26. LE COSE NON SONO COME SEMBRANO

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La richiesta di un appuntamento da parte di John mi aveva sorpresa. Non credevo che lui mi avrebbe chiesto di uscire, invece avevo trovato un suo messaggio sul mio cellulare dopo aver finito di disfare la valigia. La proposta era quella di andare a prendere un gelato. Mi ero costretta ad accettarla. Dovevo conoscerlo meglio. L'unica cosa che avevo chiesto era che ci vedessimo di sera. Non volevo rischiare problemi con la luce del sole.

E fu così John prima mi portò a prendere un gelato, poi mi propose una passeggiata.

-Così possiamo conoscerci meglio- disse, mentre camminavamo fianco a fianco.

-Sì, certo... come ti sembra il campus?- chiesi.

Lui sorrise. La maglia rossa che indossava gli stava un po' larga. -Per ora bene, lunedì vedremo come saranno le lezioni... la prima è d'informatica, programmazione-

Annuii, fingendomi interessata. Leccai il gelato. Il gusto del limone si mischiò a quello della crema. Mi sorpresi di trovarlo esageratamente aspro.

-Ti piace?- mi chiese John –Dicono che qua sia molto buono-

-Sì, mi piace molto- mentii.

-Ottimo, sono contento che ti piaccia... andiamo là?- indicò un sentiero che conduceva nel cuore del parco.

-Certo, andiamo- mi sforzai di sorridere, nonostante mi fosse venuta la nausea. Pregai tra me e me che non si stesse preparando uno dei miei attacchi. Valutai le possibilità. Proseguire, oppure voltarmi e correre via. Probabilmente non sarebbe successo nulla.

-Mi piace molto passeggiare- disse John, che era già un paio di passi davanti a me.

-Oh, anche a me- mi affrettai a raggiungerlo, attenta a non cadere e leccando il gelato che si stava sciogliendo.

-Sai il vecchio sentiero di Sfyder?- continuò John, senza voltarsi per vedere cosa stavo facendo. Perché non si voltava? Come poteva essere lui il ragazzo premuroso che mi scriveva sempre? No, non poteva esserlo. Eppure lo avevo visto con la lettere in mano. –Lo conosci?- m'incalzò John.

-Cosa?-

-Il vecchio sentiero-

-Ah sì, il sentiero, certo, l'ho percorso una volta- mormorai. Quando avevo dodici anni e non ero ancora malata. Deglutii. Quella era un'altra ragazza. Una ragazza che aveva il mondo in mano, che sognava di diventare una scrittrice, che voleva l'amore vero. Le parole dei miei genitori mi risuonarono nella mente. Le scacciai.

-Sì, è meraviglioso, l'ho fatto per ben quindici volte- disse, orgoglioso. Si abbassò per superare un ramo particolarmente basso e nel farlo, per poco non mi diede una gomitata.

-Che bravo!- e maldestro, molto maldestro.

-Vero?- era chiaramente felice.

-Certo- sentii una fitta percorrermi la schiena. Mi costrinsi a proseguire. Il gelato si stava sciogliendo e rivoli colorati scendevano lungo il cono, finendomi sulle mani. Sentii le dita diventarmi appiccicose. –Puoi andare un po' più piano?- gemetti –Non sono abituata-

-Scusa, sì, certo- si fermò e si voltò –ehm, Michael mi ha parlato del tuo problema- aggiunse, imbarazzato, i capelli che gli ricadevano sugli occhi.

Un brivido gelido mi percorse la schiena. Cosa voleva dire? Non sapeva della mia malattia? E perché Michael aveva parlato?

-Sei una ragazza coraggiosa- continuò –io non saprei come poter fare-

-Ci si abitua- era una bugia, certo, ma non volevo dirgli la verità, non me la sentivo.

-Sei coraggiosa, davvero... per questo devo essere sincero con te, fino in fondo-

Sincero? Ecco che arrivava la brutta sorpresa.

-Non sono io l'autore di quella lettera- lo disse tutto d'un fiato.

Lo fissai, sorpresa. –Ma mi avevi detto... -

-Mi hai preso alla sprovvista- si strinse nelle spalle –non sapevo cosa dire, così ho mentito, l'avevo semplicemente trovata davanti alla porta di casa tua e l'avevo presa in mano, ero curioso-

Lo fissai, improvvisamente felice. -Non l'hai scritta tu?- chiesi, la mia voce uscì un po' troppo gioiosa.

-Ehm no, mi perdoni?- sorrise -Tu mi sei sempre piaciuta e... -

-Devo andare- decisi, il cuore che mi martellava nel petto. Non era lui!

-Ehm, certo, ma... -

-Ciao- e corsi via, il gelato in mano, prima che si rendesse conto che stavo ridendo.

M'incamminai lungo il viale, illuminato solo dalla luce dei lampioni, le mani ancora appiccicose per il gelato

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M'incamminai lungo il viale, illuminato solo dalla luce dei lampioni, le mani ancora appiccicose per il gelato. Ero gioiosa. Povero John! Non avrei dovuto lasciarlo in quel modo, eppure...

-Vicky!-

Mi voltai e incontrai il viso sorridente di Michael. Al suo fianco c'era Izzy, per nulla sorridente. Indossava una felpa dell'università. Storse il nasino non appena il suo sguardo si posò su di me.

-Com'è andata l'uscita con John?- chiese Michael. Quindi lui sapeva.

-Ehm bene- mentii.

-Non mi sembri molto convinta... che ne pensi di venire con noi questa sera?-

-Non lo so- sussurrai. Non avevo voglia di partecipare a una festa.

-Dai, vieni con noi- insistè Michael.

Izzy alzò gli occhi al cielo. -Credi che sia il caso?- domandò.

La reazione di Michael mi sorprese. L'osservai voltarsi verso di lei, l'espressione cupa. -Perché fai sempre così?- chiese, irritato.

-Cosa?- chiese mia cugina, lo sguardo attento, la voce sorpresa.

-Devi sempre essere scortese e maleducata!-

Izzy sgranò gli occhi. -Come ti permetti di parlarmi così?-

Michael si limitò a girarsi e andarsene. Lo fissai confusa, mentre si allontanava. Cosa stava succedendo?

-È colpa  tua!- gemette Izzy -È sempre colpa tua!-

-Io? Che colpa ne ho?-

-Rovini tutto quello che tocchi... guarda cos'hai fatto a Lauren-

-Io non c'entro nulla!- protestai, il cuore in gola.

-Sì, tu c'entri sempre, sei una disgrazia- e corse via, lasciandomi sola nel buio, le lacrime che spingevano per uscire.

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate della scoperta riguardo a John?

A presto

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