Capitolo 11.

20 2 2
                                    

E' risaputo, il risveglio dopo una sbronza colossale non è mai troppo bello, figuriamoci se si pensa agli eventi di una serata andata a rotoli. Non ricordavo molto, ma avevo ben impressa nella mente la frase che aveva rovinato ogni cosa: potrei innamorarmi di te. Ma cosa diavolo mi passava per la testa? E poi, per quale assurdo motivo avevo detto una cosa simile? Non lo pensavo nemmeno. E poi la risposta che mi aveva dato Dylan? Doveva essere un incubo.

Il sole filtrava dalla grande finestra affacciata sul lago, il caldo era odioso e la mia testa pulsava come se ci fossero stati trenta martelli che giocavano a ping pong. Avrei voluto passare tutto il giorno a letto, con un ventilatore puntato dritto in faccia e un buon libro tra le mani, ma i miei bisogni umani (in modo particolare la mia vescica) tarpavano le ali a questo grandioso sogno.

«Aii.» andai a sbattere contro il comodino di lato al mio letto.

«Buongiorno bimba.» sbadigliò Avril uscendo dal bagno. «Come va la tua testolina? Ieri sei caduta un paio di volte.» sorrise dolcemente.

«La mia testolina non c'è più.» mi coricai insieme a lei sul suo letto, in quel momento la mia vescica poteva aspettare. «E la tua, invece? Ieri a furia di sbatterla sui bicipiti di Colton te la sarai rotta di sicuro.»

«Peggio.» sbruffò. «Ho perso totalmente la dignità comportandomi in quel modo. Non è da me, lo sai.»

«Siete una coppia fantastica Av. Siete fatti l'uno per l'altra, lascia stare il resto. Sii te stessa con lui.» avevo gli occhi lucidi. Eravamo cresciute assieme, esattamente come due sorelle. Se avessi avuto bisogno di un trapianto di reni, la donatrice sarebbe stata lei, e viceversa. Cosa c'era di più bello nel sapere che anche se io ero morta, l'altra mia parte, continuava a rimanere viva per me, per darmi forza, per farmi resistere, ma non farmi mollare mai la presa?

«Ma non so quanto dureremo, e questo mi preoccupa molto.» ecco la vecchia Avril. Ansiosa, spaventata e insicura.

«Perché pensi a questo? Perché non pensi invece a goderti quello che siete ora?»

«Oh andiamo Jane,» alzò la voce «non fare la donna vissuta con me. Anche tu hai questi pensieri, esattamente come me. Non puoi dirmi così.» Lo so.

«Una buona amica non dovrebbe incoraggiarti?» le sorrisi.

«Una buona amica sì.» si fermò a pensare. «Ma una sorella deve essere sempre sincera.»

«E lo sono stata. Credo che entrambi dovreste godervi questa storia, e lasciare il resto nelle mani del destino.»

«Ma se questo "noi" dovesse finire...» sospirò, «non saprei come affrontare la sua perdita. Non ci riuscirei.»

«Oh, invece sì. Ci riusciresti perché sei tosta e non ti fai abbattere da niente.»

«Da lui sì. Ho un debole per lui da quando ero piccola.» abbassò la testa, stranamente imbarazzata.

«Non me ne hai mai parlato.» mi accigliai.

«Ci vedevamo solo in estate, non aveva poi molta importanza. O almeno, credevo fosse così.» sospirò.

«Ma ora sì.» dissi al suo posto. «Sei preoccupata per l'università, vero? Rimarrà qui in Inghilterra?»

«Non esattamente.» disse mordicchiandosi un'unghia. Era nervosa.

«D'accordo, non voglio sapere altro, se questo ti turba.» mi alzai per andare in bagno.

«Jane?» mi chiamò. «Ti voglio bene.»

Quando uscii dal bagno ero sola con le mie aspirine sul comodino. Sorrisi a quel dolce pensiero di Av. Vidi il mio cellulare lampeggiare per avvertirmi che la batteria era scarica, e quando mi abbassai per attaccare la spina, vidi un foglio sotto il mio letto. Cos'era, una lettera? Avrei dovuta leggerla? Beh, in fondo era sotto al mio letto, quindi probabilmente ne avevo tutti i diritti.

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora