Faccio un enorme sospiro. Non ho in mente nessun piano, nessuna fuga: mi lascerò semplicemente andare dalle mie emozioni, dai sentimenti che ho provato in tutti questi anni, ma sempre taciuti.
Come starà Keyline? Continuo a chiedermelo, e non riesco a togliermi il pensiero di lei in lacrime per colpa mia.
Ipotizzando in un mio ritorno a Los Angeles, non credo che riuscirei ad avere il coraggio di farmi vedere nuovamente da lei. E non per il timore che il mio mondo potrebbe scovarla e spezzarla: ma per il senso di imbarazzo che provo per essermi comportata da vera deficiente.
Spero che il destino mi venga incontro, e faccia in modo che per quanto possa essere grande Los Angeles, permetta ad entrambe di non incrociare le rispettive strade; o non so come reagirei. Ho voglia di lei e non lo nego, e questo vuoto che provo spero di soffocarlo il prima possibile, perchè è un sentimento logorante che supplica alla mia mente e al mio cuore di riprovare nuovamente quella frenesia e gioia che avevo ogni qualvolta che stavo con lei.
Mi alzo dal letto, star sdraiata mi ha aiutato solo in parte a far passare la sbornia: avrei bisogno di qualche ora di sonno, ma il tempo non lo permetterebbe, anzi mia madre non me lo permetterebbe.
Mi guardo attorno, sono ancora in accappatoio: non mi ricordavo di quanto grande fosse la mia stanza dentro questa casa, azzarderei dire che sia anche più grande del mio appartamento. Ma di cosa me ne facevo di uno spazio così enorme solo per dormirci?
Se non ricordo male i miei genitori sono soliti a dare una festa per anticipare il Natale: inviti stretti, tra amici e parenti, imprenditori e qualche star del cinema. Una di quelle sere, dove si sfoderano i gioielli più costosi e gli abiti da sera più eleganti: e a parte la mia famiglia, gli invitati tra loro cercando di far vedere chi è il più ricco. Adiacente alla mia stanza, ho la cabina armadio altrettanto grande quanto il mio appartamento a LA: ci sono ancora tutti i miei abiti, scarpe, e la cassaforte con dentro gli ori; c'è molto da poter indossare, ma niente che possa far conoscere ai nostri invitati la nuova Samantha.
Normalmente a questi avvenimenti indossavo qualcosa di lungo, raccoglievo i capelli con qualche acconciatura particolare e aspettavo che tutti se ne andassero a casa. Ogni anno un vestito diverso, una postura uguale e molti drink da bere.
Guardo l'ora: ho ancora tempo, prima che gli invitati iniziano ad arrivare. Afferro il primo indumento comodo, prendo quel l'aspirina e mi dirigo verso la porta con l'idea di andare nel mio appartamento. Nascondermi li, riposare, e vedere se trovo qualche vestito che mi aggrada:
« Signorina Rey...Samantha!» Mark scatta non appena mi vede, in compagnia di un altro bodyguard dall'espressione meno inesperta, giacevano fuori dalla mia porta come due guardie carcerarie, bloccandomi nettamente la via d'uscita.
« Paura di essere licenziato ah! Cosa vuoi?» La domanda mi esce innocentemente.
« Cosa voglio io? Cosa vuole lei...Ha bisogno di qualcosa?»
La sua domanda però mi pare alquanto bizzarra.
« Sei tu quello davanti alla mia porta...» gli faccio notare.
« Sua madre ci ha chiesto di stare qua, a sorvegliarla: nel caso avesse bisogno.»
« Ho due gambe e due braccia ben funzionanti! La testa insomma, ma confido che l'aspirina non ci impieghi molto a fare il suo lavoro. Ora se non ti dispiace... dovrei passare.» cerco gentilmente di fargli capire che si deve leggermente spostare per farmi uscire, ma lui rimane fermo come un soldato.
« Ecco vede...» imbarazzato e notevole a disagio « Non possiamo farla uscire dalla camera.»
« Come prego?!» esclamo allucinata.
« Sua madre è stata abbastanza severa riguardo quest'ordine, ha detto che qualsiasi cosa le serva basta che chieda: che si faccia passare la sbornia e che riposi.» ci prova a darmi quella spiegazione, che a quanto pare, mette a disagio anche l'altro collega.
« Mi stai trattando da carcerata?!» poi guardo quell'altro uomo, di colore, troppo forzuto per tentare anche solo lontanamente di provare ad oppormi « Lo sai, che non ne ha il diritto.»
« È un ordine.» mi gela « Se vuole spostarsi, la seguiamo.»
Mark cerca ancora di essere gentile, mi guarda implorandomi di ascoltarli e sebbene si noti dal sudore in fronte che questa circostanza lo stia mettendo un po 'a disagio, non demordo.
« Non ci posso credere!» mi passo la mano per i capelli, sento la rabbia salire « Sono prigioniera in casa mia? Mia madre teme forse in una seconda fuga?»
« Mi dispiace...» farfuglia.
Non voglio mettere quel poveretto nei guai, sbuffo, sono pienamente sicura che non potrebbe chiudermi ma voglio stare al gioco. Mi limito a ringraziare, chiedendogli solo se gentilmente uno dei due, potrebbe andare nel mio appartamento al piano sotto e farmi recapitare un vestito.
Gli spiego dove trovarlo e quale prendere: lo avevo acquistato in un negozio "normale", con nessuna etichetta che richiama la firma di un capo di marca; mi piaceva e basta, al modico prezzo di venti dollari. Ma non avendo però mai avuto l'occasione di poterlo mettere, sono quasi certa che per stasera, sia la serata ottimale per il suo debutto in società.
In ansia con una sbornia quasi passata: cammino avanti e indietro, mentre aspetto che Mark arrivi con il mio vestito. Come previsto, Penelope, ha delegato parrucchiera, truccatrice, stilista e chiunque altro stia stato delegato per sistemarmi ma educatamente rispedito indietro. Non ho permesso a nessuno di entrare, dato che tanto meno io posso uscire.
Il vestito per l'occasione è un semplice abito corto in chiffon con manica lunga di color verde smeraldo: il collo a V mette in risalto il seno, il tessuto si stringe di più sui fianchi, lasciando poi la gonna con volant ( veramente corta) cadere morbida sulle cosce. Decido di abbinarci una semplice catenina in oro che cade a ciondolo nel petto e un paio di tacchi di altrettanto colore non troppo alti ma comodi in modo da evitarmi successivi dolori ai piedi. O una fuga improvvisa. Decido di restare semplice nel trucco e nell'acconciatura, lasciandomi al più naturale possibile.
Sono pronta.
Ma come ogni persona che si rispetti, ho intenzione di farmi attendere: iniziando così una dignitosa sfilata di domestici e inservienti, compreso Mark, che puntualmente venivano a bussare, avvisando che la festa era iniziata e che i miei richiedono la mia presenza.
Tutto ora ha una logica: dai miei genitori che sono andati a raccontare della mia assenza per studi, alla loro insistenza obbligatoria nel farmi tornare così da uscirne puliti di fronte alla mia assenza, e a questa festa.
Che figura avrebbero fatto, se non mi fossi presentata alla tradizionale festa di Natale?
La gente chiacchiera molto, soprattutto se sei membro di una famiglia importante come la nostra.
Sono pronta.
Sento Mark bussare per l' ennesima volta:
« La prego signorina Samantha...apra!» la sua voce sembra esausta. Apro la porta nell'istante che lui concluse la frase e la sua reazione mi fa capire che devo aver scelto l'abito giusto. Indietreggia meravigliato, lasciandomi ascoltare quella musica soft, provenire dalla sala accanto alla terrazza. Cammino con lui che mi scorta come un cagnolino ammaestrato mentre il brusio di gente nel sottofondo che chiacchiera è sempre più vicino.
Sono pronta.
Ho il cuore che batte forte, sento un mix di emozioni contrastanti: faccio un grande sospiro e faccio la mia entrata. Gli invitati si voltano tutti, facendo calare un leggero silenzio che per qualche istante mi fa venire la pelle d'oca: continuo a camminare dritta, altezzosa, cercando di essere più indifferente possibile di fronte a quegli sguardi che scrutato meravigliati, mentre mi dirigo dritta da mia mamma e il suo gruppetto di signore.
« Mamma...» esclamo cercando di recitare un tono pacato. Lei non riesce nemmeno a fingere di guardarmi dalla testa ai piedi, si guarda poi attorno ritrovandosi a sua volta al centro dell'attenzione.
« Era ora che arrivassi.»
Sorride tirata alle sue amiche, che ci fissano e mi sorridono cercando di capire a quale stilista ho rubato l'abito. Ma lei, sicura che ho rifiutato ogni tentativo di monopolizzarmi, impotente di poter esprime realmente ciò che pensa, fa cenno ad un cameriere di fargli recapitare un bicchiere di vino. Ne prendo uno anch'io, ed inizio a mio malgrado a bere sebbene il primo sorso mi faccia ritornare la nausea.
« Non credi di aver già bevuto abbastanza?!» Mi rimprovera nelle orecchie.
« Non è mai abbastanza per stare in mezzo a questa merda.»
« Modera i toni Samantha!» più dritta, questa volta non riesce a non farsi notare.
« Sennò che fai? Mi chiudi in camera?!» Alzo il tono tanto da farmi sentire pure io, e come sono entrata fingendo indifferenza, la lascio per andare a prendere una boccata d'aria. La cena, stranamente al buffet, non mi costringe a sedermi al tavolo con gente che ormai reputo estranea.
Poi lo vedo: Walter Reynolds.
Lui e il suo gruppo di leccapiedi, che lo circonda perennemente, guardano nella mia direzione: alzo il calice e cenno un saluto, mentre mi incammino verso la terrazza ignorandoli.
La nausea inizia a darmi fastidio, e non per colpa del vino.
Mi rendo conto che non voglio restarci un minuto di più, e restituendo il bicchiere ancora pieno al primo cameriere che passa, cerco di capire come uscirne il prima possibile.
« Ciao Samantha.»
Mi volto di scatto « Cazzo.» sbuffo davanti all'ultima persona che avrei voluto affrontare questa sera: Josh.
Tirato con lo smoking nero, visibilmente dimagrito rispetto all'ultima volta che l'avevo visto ( cioè quando l'ho lasciato), sembra anche poco curato: la barba allungata, un po trasandata e i capelli spettinati. « Dio come ti sei conciato.» lo guardo dalla testa ai piedi.
Lui si guarda « Non volevo venire.»
« Strano...» illudendo a una scusa.
« Pensavo non ci fossi.» mi risponde sorpreso, al contrario di vedermi.
« Pensavo anch'io di non esserci, ma no! Non sia mai che i miei genitori mi facciano saltare una loro festa.» esulto fastidiosa.
Resto a fissarlo, contro di lui non ho nulla, ma son quasi certa che il suo invito a questa festa non sia casuale. Gelo mia madre, non appena i nostri sguardi si incrociano e lei compiaciuta di avermi incastrato con il mio ex, prosegue a bere il suo calice mentre spettegola.
« Ma non è il momento ora Josh... Non ho voglia di chiacchierare. Stavo pensando di andarmene.»
Lui sorride, si infila le mani in tasca:
« Perchè quello sei in grado di fare meglio. Andartene!» anche lui mi gela con l'unico aggettivo che più mi si addice.
Son consapevole che la nostra rottura non sia stata affatto semplice da accettare da parte sua, ma di tutta questa faccenda ciò che più mi colpisce di più, è come la sua affermazione sia dannatamente vera.
« Non ero più innamorata.» e glie lo dico così, tranquillamente, tanto da stupirmi di me stessa « Niente di personale.»
« Sei sincera?! Ti sei isolata da sola. Sei diventata strana, come pensi possa reagire la gente?! Volevo venire sai... a Los Angeles.»
« Per fortuna allora non ti sei ascoltato. Chi ha fatto da spia?» tornando a guardare mia madre.
Anche lui devia lo sguardo. Sospira.
« Non sarebbe servito a nulla.» esclama « Convincerti a tornare.»
« No!» lo esterno sicura.
« Guardati...sei bellissima Sam! Tu forse, non eri più innamorata di me ma lo sei stata! Io lo sono sempre stato...! Non credo che i tuoi sentimenti sono morti così di colpo... Mi hai lasciato un vuoto sai, sei sparita senza pensare ai miei sentimenti...» la sua voce sembra un nastro registrato, lo resto ad ascoltare mentre tenta di emozionarmi ricordano aneddoti romantici della nostra storia: vorrà impressionarmi, vorrà tentare una scalata sugli specchi ma la cosa anziché attaccare mi innervosisce è basta; soprattutto quando inizia a ricordarmi quanto i miei genitori apprezzavano la nostra storia. Mi racconta anche di come loro, hanno cercato di tranquillizzarlo dicendogli che evidentemente stavo affrontando un momento di ribellione, e che a breve sarei tornata.
« Mi sono innamorata Josh.» lo blocco « A Los Angeles.» mettendolo a tacere immediatamente. Lui mi guarda impietrito:
« Chi è questo lui.» con tono infastidito, quasi convito che io abbia trovato rimedio a qualche altro imprenditore o star del cinema.
« Lei...» lo dico convinta e lo resto a fissare « Lei chi è...!» lo ripeto nuovamente davanti a quella faccia incredula
« Una donna?!» mettendosi quasi a ridere.
« Una donna! Una donna bellissima, dolce, solare... un po tra le nuvole, ma comunque sempre una persona che ha solo il meglio da offrire.» la descrivo « Ora se non ti dispiace...» mi congedo da sola, e lo lascio lì in piedi. Onestamente a lui non devo nessuna spiegazione, pensandoci non la devo a nessuno dei presenti, ma voglio mettere a tacere i miei una volta per tutte.
Li vedo sorridere e parlare, guardarmi e ritornare a ignorarmi: d'altronde a loro importava solo la mia presenza fisica per non fare brutta figura davanti agli invitati. Mi faccio coraggio e prendo un altro bicchiere di champagne, bevendolo di netto.
Sono pronta. Mi serve solo qualcosa per attirare l'attenzione: un cucchiaio, che con tre colpi semplici nel bicchiere, malgrado la confusione, attira tutti gli sguardo nella mia direzione. gli sguardi su di me non erano cessati.
Guardo nuovamente Walter e Penelope, vicini, forse troppo, per fingere che siamo sposati e innamorati: ma sicuramente entrambi visibilmente preoccupati e forse nervosi.
« Grazie a tutti per l'attenzione!» Sono in piedi in mezzo a quella folla composta da parenti visti solo in queste circostanze e facce che forse ho visto di rado o forse no « Volevo ringraziare tutti voi per essere venuti qui stasera!» faccio un respiro, mi sento rilassata per quanto la tensione sia a mille, un piccolo applauso mi incita però a proseguire « In particolare... vorrei ringraziare i miei genitori per avermi obbligatoriamente invitata.» alzo il calice verso la loro direzione « Vedete non è facile essere genitori, ma non è altrettanto facile essere una figlia che deve sempre rispecchiare le esigenze della propria famiglia. Ora ignoro di preciso cosa vi sia stato raccontato riguardo alla mia assenza di questi mesi... ma volevo ringraziare i miei per non aver capito un cazzo! Per non permettermi di vivere in pace, e avermi obbligata ad abbandonare l'unica persona che veramente mi abbia amato e capito fino ad ora. Non vi odio sappiatelo, e anzi brindo alla vostra continua incapacità di capire che oltre al denaro c'è molto di più e che i figli non si comprano: l' affetto non si compra e non si comanda!» alzo il calice, lo appoggio « Ora se mi scusate vorrei potermi intrattenere ancora con voi ma voglio tornare a casa mia, al mio lavoro da cameriera e alla mia vita... prima che mia madre decida di rendere ufficiale il mio ricovero in qualche centro di salute mentale.»
Faccio la mia uscita da quella stanza a testa alta, con l'eleganza di una persona che ha appena vinto tutto.
« Bel discorso!»
Mi volto di scatto e non mi ero nemmeno accorta della presenza di mia nonna nell'angolo in procinto di entrare: l'unica credo che in questa famiglia abbia provato qualcosa per me. Gli vado incontro e l'abbraccio, ho gli occhi lucidi e comincio a sentire l'adrenalina che avevo in corpo svanire.
« Una Reynolds non piange! Non dopo un discorso del genere!» Mi porge un fazzoletto da quella sua pochette orata: campionessa di stile, mia nonna sembra la Regina Elisabetta di New York.
« Una Reynolds non fa tantissima cose.» mi ricompongo « Non ti ho visto, da quanto sei arrivata?»
« Giusto in tempo per vedere il tuo monologo. Sai i potenti si fanno attendere...Stai bene?»
« Mi odieranno...» commento guardando in direzione della porta ormai chiusa.
« Come si fa odiare una ragazza così bella e intelligente come te! Mio figlio se la farà passare.»
« Lo sai, non è vero?»
« Che sei scappata a Los Angeles?»
La guardo da sott'occhio, sorrido, stranamente non mi prende di petto. « O della tua nuova... esperienza?»
« La chiami esperienza? Sono già andata oltre, a una semplice esperienza! Ma va bene così. Ho scelto, e ne pagherò le conseguenze.»
« Ma quali conseguenze! Walter ha bisogno di te. Sei l'unica figlia che ha, e fidati è ben consapevole delle tue capacitá! Lo rendi orgoglioso. È solo... duro come suo padre.»
La guardo e rimango in silenzio, non convinta delle parole che mi sta dicendo « Bambina...fai parte di questa famiglia che a te piaccia oppure no. Non porti la corona e quindi potresti pensare che non hai obblighi verso di noi, ma è come se ce la avessi.»
Mi asciugo le lacrime e continuo a rimanere in silenzio « Voglio solo poter scegliere.»
« Assomigli a tuo padre più di quello che immagini, anche lui a suo tempo c'è ne fece passare di cotte e di crude! Fa solo finta di non ricordarselo. Ora vai, a lui ci penso io.»
« Sicura?»
« Non vorrai mica tornare dentro?! Su i tacchi e la testa alta! Sei una Reynolds dannazione! Sì fiera! C è gente li fuori che ucciderebbe per essere al tuo posto!»
In quel momento la porta si apre e mio padre con le mani in tasca e testa bassa, visibilmente nervoso fa un sobbalzo non appena ci vede. Anche lui minuto di aspetto, ha sempre tenuto la barba curata e i capelli corti, ma sembra più invecchiato del solito ed estrae dalla tasca un sigaro che nervosamente fa ballare tra le dita.
« Era necessario?» Mi chiede con freddezza.
« Lo era!»
Lui sospira e si passa la mano tra i capelli, guarda sua madre e si sente come obbligato a trattenersi, lei fa altrettanto come se aspettasse qualsiasi frase da potergli controbattere. Maneggia quel sigaro così nervosamente che sembra intenzionato nel provare a romperlo con le dita.
« Cristo Samantha! Davanti a tutti?!»
« Siamo bravi a insabbiare... è casa nostra, sarebbe stato peggio se lo avessi fatto ad un evento mondano.»
« Allora cosa vuoi? Dimmi su...vuoi tornare a Los Angeles? Vuoi scoparti chi ti pare?!»
Mi metto una mano sulla fronte, non ho la febbre, eppure mi sento come se ce l'avessi.
« Non voglio niente papà, solo che mi lasciate vivere!»
« Con tutto quello che ti abbiamo dato... è così che ci ripaghi? Mettendomi in imbarazzo?»
« Più di far chiudere la proprio figlia in un centro di salute mentale?!» ribatto. « Per niente! Perchè non sono in galera, non sto commettendo nessun sgarro alle leggi.»
« Ora non farla più drammatica di quello che è! Centro di salute mentale?!» Esclama mia nonna.
« Mamma tu stanne fuori! E una questione tra me e Samantha!»
La rabbia mi sale nuovamente. Ringrazio mia nonna e le restituisco il fazzoletto, l'abbraccio e gli prometto che mi farò sentire per sapere come sta.
Giro le spalle a mio padre ed inizio a camminare, non ho voglia di dargli spiegazioni inutili:
« Samantha Reynolds dannazione! Fermati o giuro su Dio...!» Mi urla facendomi bloccare di netto
« Giuri su Dio in cosa?! Che distruggerai una famiglia per bene per costruire un centro commerciale? Dimmi papà! Giuri su Dio in che cosa?»
Il suo respiro si fa affannoso, ci guardiamo e a stento cerco di trattenere le lacrime. Walter si passa una mano tra i capelli, controlla l'ora sul suo orologio in oro e sospira raddrizzandosi, mettendo le mani in tasca.
« Rinunceresti a tutto per una donna?» Sibila
« Ho rinunciato a tutto molto prima di averla conosciuta!» esclamo liberando quel peso che stava nel petto.
« Finisce così?! Sei mia figlia. La mia unica figlia.»
« Eppure non ti ha fermato a chiederti se l'errore, sono solo io.»
« Vuoi la libertà?»
« Cazzo si!»
« Finisci la scuola. Concludi gli studi, come compromesso?» Mi urla lievemente arreso di fronte alla situazione. Rimango a guardarlo cercando di capire cosa realmente vuole dirmi:
« Diventa avvocato. È una tradizione, almeno rendila finita con te. Sei brava e hai ottimi voti. Accontentami solo in questo e ti lascerò stare»
« E dopo?»
« Terremo questa discussione aperta.»
Mi guarda prima di abbassare la testa e aprire la porta a mia nonna che mi strizza l'occhio.
Solo libera.
Il passo è deciso, chiamo Mark e lo avviso che voglio un aereo pronto e una macchina che mi venga a prendere. Torno nella mia stanza, prendo lo zainetto e mi cambio.
Respiro quest'aria nuova. E ora? cosa farò quando tornerò a Los Angeles? Vorrei poterla vedere, ma ho bisogno di tempo: di tempo per essere sicura di non combinare altri danni.
Accetterò le conseguenze delle mie azioni, e se lei non vorrà più fidarsi di me ha tutte le ragioni per rifiutarmi. Per ora mi concentrerò a tornare per riordinare le idee: perchè ora come ora, mi vergogno troppo per averla abbandonata in mezzo alla strada.
Ho paura di perderla del tutto.
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Teach me to stay 🌈
RomanceUn'ironica coincidenza dà inizio ad un sentimento nuovo e mai provato prima, un sentimento che stravolge, che pone la vita di fronte a infiniti dubbi e alla propria verità. Ed che così che senza preavviso, ma in un modo naturale e passionale, viene...