se la avessi abbandonata lì, nelle mura di quella casa. Scuoto la testa e scaccio via il pensiero di lei pur di non mettermi a piangere di primo mattino.
"Denis, ci sono qui le chiavi della seconda auto. Mi raccomando, non tornare a casa solo con il volante e le quattro ruote dopo scuola." Dice mio padre sventolando le chiavi davanti agli occhi di mio fratello.
"Davvero simpatico, ah ah ah." Finge Denis di essere divertito. Mio padre non ha perso il senso dell'umorismo a quanto pare. È ancora giovane, a parte un paio di capelli bianchi sparsi, ma sembra un trentenne.
Non sono mentalmente pronta a farmi dei nuovi amici, non che io li avessi nella mia vecchia città.
Appena entro nella struttura, mi guardo intorno stando attenta ad ogni dettaglio, pareti bianche e blu intenso.
Mio fratello Denis si incammina verso un gruppo di ragazzi sulla soglia della classe, mi stupisco del fatto che già li conosca e che subito riesca a fare amicizia.
"Allora? Tu vieni oggi?" Chiede un ragazzo moro e alto, si riferisce proprio a mio fratello che ci pensa, un po' titubante. Tossisco per richiamare la sua attenzione.
"Tranquillo, vai. A me piacerebbe fare un giro dopo scuola, così per conoscere cosa mi aspetta." Dico tutto d'un fiato. Mio fratello mi sorride, e mi ringrazia sinceramente, lo avevo capito che ci tenesse tanto.
"Valentìn ci dará buca, me lo sento." Risponde un altro ragazzo biondo.
Seattle è davvero invasa da bei ragazzi.
Mi allontano dal gruppo appena sento il rumore della campanella, seguo le istruzioni per entrare in classe e la trovo qualche secondo dopo. Nel giro di pochi minuti vedo l'aula riempirsi di persone, deglutisco rumorosamente non sentendomi a mio agio con persone nuove.
"Valentìn Taylor nemmeno oggi è venuto?" Borbotta il professore da dietro i suoi occhialoni grandi da vista.
"Bene, assente." Ripete.
Improvvisamente un tonfo mi fa sobbalzare dal mio posto, e da dietrocla porta sbuca un ragazzo biondo dalle gote arrossate.
Sarà alto circa un metro e novanta, il mio sguardo cade sulle ragazze della classe, che sembrano quasi ipnotizzate dalla sua figura alta e muscolosa.
"Taylor, questa è la quarta assenza che le metto a causa dei suoi inutili ritardi." Gli rimprovera il professore.
"Mi scusi professore, è che ho aiutato un topo in mezzo al traffico." Dice sicuro di sé stesso.
La classe ride rumorosamente e Valentìn avanza andando alla finestra.
"Un topo? Mi prende in giro?" Sussurra il professore.
"No, sul serio. Litigava con una vacca in mezzo al traffico." Ripete lui sempre più convinto.
Stavolta il professore sembra furioso, si vede dal colore della sua faccia.
"Perderá l'anno, lei, la vacca e anche il topo." Ringhia il professore.
La classe sembra molto divertita, tranne io.
Valentìn si siede al primo banco dall'altro lato della classe. Tira fuori il pacchetto di sigarette, cuffie e telefono, sbuffando e appoggia la testa sulla sua mano, poi si gira lentamente scontrando i suoi occhi con i miei, sono di un azzurro chiaro, ha dei bei colori, si abbinano ai colori della sua pelle e dei suoi capelli, la sua pelle è candida e il suo profumo lo sento da qui. Arrossisco e abbasso la testa sul mio libro. Non mi lascio mai intimidire in questo modo da nessuno, di sfuggita noto che si volta e poggia la testa sul suo banco mettendo a dura prova i nervi del nostro professore.
Sarà un anno difficile.

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