Capitolo 32.

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Jane's pov.

Lo avevo detto. Avevo ammesso chiaramente, e senza mezzi termini a Dylan che aveva distrutto la mia vita. Era stata dura guardarlo negli occhi e dirgli quelle cose, soprattutto dopo aver letto la delusione nei suoi occhi, ma in fondo, anche io meritavo di essere felice. E la mia felicità sarebbe stata di certo lontana dal mondo di Dylan...e di Dave.

«Spero non penserai che io mi arrenda così facilmente, perché ti sbagli riccioli d'oro.» disse con sguardo sicuro.

Ingoiai a fatica. Non era da lui una risposta simile. Non era da Dylan quella sicurezza riguardo i propri sentimenti.

Mi fissò con quello sguardo profondo che solo lui aveva. «Non ti lascerò più andare via da me. Ti insegnerò a lasciarti amare come meriti, sarò sempre il posto in cui potrai rifugiarti, e la meta che vorrai sempre raggiungere a tutti i costi.»

Non poteva dirmi quelle parole. Non poteva far crollare per l'ennesima volta le barriere che mi ero ricostruita. Non poteva arrivare in quel dannato orfanotrofio con quell'aria da bel principe e illudermi di nuovo. Non poteva.

«Autumn, ecco la copertina per Rich.» sorrise Esther entrando nella camera. Per fortuna.

«Grazie piccola.»

Cambiai la copertina di Rich, effettivamente sporca di vomito, e lo cullai, non curandomi degli sguardi di Esther, Annabelle e Dylan. Quella piccola creatura aveva bisogno di amore, così come tutti gli altri bambini che stavano rinchiusi in quel posto orrendo.

«Autumn! E' ora, si inizia!!» gridò una voce in lontananza.

Misi Rich nel suo passeggino, sistemai Annabelle ed Esther, e scendemmo accompagnate da Dylan.

«Dammi il passeggino, ci penso io.» disse Dylan.

Glielo porsi, e vidi con quanta fragilità prese quell'oggetto che conteneva un bambino piccolo e indifeso. Notai che non faceva altro che fissarlo con occhi attenti, come se potesse svanire da un momento all'altro. Lessi quasi dell'amore nel suo sguardo perso verso quella dolce creatura.

Quella sera, tutti i bambini avrebbero fatto una recita e cantato alcune canzoni natalizie per gli ospiti. "Lo spettacolo di Natale" era stato fatto con un leggero ritardo, perché sfortunatamente il direttore diceva che gli ospiti presenti, durante le vacanze, avevano certamente di meglio da fare che stare a guardare degli orfanelli stonati e fuori tempo. E posso ammettere che per trattenermi dal dirgli parole davvero offensive e poco educate, avevo dovuto davvero metterci tutta la mia forza di volontà.

La serata passò in un baleno, i bambini recitarono con armonia, facendo scappare a tutti, o quasi, inevitabili sorrisi.

«Tesori miei, ora è il momento che andiate a nanna. In settimana passerò a trovarvi e giocherò con voi, d'accordo? Siete stati tutti bravissimi, dico sul serio.» sorrisi a ognuno di quei bambini che mi guardavano con aria quasi trasandata. Quella era stata la loro unica distrazione, da quel momento in poi, sarebbero tornati alla loro vita, se così si poteva definire.

Dovevo uscire da lì, o non avrei avuto la forza di guardarli stare in quel modo.
Mi avviai verso l'uscita, incapace di far tacere i miei pensieri.

«E' stato straziante.»

Gridai non appena sentii una voce. Lui sorrise e si avvicinò a me, nonostante io iniziassi ad arretrare.

«Ma che ti prende? Hai intenzione di terrorizzare la gente adesso?!» chiesi con il cuore a mille.

«No, solo a te.» continuò a sorridere. Il solito.

«Beh non è divertente. Affatto.» incrociai le braccia.

«No, hai ragione scusami. Sono stato pessimo. Ma tu ti terrorizzi facilmente.»

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora