Capitolo 1: Samantha

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Cavolo! Cavolo e ancora cavolo! Le previsioni meteo lo avevano preannunciato che sarebbe arrivato il brutto tempo. Ma perchè cavolo non ho voluto prendermi l'ombrello?!
Devo smetterla di impostare una decina di sveglie per finire con l'alzarmi comunque in ritardo: da domani, lo prometto, imposterò quella sola e una canzone che mi farà alzare una volta sola.
« hey Sam...! Vuoi un passaggio?!» Mi chiede Nicholas guardando il tempaccio fuori dalla finestra, notando tutta la mia espressione di dissenso verso quella pioggia, che cade a catinelle.
« No ma grazie! Penso che chiamerò un taxi e mi farò portare direttamente a lavoro.» rifletto incerta.
Sono propensa a voler accettare anche il passaggio offerto, risparmiando volentieri i soldi del taxi, ma il pensiero di restare anche solo un minuto in auto con lui, mi farebbe venire il mal di testa ancor prima di iniziare a lavorare:
Nicholas rispecchia il classico bel ragazzo di Los Angeles, il suo tempo lo deve passare più in palestra che a casa, data la massa muscolare decisamente pronunciata; dai capelli castani e il taglio alla Justin Bieber, ha già sfoderato il suo fascino con ogni ragazza presente del corso. Peccato per lui però che con me, questi non risultino essere dei pregi essenziali che catturano il mio l'interesse. Perennemente all'attacco, non è la prima volta che ci prova, ricordarmi per giunta che è stato capitano della squadra di baseball, e che una grossa squadra di Football lo starebbe aspettando per un provino.
Il cosa però, ci faccia ad un corso di barman, con un futuro così promettente, ancora me lo deve spiegare.
Il mio rifiuto l ha nuovamente battuto in ritirata momentanea, alzo gli occhi al cielo e cerco di concentrarmi sul vero motivo che mi ha spinto a vivere a Los Angeles: tra il corso e il lavoro, la mia routine di vita è già più che sufficiente per farmi tornare a casa e desiderare il divano quanto come fosse Christian Grey. Quindi, anche se volessi, non avrei tempo per pensare a una relazione.
« Maledizione la pioggia aumenta...» mi commento quasi pentita di quel detto di no, espressi forse troppo veloce.
Guardo l'orologio, sono quasi le dieci e mezza e ho promesso alla mia datrice, che sarei arrivata in ristorante alle undici. Il cellulare con il tempaccio fatalità prende poco niente, ma un santo in paradiso, mi ha permesso comunque di chiamare un taxi. Aspetto, mentre i minuti che sembrano ore, mi fanno già sentire la voce della signora Tolman dentro la testa che mi rimprovera per il ritardo.
Mi chiamo Samantha Reynolds, ho ventun anni e sono l ultima ( si spera) erede di una generazione di avvocati di New York. Una descrizione semplice, sbrigativa e poco allungata: sufficiente per dare modo, a chi volesse saperne di più, nel cercare da quale famiglia provengo.
Ma ho mentito e mento tutt'ora.
Come la prendereste voi, se vi trovaste come vicina di banco una ereditiera miliardaria? O forse dovrei dire, ex ereditiera, dato che con un colpo di genio ho lasciato mio padre e il suo lusso dall'altra parte dell'America.
Sono pazza, me lo son ripetuta un paio di volte, ridendomi addirittura addosso per la mia scelta di cambiare, mentre fingevo e fingo tutt'ora di provenire da una famiglia semplice di operai.
Ma pazza perchè?
Fin da quando sono nata la mia famiglia non ha fatto altro che indirizzarmi dove più le faceva comodo a loro. Non ho mai potuto scegliere niente.
A peggiorare il tutto è che tra l'altro sono maledettamente figlia unica, e quindi tutte le attenzioni vengono indirizzate a un solo elemento: i miei mi hanno avuta in un'età avanzata e mio padre voleva un maschio. Insomma, tutte ragioni per la quale vorrei sfidare chiunque a resistere e ad andare oltre ai benefici economici.
Per quanta abbia avuto i miei momenti di ribellione, sono sempre stata però una figlia modello: compreso, quando mio padre mi obbligò ad iscrivermi all'università di giurisprudenza, non ho fiatato una sola parola di disapprovazione.
Credo che si tratti proprio di un gene che scorre nel sangue dei Reynolds: difettoso direi, perchè non è normale avere più generazioni che si fanno venire la passione per le leggi; e io mi sono odiata dal profondo del cuore per aver accettato come un soldato la scuola che mi è stata impostata, ma la verità è che alla fine giurisprudenza mi è pure piaciuta. I corsi andavano bene, i voti erano ottimi, ma da un anno a questa parte quella vita iniziava a starmi stretta: insomma, a meno che la mia famiglia non avesse fatto un patto con il diavolo non vedo come un Reynodls non debba prendere una strada diversa; e poi c è sempre una capra nera in ogni famiglia, e nella mia ho deciso di essere io.
Non mi pento di quello che ho fatto, sono una persona abbastanza testarda, che quando decide di mettere fine, mette fine!
Ho terminato l'anno nel tempo più breve possibile, cercando ogni scappatoia per finire gli esami e prendere la borsa di studio. Ho fatto le valigie e sono scappata a Los Angeles.
Una mossa impulsiva, ma pensata.
Ho lasciato le amicizie, chiuso i contatti con chiunque potesse rintracciarmi: e devo dire che tutto sommato non è stato poi così tanto difficile.
Ma torniamo a noi.
Il tassista per quanto gli ho spiegato di mettersi
di fronte al locale, ha ben pensato di parcheggiare nella parte opposta: oggi, ero destinata a prendermi la pioggia comunque andasse.
Ma perchè cavolo non ho preso l'ombrello?! Continuo a ripeterlo finchè non salgo nell'auto come un sacco di patate, contemporaneamente a me un'altra donna che dalla parte opposta, pensa bene di occupare il mio, e ripeto il mio... Taxi!
« em... Mi scusi ma io...» provo a dirgli qualcosa, ma sembro più invisibile della donna invisibile.
« Maledetta pioggia! Proprio oggi che ho messo pure i tacchi» Sbotta ignorandomi totalmente.
« E io ho dimenticato l'ombrello, il taxi è mio, e lei è entrata senza chiedermi il permesso!» borbotto sotto voce, aspettando che si degni a notare la mia presenza: il tassista sicuramente egiziano, continua a guardare la scena dallo specchietto senza emettere una sola sillaba. Lei indaffarata a salire senza bagnarsi, far salire l'ombrello senza che questo la bagni e controllare se i tacchi firmati siano ancora firmati, finalmente si accorge che la sto fissando:
« cavolo, mi scusi! Non ho visto che era già salito qualcuno!» Sobbalza sorpresa.
Mi trattengo dal dirle che io e il tassista c è ne siamo accorti, e per come è vestita sarà sicuramente la segretaria di qualche ufficio: dai capelli neri, folti, sciolti in un vaporoso ciuffo che le compre un po il viso e la carnagione chiara, ha un fascino meridionale niente male.
« Ormai mi sembra maleducato chiederti di scendere, quindi non ho problemi a condividere il taxi. Ma ti avviso che devo andare a lavoro quindi qualunque posto tu voglia andare scendo prima io.» Punto e non si discute.
« Per me va benissimo! Mi chiamo Keyline» mi sorride facendomi arrossire.
« Samantha...» gli porgo educatamente la mano.
Il tassista parte, fortunatamente al telefono gli avevo già dato la mia destinazione.
« Guarda, veramente mi dispiace! Sono entrata così in velocità! Ad ogni modo grazie ancora. Dove sei diretta?»
« Lavoro su un ristorante. Mentre tu, con tutta la fretta che sei entrata...? Dove sei diretta?» gli chiedo lasciandola come stupida nel vedersi rispondere.
«Sono una veterinaria in una clinica. Oggi pensavo di prendermi mezza giornata di pausa...Ma una bulldog ha ben pensato che partorire in anticipo, non doveva essere una cattiva idea!»
« Ha colto il maltempo! Avrà pensato che tanto non dovevi andare in spiaggia!"
Keyline ride, mi guarda, tornando silenziosa e troncando così il discorso.
Il bar dove si svolge il corso fortunatamente, non dista molto dalla mia destinazione: quindi questo silenzio, non si potrà per ancora molto. Arrivate quindi, estraggo il portafoglio, controllo i chilometri e somma che devo versare:
« No...! Il taxi lo pago io! Te lo devo alla fine, per non avermi fatta scendere! E poi non ci sono state grandi deviazioni.» Interviene Keyline fermandomi con la mano
« Non importa tranquilla...» controbatto « Avrei dovuto pagarlo comunque.»
« Insisto Samantha!»
Il tassista si ferma, almeno questa volta davanti il ristorante, evitandomi così il secondo lavaggio di capo, sebbene in questa zona la pioggia sembra aver calmato la sua ira, e permettermi di non arrivare dentro al locale fradicia:
« Ma lavori al Antony's ?! Dovevo venire qualche mese fa... Ma poi un imprevisto mi ha trattenuta a lavoro. Dicono si mangi bene.»
« Non è male a dire la verità! Si... effettivamente mangia bene» le rispondo cercando di nascondere la mia ironia, che al di là del buon cibo, dietro alla cucina c'è una datrice isterica.
Pensandoci, dovrei avere un aumento di paga per tutte le volte che faccio una pubblicità positiva riuscendo a coordinare ciò che penso a ciò che dico: ad ogni modo, sorrido e inizio a prepararmi per uscire.
« Ascolta... Ti ringrazio per il taxi. Ma odio fortemente aver debiti! Stasera se hai voglia di farti offrire un drink per sdebitarmi, lavoro anche al Hollywood, un locale fuori città. Se ti va di passare ti offro un drink ok?» poi ci ripenso, guardo il ristorante « O un piatto di spaghetti! A te la scelta!»
« Ci farò un pensierino! Grazie ancora Samantha!» Mi risponde quasi sorpresa della mia offerta di essere educata.
Esco dalla macchina e chiudo la portiera. Guardo quel taxi allontanarsi indecisa se ho fatto bene o male ad invitarla; da quando sono a Los Angeles son sempre stata la parte invitata, e mai l'invitante della situazione ma in questo caso mi sembrava più che giusto prendere un iniziativa. Che venisse o no, poi, non mi sarebbe importato molto.
La signora Tolman, puntuale, mi aspettava all'ingresso del ristorante con le braccia conserte:
« Abbiamo spaccato il minuto il signorina Reynolds eh...» guardando l'orologio sul polsino che dichiaravano le undici spaccate.
« Samantha..mi chiamo Samantha» Cerco di farglielo notare con gentilezza: anche se quella signora minuta, con i capelli sparati in aria di un colore tra un rosso e biondo (son convinta che non sappia nemmeno lei cosa abbia in testa); non glie ne importi niente del mio nome.
Non che mi faccia fastidio essere chiamata per cognome, ma dato che comunque alla mia nascita mi è stata data la possibilità di un nome: perché non usarlo?
« Ad ogni modo si sbrighi e si dia una sistemata! Abbiamo un tavolo con dieci persone molto importanti.»
« Si capo!» Mi inchino con in ironia e sospiro all idea della lunga giornata che mi aspetta.
Avete presente cosa significa fare la cameriera? Ben io no, almeno non fino a qualche mese fa. Lo prendevo come un lavoro semplice: alla fine cosa sarà mai prendere dei piatti dalla cucina e portarli al tavolo? Invece, si entra effettivamente in guerra. Combatti contro il tempo e contro tutta quella gente che di te, proprio non gliene può fregare minimamente che alla fine stai lavorando.
Ti prepara a formare un curriculum degno di nota, se un giorno deciderai di andare a fare l'equilibrista in un circo: sembra uno scherzo, ma portare la bellezza di sei piatti e più, tra mani e braccia non è una cosa da poco. Per non parlare della preparazione atletica: il tempo è tuo nemico e giocherà sporco. Dannatamente sporco.
A mio parere ci sono clienti che credono che dal momento in cui scrivi l'ordinazione, tu abbia una sorta di collegamento telepatico con la cucina: e che questa, faccia recapitare il piatto richiesto entro una manciata di minuti, anzi secondi. E poi: finiscono il pane, ti richiamano per l' acqua, e ti chiamano nuovamente per dirti:
« Signorina manca ancora molto?!»
Si cazzo manca ancora molto.
Ma ti devi limitare nel sorridere, scusarti per il disagio e passare per la cucina. La preparazione atletica poi, sta anche nella capacità di saltare chi porta nel locale il cane con il guinzaglio e chi invece, i bambini senza guinzaglio. Tutto questo sotto l'occhio vigile della signora Tolman, che ti ricorda che questo ristorante è della sua famiglia da generazioni. Ad ogni modo il locale funziona, e il cibo di buona qualità porta sempre numerosi clienti.
Abitando a LA è anche facile che nei ristoranti si abbia la possibilità di incontrare qualche celebrità: quindi, quando si è sparsa la voce della tavolata importante di dieci persone, ogni collega a parte la sottoscritta è passata per il bagno a darsi prima una sistemata.
« Reynolds servirai tu il tavolo due!» Mi ordina la Tolman indicando il famoso tavolo incriminato, dove abbiamo scoperto che sarà un essere un pranzo per dei giocatori di una nota squadra di basket: e quando arrivano, il locale sembra andare in una sorta di pausa temporale, davanti alla presenza in entrata di un giocatore dei Lakers. Onestamente son più per jogging e le serie tv: quindi in campo sportivo, sono paragonabile ad un alfabeta, dimostrando tutta la mia indifferenza davanti a quel fusto alto e muscolo. Ragione per cui credo che la Tolman mi abbia messo in campo appositamente per questo motivo.
« Sei nuova in questo locale?» Mi chiede l'atleta quando per l'ennesima volta passo a chiedere se necessitano di qualcosa.
« Si...» rispondo secca, prendendo una bottiglia di acqua vuota
« Adriana assume sempre belle ragazze! Spero che la mancia sia gradita a farti passare per questo tavolo più spesso.» Mi dice allungandomi una banconota da cento dollari.
Li prendo e gli sorrido, chiedendomi dove può aver intravisto la mia bellezza: ho le occhiaie per colpa di Game of Thrones che la sera prima mi ha tenuta sveglia fino all'una, questa mattina poi l'insegnante ci ha fatto una lunga lezione monogama su come trattare il cliente quando entra in un bar; dovrei avere ancora i capelli umidicci per la pioggia. Ma se lui ha intravisto qualcosa di bello, sono pur sempre soldi guadagnati.
Ad ogni modo, tra noi colleghe del ristorante vige un patto di sangue riguardo chi deve servire le celebrità: per quanto la signora Tolman decida chi deve servire chi, cerchiamo di trovare degli escamotage per cambiarci di tavolo in modo tale che tutte abbiano la possibilità di passare vicino a un divo di Hollywood. Oggi però, la Tolman è più pressante del solito e continua a controllare la situazione dalla sua postazione vicino all' entrata. Intasco i soldi e mi dileguo in cucina:
« Sam! Cambio tavolo subito!» Esclama Natasha entrando con una fila di piatti vuoti tra le mani.
« La Tomlan mi sta addosso con lo sguardo! Già oggi sono arrivata giusta in tempo! Ma che diamine...! Lo sa che odio servire le celebrità!» Sbotto sapendo che quella bisbetica ti controlla già molto, mentre servi una tavolata di pensionati: figurati un divo.
« Inventati qualcosa! È un giocatore dei Lakers e a te non interessa» Natasha mentre parla si specchia su una lamiera della cucina: di nazionalità africana ma nata e cresciuta negli Stati Unici, è venuta a Los Angeles per sfondare nel mondo della moda o per diventare la moglie di qualche riccone di Beverly Hill. Tutte aspirazioni, che a vederla potresti pensare che potrebbe benissimo farcela: con la carnagione non troppo scura, ha una folta di capelli ricci finissimi, che quando la guardi ti verrebbe da chiederti cosa ne fuori, semmai un giorno decidesse di farli lisci. Il suo profilo Instagram vanta un notevole numero di follower: ma peccato per lei, tutto ciò non la aiuti ancora a pagare le bollette.
« Si può sapere che succede?!» entra Adriana, seccata del tempo che stiamo perdendo a chiacchierare.
« A Samantha scappa! E non parlo di pipì. Deve assolutamente andare in bagno! Quindi Adriana se non ti dispiace prendo io il suo tavolo.» Gli risponde come una saetta Natasha.
Per quanto disgustoso sia, usare la scusa della cacca è tra le bugie più gettonate, ma colta alla sprovvista resto ferma a fissare la Tolman finché il suo sguardo malefico studia ogni mia mossa.
« Va bene! Natasha vai al due, e tu Reynolds vedi di muoverti in bagno!» Conclude uscendo dalla cucina per ritornare alla sua postazione.
« fai sul serio??! Non ti è venuto in mente niente di diverso?!» la spingo leggermente sulla spalla, davanti al cuoco alle mie spalle che si è mette a ridere.
« Ti ricordo che l' ultima volta, per il tavolo con Kateryn Zeta Jones hai usato come scusa il mio problema alle emorroidi! E la Tolman mi ha seguito per tutto il ristorante!» Squittisce lei prendendo le ordinazioni del mio tavolo vip, sistemandosi il reggiseno prima di uscire.

Ripenso a quel momento, cercando di spegnere la risata che ancora ristagna in quel ricordo: per quanto malefica, la Tolman si preoccupa per la salute dei suoi dipendenti; e quel giorno ha seguito Natasha ogni qual volta la vedeva entrare in cucina per suggerirgli rimedi naturali e non,per curare le emorroidi.
Ogni guerra che si rispetti, termina sempre con la vittoria dei buoni. Per quanto sia un lavoro faticoso e talvolta stressante, è comunque gratificante contare tutte le mance guadagnate a fine turno.

Il temporale ha terminato il suo primo rito di passaggio, ma all'orizzonte altre nuvole cariche di pioggia preannunciano che ne arriverà altro: accetto il passaggio in auto verso casa, offerto da Natasha che nel mentre mi aggiorna su come sta andando la sua storia con un personal trainer.
Niente, sa di più buono come il profumo di casa propria e gettandomi in divano esausta, assaporo le ore che mi separano dal prossimo turno.

- hey Sam! Forse ho trovato una baby sitter per Sofia... Arriverò comunque per le nove passate! Cerco di muovermi a darti il cambio...lasciandoti la serata libera. Grazie!"

Il messaggio di Julia, mia collega e compagna di banco, risale ancora a mezzogiorno: avrei avuto la serata libera, mi sarei inabissata nuovamente in quella maledetta serie con i draghi, ma avevo sentito che aveva problemi a gestire la figlia piccola e così mi sono offerta nel prendere il suo posto. Alla fine è grazie a lei se sono entrata a lavorare per quella discoteca e non potevo di certo lasciarla in balia di se stessa.

" Tranquilla prenditi il tempo che ti serve! Ci vediamo a Hollywood, avanzo un drink." Sam

Ora che sono distesa, mi torna alla mente di quella veterinaria che mi ha rubato il taxi: sarà riuscita ad arrivare in tempo per far nascere i cuccioli di bulldog?
Los Angeles è grande, e anche se volessi cercarla in qualche social, di gente con il suo nome ne troverei fino alla noia. Mi alzo, guardo fuori dalla finestra e studio il tempo: dovrei avere quella pausa di pioggia che mi permette di andare a fare del jogging, per quanto ho già camminato a sufficienza in ristorante, sento lo stesso il bisogno di prendere aria e staccare la spina.
Mi alzo dal divano, la pigrizia sta lottando con tutte le sue forze per far si che il mio culo rimanga incollato in questa oasi della comodità, ma una volta in piedi mi sgranchisco vari parti del corpo sentendole fameliche di attività fisica.
Verrà mai quella ragazza al pub stasera?

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