Capitolo 25: New York

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Guardo Sam allontanarsi in direzione dei salici, credo che la mia faccia abbia parlato per me. Ma reduce da una litigata, anch'io ho imparato a leggere la sua mimica facciale. Ho frequentato molte donne, ma lei è la prima dopo anni che mi trovo in difficoltà a gestire... o a gestirmi?
Seria, è uscita di fretta, ragione per cui può esserci in ballo solo tutto ciò che ancora non mi racconta.
« Allora è tutto ok?» Mia madre si avvicina e guarda Sam allontanarsi « Caspita deve essere una chiamata proprio importate, per come si è alzata e si sta allontanando!» sorpresa quanto me di vederla scappare.
Rimango in silenzio a guardare, anche se sto pensando a cosa mai le possa essere passata per la mente.
« Può essere...» guardo mia mamma e alzo le spalle « Delle volte non la capisco, c'è ancora tanto di lei che non so... e se solo provo a chiederle qualcosa in più, mi trovo di fronte a un muro. Come ora!»
« Non mi sembra una cattiva persona sai, vi conoscete da due mesi, magari vuole aspettare di conoscerti meglio prima di aprirsi con te...» mi suggerisce « Non tutti sono un libro aperto!»
Mia madre potrebbe avere anche ragione: io tenderei ad essere quel genere di persona, che al contrario, mette in gioco tutta se stessa fin da subito e nel mio piccolo, presumo che gli altri facciano altrettanto.
« Sento solo che mi sto innamorando, e molto anche... ma ho paura di restare ancora male.»
Io so che con mia mamma sono un libro aperto: e ora che c'è l'ho di fianco e non al telefono, mi sento come se dovessi svuotare un cestino colmo di dubbi, paranoie e paure.
« Ho dei buoni intuiti sai, vedo come vi guardate mica son cieca!» Mi strizza l'occhio e io non posso fare a meno di abbracciarla.
« Vi voglio così bene! Ma sono anche arrabbiata che abbiate taciuto riguardo la fattoria! Compreso i miei fratelli! Quando tornerò a Los Angeles chiamerò la banca.»
« Tu non farai proprio nulla! Keyline la casa è mia e di tuo padre, siamo noi a decidere. Non voglio che nessuno di voi si intrometti.» esclama severa.
La guardo, vorrei poter obiettare ma so che non ne verrei fuori se continuassi ad oppormi: delle volte mi danno come l' impressione che risulto ancora come se fossi la piccola di casa; quindi annuisco scocciata, ma dentro di me mi prometto che alla prima occasione farò un richiamo ad ognuno dei miei fratelli, e vedrò come venirne a capo di questa faccenda. Io al contrario loro non ho famiglia, non navigo di certo nell'oro, ma guadagno bene, e potrei accantonare eventuali progetti futuri per investire in questa proprietà e aiutare così i miei genitori a venirne finalmente fuori.
Mi auto convinco da sola che posso farcela, perchè l'idea di vedere questa casa in mano a qualche riccone che non ne apprezzerebbe la storia e i sacrifici che sono stati fatti negli anni mi manda letteralmente su tutte le furie.
Ora che sono carica di rabbia, non accetto nemmeno che Samantha mi menta così spudoratamente. Esco, cammino decisa e dritta con un andatura non troppo carica. Quando finalmente sono quasi raggiunta vicino al salice, lei sbuca da dietro l'albero: sono ancora troppo lontano per vederla, ed essere sicura di ciò che vedo, ma sono certa che si stia asciugando gli occhi.
Aumento il passo, lei non appena mi vede, si strofina nuovamente e fa un enorme respiro.
« Cosa è successo?» Le chiedo guardandola dritta negli occhi, cerca che loro non possano mentire a distanza di pochi secondi da un pianto che ha cercato di nascondere.
« Devo tornare a Los Angeles.» decisa a non ricambiare il gioco di sguardi, si incammina a braccia incrociate e testa bassa.
« Samantha! Cosa è successo?!» Alzo il tono e lei finalmente mi guarda. Mi gela non appena i suoi occhi incrociano i miei.
« Devo tornare a Los Angeles, Keyline!»
« Per lavoro?!»
« Si.» secca ma insicura, quella risposta mi lascia confusa.
Resto basita, puzza nuovamente da scusa. Ma non ci sto, e questa volta non voglio assecondarla:
« Smettila di mentirmi.»
Lei resta impassibile, mi guarda, sicura che sa di non poter controbattere dato che la sua faccia parla per lei.
« Non ti sto mentendo.» Ci prova comunque.
« Si Samantha! Che telefonata hai fatto?? Non ci si allontana tanto per parlare di lavoro! Sembri una che ha voglia di mettersi a piangere!» Cerco di non urlare, primo per non farmi sentire dai miei, e secondo perchè non voglio urlare di mio. Ma mi sento come se arrivata a questo punto, voglio farli svuotare il sacco.
Lei resta ferma, sembra una pietra.
« Mi dispiace rovinare la nostra gita, ci tenevo molto passare questi giorni con te e la tua famiglia.» mi guarda « Ma ci sono lavori, obblighi, che non ho la libertà di decidere.»
È ammirevole come riesca a mantenere il controllo, io al contrario suo mi sto leggermente innervosendo.
« Ma di cavolo stai parlando?! La rovini di più se non mi parli! Non se dobbiamo tornare a Los Angeles perchè devi andare a lavoro...»
Ma lei torna a non ascoltarmi, cercando di incamminarsi verso casa.
« Samantha Pitt!!» Questa volta urlo, bloccandola di scatto, lasciandola ferma immobile un paio di secondo prima di voltarsi.
« Lasciami andare a prendere le mie cose. Tra un paio di minuti un auto verrà a prendermi per riportarmi a casa! Resta con la tua famiglia.
Fidati di me.»
La sua voce si sente leggermente e sembra alquanto strozzata, io cerco di avvicinarmi dato che è tutto così assurdo che non ci sto capendo nulla
« Ma chi verrá a prenderti?»
« Loro...»
Non faccio in tempo a formulare ulteriori domande, che quando mi volto, in lontananza un auto nera ha imboccato il vialetto, dirigendosi verso la nostra posizione a una velocità moderata.
« È finita.» commenta con un filo di voce Samantha, ed è proprio in quell'istante che il suo viso si riempie di lacrime.
Non so cosa fare: ma chi sono, e cosa vogliono? E perchè Sam sembra esserne a conoscenza? Le mie gambe mi tengono ferma al suolo, vedo la scena scorrermi davanti a una velocità che non riesco nemmeno a capire se sto guardando un film o viverla io questa situazione.
L'auto parcheggia di fianco a Samantha, un uomo in giacca e cravatta, ben curato scende e le apre la portiera nel retro.
« Ma cosa...?» commento gli avvenimenti incredula, e guardo lei visibilmente scossa, ma pronta a salire « Ma non avrai intenzione di salire?! Samantha che succede?!»
Anche se cerca porre resistenza alle lacrime, Samantha ha gli occhi gonfi e rossi « Mi dispiace Key... mi dispiace! Mi dispiace!» me lo dice singhiozzando e in men che non si dica sale in quella macchina, si fa chiudere la porta, e riparte. Ma cosa sta succedendo? Mi sale il panico.
Corro incontro la macchina e sbatto i pugni contro quei finestrini oscurati « Samantha!!» cercando di fermarla.
Ma lei parte, ignorandomi totalmente e lasciandomi lì in mezzo alla corte.
I miei genitori sentendo il frastuono escono di corsa e mi vengono incontro, io inizio a mettermi le mani sulla fronte: mi sento agitata, e in viso ho come l'impressione che tra un paio di minuti pure io inizierò a piangere:
« Cosa è successo?!» Mi urla mia madre venendomi in contro.
Già: cosa è successo? Me lo continuo a domandare pure io.
Prendo il telefono e provo a chiamare a Sam. Non risponde. Ritento, finchè al quarto tentativo la linea cade direttamente, e la segreteria mi informa che il numero risulta spento «Merda!»
« Keyline! Dov'è Samantha?» Mia mamma inizia ad agitarsi vedendomi alquanto alterata. « -Chiamo lo sceriffo!» sbotta non ricevendo una risposta.
« No!» la blocco « Non so chi siano, ma lei sicuramente si! È salita in quella stramaledetta auto senza che nessuno la obbligasse! Non mi ha detto niente, è partita e basta cazzo!» sbotto « Sembravano i Man in Black!»
« E le sue cose?!» Domanda mio padre come se fosse la cosa più importante di tutta la faccenda.
All'inizio non ci faccio caso, cosa che mi potrebbe mai interessare se avesse lasciato qua un paio di vestiti, ma come un flash mi viene in mente che oltre alla valigia, ha lasciato tutti i documenti in camera mia.
Mi precipito veloce, non mi piace frugare nel suo zainetto ma voglio vederci chiaro: trovo il portafoglio e non appena lo apro, la prima tessera che mi viene tra le mani è la patente: Samantha Reynolds.
Guardo quella tessera leggendo e rileggendo il nome e il cognome. Frugo ulteriormente ed estraggo il passaporto, la carta d'identità e un tesserino universitario: Samantha Reynolds.
Ma quello che più mi sconvolge è trovare una di quelle American express, quelle che solo i super ricchi possiedono e che mai nella vita penseresti di poterne avere una tra le mani.
Intestatario? Samantha Reynolds.
Il cuore mi batte a mille, ma il suo cognome mi martella in testa ancora di più: perché ho l'impressione di averlo già sentito?
Continuo a ripeterlo e lo collego subito al discorso fatto da mio padre sulla famigerata società che vorrebbe comprare la fattoria.
Samantha è cambiata in quell'instante.
Che sia coinvolta in questa faccenda?
Prendo il cellulare, e solo una persona ora come ora potrebbe darmi tutte le risponde che cerco: Alexia.
Carico tutto in auto, se Samantha ha anche solo l'intenzione di tornare a New York son quasi certa che passerà prima per Los Angeles: quell'auto ormai è partita da un paio di minuti, ma posso ancora farcela ed arrivare quanto lei.
Sono arrabbiata e confusa, perchè mentirmi?
Saluto i miei che tra le mille raccomandazioni, gli prometto che non appena avrò novità saranno i primi a essere contattati.
« Hey Keyline!» La voce di Alexia è pimpante e allegra e nel sottofondo pure Emily accenna un saluto entusiasta.
« Samantha Reynolds!» urlo « Non è Pitt ma Reynolds!»
« Aspetta, aspetta... è tutto apposto?! Sam è li con te?!» Anche Alex cambia tonalità e la sua voce diventa immediatamente preoccupata.
« Cercami Samantha Reynolds! New York, Manhattan! Nata il 28 Agosto...ti serve altro?!» gli ordino, cercando un contegno che sembra essere stato dimenticato. Gli fornisco anche il numero del bancomat: se con Pitt non era risultato nulla su di lei, ora come ora voglio sapere pure quante mutande possiede.
Alexia si scrive tutto su carta « Sapevo che aveva qualcosa di strano!» Commenta mentre scrive le varie informazioni.
Le racconto la dinamica: di come mio padre è stato obbligato quasi a vendere, di questa società Reynolds che intende comprare e di come da quel momento sia cambiata, portando la situazione a precipitare.
« Devi darmi un paio di minuti.» mi rassicura.
« Ho cinque ore e mezza di strada...»
« Ma lei proprio non risponde? Dannazione! Potrei andare sotto casa sua e cavolo...! Ci puoi giurare che la faccio cantare come un uccellino!» Sbotta dall'altro capo del telefono Alex « Guarda appena ho qualcosa ti chiamo subito!»
Qualunque sia il motivo, voglio parlarci, voglio sapere perchè mi ha mentito e cosa c'entra lei con la mia famiglia. Sono in strada ormai da un ora e mezza tra i miei mille dubbi e domande quando finalmente sento squillare il telefono, mi precipito a rispondere senza guardare.
« K... Keyline.» balbetta mia mamma.
« Sono ancora per strada! Vi avevo detto che avrei chiamato io!» mi sento un po 'maleducata, ma non ho tempo, anzi voglia, di stare al momento al telefono con loro.
« No Keyline! La casa, il debito... è stato saldato!»
La voce di mia mamma è un misto tra l'eccitazione e l'incredulità
« Come il debito è stato saldato?!» Devo evidentemente essere in viva voce dato che sento l'altro capo, mio padre con mio fratello esultare.
« Si! Ha chiamato la banca! Ha detto che un beneficiario ha saldato tutto il debito, e che ci ha lasciato una somma di centomila dollari!!» mia madre attende forse una mia risposta altrettanto entusiasta « Keyline!! Centomila dollari! Tuo padre per poco non le veniva un infarto! Potremo riprendere i cavalli e il bestiame» esclama « Ora andranno in banca a capire meglio cosa sia successo! Non abbiamo vinto nessuno lotteria, ma...non è strano?»
« Io...Non so cosa dire... Ma si sa chi è?» Sono incredula quando loro, ma al contrario non sento nessuna emozione, ripenso a quella American express a come Sam abbia lo stesso cognome di quei famigerati ricconi che guarda caso, ha annullato un debito che esisteva da anni.
« Siamo proprietari della casa!! Oddio! Che Natale!» non mi bada mia mamma, esprimendo la gioia da tutti i pori, non mi va quindi di rovinare questa loro felicità rivelando che Samantha deve averci a che fare, rivelando che ha per giunta lo stesso cognome di chi puntualmente, ogni due settimane bussava alla loro porta per obbligare a vendere.
Riattacco il telefono e continuo a correre guardando l'orologio, pensando a dove Alexia si sia persa a cercare, mi convinco che se non richiama tra un paio di minuti, la chiamo io.
La mia amica però, deve avere un sensore che le suona ogni qualvolta comincio a pensarla intensamente, perchè guarda caso dopo una manciata di minuti, non lei, ma Emily fa suonare il mio telefono:
« Emily! Alexia è li con te??» Sono alquanto nervosa.
« Keyline sei seduta?!» poi si ferma « Che domanda stupida! Sei macchina!» si corregge.
La sento fare un grosso respiro « Alexia è qua, e mi è seduta a fianco, sta ancora leggendo tutto quello che ha trovato, anzi abbiamo trovato!»
« E allora?!» Incito impaziente
« Cazzo!» esclama euforica « Ti sei portata a letto Samantha Reynolds! La figlia del miliardario Walter Reynolds!!» Emily sembra eccitata quanto mia madre per la casa, lo esprime come se sapesse di chi sta parlando.
Rimango in silenzio « Io... non so nemmeno chi sia questo Walter Reynolds» affermo confusa.
« Ovvio che ha fatto giurisprudenza! Adesso si collega tutto!!» ribadisce « Walter Reynolds è un degli avvocati più brillanti e quotati, oltre che ad un imprenditore di successo!! Miliardario Keyline! È uno degli uomini più potenti del mondo! È stato avvocato di tantissime persone importanti! È un pezzo grosso, insomma di quei super ricconi che mai ti sogneresti nella vita di poter incontrare!» si spiega perdendo anche il fiato « E Samantha è l'unica figlia che ha!» La voce di Emily si placa.
« Ma Samantha...? E lei che mi interessa non di suo padre!»
« Alexia ti sta girando un articolo di giornale che abbiamo trovato in google, c'è anche una sua foto... su Samantha non c'è molto: riservata, studentessa modello, voti ottimi, insomma la figlia perfetta... cosa ci facesse a Los Angeles non ne abbiamo ben che la più minima idea!»
« Perchè una miliardaria si trova a servire piatti su un ristorante?!» Si chiede Alexia « Non capisco! Ho provato a cercare se abbia magari combinato qualcosa, se sia finita in galera e il padre l'abbia cacciata... niente di niente! Vorrei proprio capire, semmai l'incontrassi nuovamente: come ha fatto a passare inosservata!»
« Magari è un rito di passaggio: devi essere povera un periodo, e poi... Pouff! Diventi ricca!» ribatte Emily.
Mentre loro si concentrano ad ipotizzare varie teorie sul perchè Samantha si trovasse a vivere a Los Angeles, io accosto per vedere la foto che mi hanno inviato: la riconosco subito, sebbene in quella circostanza i capelli lunghi e biondi, le cadono sulle spalle. Cerco su di lei ogni minimo dettaglio che la colleghi alla persona che ho conosciuto: porta delle perline alle orecchie, un vestito nero con il merletto, corto che le risalta le gambe e la statura. Con i tacchi posa con un sorriso tirato e lo sguardo vuoto e freddo. Quella persona assomiglia molto alla mia Samantha, ma non ha nulla a che fare con la ragazza che ho conosciuto io. Mi commuovo a vederla così, mentre il cuore sussulta impazzito, innamorato comunque di lei in qualsiasi modo la possa vedere. Riparto e premo sull'acceleratore, devo vederla, devo parlarci, devo poter capire quando c'è in mezzo con la mia famiglia.
Io non ho conosciuto nessuna ereditiera, e ne voglio pensare che sono stata per lei solo un capriccio per poter assaporare la vita fuori dal lusso a cui può essere stata cresciuta: o forse si? Altri dubbi, si sommano a quelli precedenti, sconfortata nell'ascoltare Alexia e Emily che continuano a borbottare varie soluzioni che al momento non mi aiutano.
« Cosa farai quando te ritroverai davanti?» Mi chiede Alexia terminando finalmente la lunga lista di conclusioni, che lei e sua moglie stavano fantasticando.
« Non lo so...» sospiro « voglio solo stare ora, scusatemi e grazie! Vi voglio bene!» riaggancio prima di sentire obbiettare. Mi farò perdonare, ma ora non voglio parlare con nessuno se non con Sam.
Imbocco la strada per Los Angeles, delle nubi nere e cariche di pioggia presagiscono che a breve un acquazzone bagnerà la città, così da rendere la mia corsa contro il tempo una vera e propria sfida.
Ho il cuore che batte a mille. Non ci metto tanto ad arrivare, e malgrado la prima pioggia di avvertimento, riesco a scorgere una macchina nera parcheggiata davanti al suo edificio: la stessa macchina nera, su cui è salita.
Samantha esce dalla porta, scortata, incapace di tenersi l'ombrello in mano sembra in procinto di entrare in auto. Accelero per poter evitare che lei salga.
« Samantha Reynolds!» Lo urlo: lo urlo, con tutta la rabbia che ho in corpo non appena apro la portiera.
Lei si blocca di scatto e mi guarda incredula. Quell'uomo che me l'ha portata via, mi guarda minaccioso. Mi avvicino piano, con il suo zainetto, mentre la pioggia comincia a bagnarmi i capelli. Avanza anche lei di qualche passo, stoppando il bodyguard nell'evitare di seguirla. Ed eccoci, entrambe sotto la pioggia una, davanti all'altra.
« Samantha Reynolds...non Pitt!»
« Pitt è il cognome di mia madre da nubile...mi dispiace di averti mentito.»
« Non è l unica cosa su cui mi hai mentito!» sono seria, sebbene mi verrebbe da piangere. Estraggo dalla tasca quel biglietto da visita, glielo mostro « Ti prego, dimmi che è solo una coincidenza che il tuo cognome sia lo stesso!»
« No.» afferma dritta « Quel biglietto è della mia famiglia.»
« Cosa volevi fare?! Arrivare a me, farmi innamorare e credere che avrei convinto i miei genitori a vendere?!» Mi getto sicura.
Lei mi guarda come fossi una pazza, scuote la testa « Cazzo no! Da dove ti saltano in mente certe accuse?!»
« Allora spiegamelo!» lanciandolo verso la sua direzione « Un supermercato Sam?! Un cazzo di negozio, cancellerà tutta l'eredità della MIA famiglia!» gli urlo. « E poi tutta questa segretezza! Cosa ti costava dirmi chi eri!»
« Cosa vuoi Keyline?» affranta, la sua voce è fredda, ma non troppo da non farmi capire che sta cercando di mascherare quello che prova. « Sono sicura che tua mamma ti abbia informato della donazione. Ho risolto il problema. Se hai intenzione di accusarmi ancora per colpa di un cognome...»
« Entri nella mia vita e da come vedo ne stai uscendo... Mi chiedi cosa voglio?!» Per fortuna la pioggia camuffa le mie lacrime. Tra di noi solo la distanza di un metro ci separa. « Voglio chiarezza!»
« Era la mia famiglia quella che voleva acquistare la casa dei tuoi! I miei sanno di me e te! Di noi!» mi urla « Volevi la mia storia?! Eccola!»
« L'articolo...» ci ripenso.
« Dio...! mi hai googlato?!» mi chiede dispiaciuta e irritata « È grazie a quell'articolo che ti sei messa in testa che volessi arrivare ai tuoi tramite te?!»
« Sei calcolatrice...matematica. Mi viene difficile credere che tu ti sia innamorata di me. Così, per nulla.» mi asciugo la pioggia, le lacrime, la pioggia. Non so nemmeno io cosa voglio togliere dal mio viso.
« Mi stai giudicando?! Leggi un articolo, che mi descrive senza conoscermi e ti senti nel diritto di tirare le somme?» sbotta « E mi chiedi come mai, ho taciuto fino ad oggi?! Non sei allora tanto diversa come credevo. » mi ferma, arresa, Samantha mi guarda come se l'avessi delusa. Si volta, allunga il passo pronta per tornare in macchina.
« La colpa è mia ora?» mi arrabbia avanzando verso di lei « Non sono tanto diversa, perchè non mi hai dato modo di essere diversa!»
« È finita... Vuoi sentirti dire questo?! È finita! Il gioco è finito! Devo tornare a New York!»
« Quindi è così...sono stata solo un gioco per te? Cos'era...? La vita da ereditaria ti stava annoiando?»
Il veleno mi esce senza controllarlo, mi mordo la lingua, vergognandomi di quell'ultima domanda che dovevo tenere per me.
Samantha mi guarda e scuote la testa si mette la mano tra i capelli « Tu non capisci...»
« Allora fammi capire Sam cazzo!»
Le mia guarda. Ma io non demordo « Fate così voi ricchi? Entrate nella vita delle gente e vi sentite nel diritto di uscire quando avete finito?! Samantha ti amo... ti prego non tu, non tu che mi avevi promesso di non ferirmi.» finisco sentendomi crollare il mondo addosso.
Provo ad avvicinarmi ma quel uomo mi fa cenno di fermasi mettendosi in mezzo, ho ancora sul zainetto tra le mani, e per dispetto nei confronti di quel povero ragazzo, che cerca solo di fare il suo lavoro, lo faccio cadere a terra costringendolo a raccoglierlo scocciato.
« Mi ami...?» La vedo singhiozzare « Mi dispiace, son felice di aver aiutato la tua famiglia, lo meritate sul serio! Ma la vita è fatta di scelte. E io ho deciso di perderti, per salvarti da loro.» Samantha sale in auto, e come una scena già vista, parte nuovamente lasciandomi li, sotto la pioggia.

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