Capitolo 26: Solo un ereditiera

382 19 0
                                    

Mi sento una stronza se non peggio. Sapevo che dal momento in cui mia madre avrebbe risposto alla telefonata la mia vita a Los Angeles sarebbe terminata.
Ma come potevo continuare a fingere davanti a una situazione del genere? Le bugie hanno le gambe corte, anche se di bugie non ne ho dette; forse in parte, ho comunque omesso particolari importanti della mia vita alla persona più importante per me in quel momento.
Come avrei giustificato un domani se la mia famiglia avesse concluso l'affare con i Rodriguez e questi si sarebbero trovati su una strada?
La telefonata con mia mamma è stata del tutto formale: al contrario della mamma di Keyline, non c'è nessuna conversazione amorevole, arriviamo sempre dritte al punto. Faccio un grosso respiro, in quei secondi di attesa che potrebbero determinare il mio futuro.
« Samantha?» domanda sicura, in quel solo e unico numero che potrebbe apparire sconosciuto.
« Ciao mamma.» ghigno nervosa
« Era ora che ti degnassi di una telefonata.»
Mi passo la mani tra capelli, mi guardo per essere sicura di essere ancora da sola:
« Da quando papà è interessato a vecchie fattorie in Arizona?»
La sento ridere compiaciuta di aver affondato la prima lama.
« Basta veramente così poco per farti retrocedere?» mi chiede « Da quando sua figlia ha deciso di andare contro alla buona educazione!»
« Non mi sembra di essere in galera.»
« Samantha basta giocare! Ho sopportato anche troppo. Ti togli dall'università, decidi di punto in bianco di trasferirti a Los Angeles! Giochi a fare la cameriera, e che il buon Dio continui a tenerti nascosta, o sai che scandalo?»
« Troveresti scandaloso vivere una vita comune?» sorrido « Dio è pagato e non poco. Per tenermi nascosta.» mi guardo nuovamente « Rispondi! Cosa vuole papà dai Rodriguez?!»
« Che tu metta fine anche a questa scenetta con quella donna.»
« Sennò?»
« Sarebbe un peccato che la sua famiglia veda quella bella proprietà diventare un centro commerciale!» ribatte sicura « Hanno bisogno di soldi, e molti! Gli facciamo solo un piacere.»
« Dio santo! Arriverete a tanto? Loro non c'entrano nulla, e non potere obbligarmi a tornare!» le urlo « Volete comprare il loro silenzio così?»
Lei rimane zitta. Immaginando che la mia sia una relazione tossica, che rovinerebbe il buon nome e che solo il denaro potrebbe aggiustare questo scandalo.
« Sei una Reynolds hai obblighi e doveri verso questa famiglia! Ti abbiamo lasciato del tempo per... ma che ne so! Fosse stato per me ti avrei prelevata da subito! Invece tuo padre ha voluto darti un ultimo accontentino.»
« Wow! Per la prima volta nella mia vita, sento di dover ringraziare papà per qualcosa allora...! Ma vi siete mai chiesti se sono felice?»
« Dio mio Samantha! Ne discuteremo a casa!» mi urla contenuta « Tra poco arriverà un auto a prenderti...vedi di salirci!»
« Come tra poco? Incredibile! Sapete dove sono? Mi avete fatto pedinare?!»
« Ti reputo troppo intelligente, per fingerti ingenua come lo sei ora! Sei la figlia di Walter Reynolds, non crederai mica che ti avremo lasciato passeggiare per le strade senza protezione?!»
Riaggancio la telefonata. Gli butto giù di netto, prima che percepisca che stavo per mettermi a piangere.
Potevo immaginare che i miei sarebbero arrivati a tanto, ma non così tanto da farmi seguire in ogni mio spostamento: se ci penso è da quando sono nata che loro hanno il controllo sul dove vada e sul chi frequento. Dalle tate, all' assistente che mi seguiva e mi portava ovunque andassi in caso avrei avuto bisogno. Indirettamente, i miei sapevano tutto su di me, e del mondo che mi circondava, tappandomi mia insaputa la libertà.
Ho cercato di ricompormi in velocità, ma da quel momento in poi, la situazione mi è precipitata tra le mani.
Sono stata una stronza, maleducata e vigliacca. Ho lasciato Keyline da sola, senza spiegazioni sensate, in due occasioni diverse: ma non mi immaginavo che mi seguisse fino a Los Angeles.
Un po 'ci speravo: ho lasciato lo zainetto con i miei documenti, appositamente perchè guardasse. Quella bugia mi costava così tanto da ammettere, che a danno fatto, ho ritenuto più sensato usare un via di fuga infantile che ammettere faccia a faccia il mio errore.
Sono stata una Reynolds a tutti gli effetti: fredda e vuota; lei non lo meritava quella parte di me. Mi rendo conto che sono capace solo di scappare quando si tratta di non sapere gestire le mie emozioni, ma in questo caso la paura che a lei e alla sua famiglia succedesse qualcosa ha preso il sopravvento. Avrei voluto baciarla, abbracciarla e dirle che per me è stata la persona più reale e pura che io abbia conosciuto: avrei voluto rassicurarla, dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma sarebbe stata per entrambe, l'ennesima bugia che ci avrebbe illuso.
Gli ho già mentito abbastanza, averla trattata come l'ho trattata forse, aiuterà entrambe ad andare avanti: è finita e non si torna indietro.
Il mio mondo non accetterà mai una relazione con una donna, anzi i miei genitori, non lo approverebbero, e si sono espressi molto chiaramente. Se qualcuno deve soffrire quindi, è bene sia io: e mi auguro che Keyline capisca.
Non li odio, per avermi incastrata così: li odio per non avere capito il senso della mia fuga, da quel maledetto mondo troppo impiccione e ostile.
Ho pianto. Per la prima volta, in ambito amoroso credo.
I miei occhi ormai, non hanno più lacrime, credo di aver esaurito anche la scorta: bagnata ancora per la pioggia, resto in silenzio, mentre seduta nel retro dell'auto guardo fuori dal finestrino sentendomi come una criminale che è stata da poco arrestata. Quel nuovo bodyguard di nome Mark, mi informa che a breve un jet privato atterrerà all'aeroporto: la sua voce è come eco che naviga senza meta, la sento ma non ci bado; rimaniamo in macchina in attesa, mentre la pioggia cade prepotente sulla vettura, la stessa pioggia che portò Keyline a rubarmi il taxi: che sia un amara coincidenza?
Scendo ancora senza ombrello, sebbene Mark cerchi di coprirmi, mi volto a guardare quel pezzetto di Los Angeles. Ora di lei mi manca tutto. Mi rendo conto di quanto quella donna mi abbia rivoluzionato la vita, e di come i miei sentimenti per lei, alla fine, sono riusciti a tirare fuori qualcosa di buono. Ma perchè sono convinta che chiudere di netto senza tante spiegazioni, renda più semplice l'addio?
« Desidera darsi una sciacquata e cambiarsi signorina Reynolds?!» Mi invita Mark una volta a bordo.
« Samantha! Mi chiamo Samantha!» Gli rispondo a tono, sebbene lui non centri nulla,
ed esegua solo gli ordini di chi lo paga.
« Abbiamo sei ore di volo, restare bagnata per tutto questo tempo non penso sia ottimale.»
Mi porge un asciugamano e abiti puliti ( non mi ero nemmeno accorta che avesse frugato tra le mie valigie), il suo tono continua ad essere gentile malgrado, io continui ad ignorarlo. Arreso davanti alla mia indifferenza, me lo lascia sul tavolo.
« Va bene.» arreso « Lo appoggio. Quando, e se, vorrà darsi una ripulita, basta che mi informi... sono a sua disposizione.»
Vorrei ringraziarlo, ma pensa forse che non sono in grado di aprirmi un lavandino?
Non lo guardo nemmeno, continuo ad osservare la pioggia fuori dal finestrino mentre l'aereo decolla.
Effettivamente cinque ore di viaggio restando umida, per quanto provi a fare la dura, non mi pare il caso. Mi alzo, guardo il telefono.

Teach me to stay 🌈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora