Ero così presa dai suoi baci e dai suoi abbracci, che non appena la sua bocca fu lontana dalla mia, mi resi conto che mi aveva messo sulle spalle il plaid che ci eravamo portati. Il vento aveva ripreso a soffiare, i nostri capelli svolazzavano, e io non ero ancora riuscita a parlare. Non appena eravamo scesi, dopo avermi detto quelle quattro paroline magiche, avevamo iniziato a baciarci, ad accarezzarci. Mi sussurrava parole dolci, mi abbracciava ogni volta che il vento si faceva più forte, e continuava a guardarmi dritto negli occhi, come a volermi far capire che non sarebbe scappato via. Ed era quello che aveva fatto: non mi aveva lasciata sola nemmeno un minuto senza chiedermi alcuna spiegazione. Accettavo il fatto di volerlo lontano, ma di averlo perennemente vicino. Accettavo il fatto che Dio lo avesse messo sul mio stesso cammino, anche se lui era quello che era: con quel caratteraccio, con le sue lune storte, con i suoi ordini, con i suoi sorrisi rari, con il suo tono di voce alto... forse mi stava conquistando. Volevo vivere il presente e dimenticare il mio passato. Per un solo momento, volevo cercare di non pensare, e mi riusciva solo quando Dylan mi stringeva a sé.
«Ehi ti prego, di qualcosa.» mi supplicò Dylan prendendomi il viso tra le mani.
«Grazie.» sussurrai.
«Ah, ma allora la tua lingua è viva!» si mise a ridere. «Pensavo proprio che questa volta te l'avessi mangiata davvero!»
«Scemo.» alzai gli occhi al cielo.
«Ascoltami piccola,» disse mettendomi una mano sotto il mento, «non sei costretta a parlarne, so cosa significa non voler... beh, non sei obbligata a fare niente, d'accordo?»
Sapevo che stava nascondendo qualcosa. Ne avevo avuto la conferma centinaia di volte, ma non facevo altro che ripetermi che non ero in grado di poterlo aiutare.
In tutta risposta annuii, e lo baciai dolcemente sulla punta del naso e feci per allontanarmi, ma lui me lo impedì.
«Non mi basta.» sussurrò attirandomi a sé e facendo incontrare le sue labbra con le mie. Non ne avevo mai abbastanza di quel contatto magico. Volevo di più. Volevo lui con me, su di me. Volevo sentirlo più vicino. La presa sui miei fianchi aumentò, e gemetti sulla sua bocca. Lui mi morse il labbro inferiore e il mio corpo sembrò sul punto di esplodere. Le sue mani passarono dietro le mie cosce, sotto il sedere, e mi sollevò. Istintivamente gli legai le gambe attorno alla vita, e lui iniziò a camminare senza interrompere il bacio, fino a quando mi trovai con la schiena contro un albero. Tutto d'un tratto si staccò, come se quel contatto lo avesse scottato. Aveva i capelli scompigliati ancora più di prima, e la sua maglia era tutta stropicciata. Rimasi ancora in braccio, con le gambe attorno a lui, e il suo sguardo vagò dal mio viso ai nostri corpi. Forse era pentito e magari stava già pensando ad una scusa che giustificasse l'accaduto. Ma a dispetto di quello che avevo immaginato, sulle sue labbra perfette si fece spazio un sorriso radioso e sincero.
«Sei una bomba, piccola Jane. Mi hai stupito.» mi morse il labbro inferiore, e io gemetti. Non poteva farmi quell'effetto, santo cielo. Mi sentivo legata a lui da un qualcosa di unico e di troppo forte per resistergli. Era come se fossimo state due calamite, ma in confronto, l'attrazione che provavo verso di lui era molto, ma molto più forte e pericolosa di quella fra due semplici calamite.
«Anche tu non sei male.» sdrammatizzai una volta che lasciò libero il mio povero labbro.
Alzò il sopracciglio destro e scoppiò a ridere. In quell'esatto momento, insieme alla sua risata, scoppiò anche una scintilla dentro di me. Mi accorsi di quanto fosse bello e fragile. Mi resi conto di quanto quel suo malumore somigliasse al mio, e di quanto in realtà fossimo simili. Mi resi conto, che non potevo più negarlo: Dylan mi piaceva. Non era amore, e forse non era nemmeno attrazione fisica... era semplicemente uno strano bisogno di lui, di quella familiarità che mi trasmetteva. Avevo bisogno di una famiglia, di qualcuno su cui poter contare, ma non potevo averla, non potevo contare su nessuno, se non sulle mie uniche forze, e sentivo che Dylan mi capiva. Sentivo che Dylan aveva il cuore fasciato, esattamente come il mio.
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Never let me go.
RomanceA diciannove anni, Jane Mason era riuscita a mandare a monte la sua vita, lasciandosi andare ad un destino che non le toccava. Orgogliosa, sensibile e tremendamente testarda, non si faceva abbattere da nessuno, tanto meno da un tipo qualunque, conos...