Capitolo 19.

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Trattenni il fiato a quelle parole e la testa iniziò a girarmi vorticosamente.

Io mi fido di Dylan. So che lui non mi farebbe mai del male. Lo so. Lo conosco. E' pur sempre il mio Dylan.

«Sei pronta?»

«Toglimi questa benda, Dylan.» ringhiai.

Come se stesse andando a rallentatore, la benda scivolò via, e rimasi senza parole. Non potevano esserci parole per descrivere il mio stato d'animo in quel momento. Come se avessi avuto un flashback, rividi me e mio padre, in quel Museo.

«E quello a cosa serve?» domandai incuriosita da tutto ciò che mi circondava.

«Quello è il fischio, ed era il segnale per far sapere alle persone che la locomotiva stava arrivando.» mi sorrise dolcemente mio papà.

«E invece quello? A cosa serve quello, papà?»

«Quello si chiama corrimano, e serviva al personale che si metteva lì quando la locomotiva partiva.»

«Ma non possiamo salirci? Voglio guidare la locomotiva, papà!»

«Oh Babbi, magari un'altra volta, vuoi? Adesso voglio portarti a vedere il resto del Museo, non sai quante cose belle ci sono.»

Io annuii, e, mano per mano con mio papà, ci avviammo verso il resto del Museo.

Ero felice, soddisfatta e sempre più curiosa. Il mio papà sapeva tutto, ma proprio tutto sulle locomotive. Ero molto fiera di lui, ero felice di averlo accanto, con lui mi sentivo sempre nel posto giusto.

Locomotive. L'edificio era stracolmo di vecchie locomotive dell'800.

Non piansi. Non risi. E tantomeno non scappai.

«Oh mio Dio, Dylan. Grazie, grazie, grazie!» gli buttai le braccia al collo, e lo baciai. Inizialmente si irrigidì, ma poi ricambiò il bacio stringendomi, e cingendomi la vita con le sue braccia forti. Anche in quel momento, stranamente, mi sentii nel posto giusto.

«Wow. Mi sarei aspettato di tutto, ma non questo.» sorrise.

«Vorresti un pugno, per caso?»

Lui sorrise malizioso. «Se proprio vuoi...»

«Scemo.» alzai gli occhi al cielo.

«Andiamo?» sorrise.

Mano per mano, esattamente come me e il mio papà, ci avviammo al centro del Museo, per ammirare ogni singola locomotiva. Alcune erano segnate dal tempo più di altre, con la vernice un po' rovinata, e alcuni segni sulla banchina.

In quel Museo c'era una ricostruzione storica di com'era la società di quell'epoca. Erano rappresentate donne, uomini, bambini e anziani.

Dylan mi portò a vedere ogni singola locomotiva, mi fotografò su una delle più vecchie, e poi ci facemmo fotografare insieme, imitando il personale che stava sul corrimano. Sorridevamo, ridevamo come pazzi e mi viziò come una bambina.

Poi mi porto in una camera con alcune persone, in cui c'era un ufficiale attorno ad una ricostruzione di una vecchia ferrovia inglese. C'erano delle minuscole locomotive in legno, così come la ferrovia, dei piccoli segnali, le rotaie e delle panchine. Era studiato tutti nei minimi dettagli, e quella piccola riproduzione ferroviaria mi fece riaffiorare altri ricordi, che cercai con tutta me stessa di scacciare. Non potevo permettermi di ricordarmi quelle cose. Non in quel momento.

Ero felice, Dylan era con me, e mi stava regalando nuovi inizi, nuovi ricordi, nuove esperienze. Il passato, seppure sarebbe sempre stato una parte di me, avrei dovuto metterlo da parte, per permettermi di costruire un futuro migliore. Un futuro in cui il passato non avrebbe mai fatto la sua comparsa in modo sgradevole.

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora