Capitolo 18.

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Mi sarei potuta aspettare tutto, e dico davvero di tutto, ma non quello. Dylan era vergine. Come me, come il resto dei comuni mortali. A volte arrivavo quasi a pensare che lui fosse una creatura sovrannaturale, e che fosse nato con il fascino e la passione come se fosse stata una dote naturale. E invece tutte le mie aspettative erano crollate, insieme alle mie insicurezze.

Sarebbe stata la prima volta per entrambi. La nostra prima volta, insieme.

Sarebbe stato un passo importante, o solo uno sblocco per entrambi?

No, non avrei permesso ai miei pensieri di importunarmi la mente e farmi spegnere tutte le sensazioni bollenti che stavo provando. Quello sarebbe stato il nostro momento, e né la verginità, e tanto meno le mie insicurezze, avrebbero ostacolato quello che ci legava.

«Non te lo aspettavi, eh?» sorrise Dylan, restituendomi un po' di pace.

«No.» sussurrai. «Ma anche io lo sono, quindi non sarà un problema.» sorrisi.

Il suo sguardo si soffermò per diversi secondi sulla mia bocca, fin quando non si gettò su di essa come se da questa ne dipendesse la sua vita. Mi baciò disperatamente, passionalmente ma in un modo così dolce e così amorevole, che non mi preoccupai più di nulla.

I suoi movimenti su di me cessarono improvvisamente, e io ne sentii la fastidiosa mancanza. Fremevo dalla voglia di sentirlo dentro me, di essere unita a lui con anima e corpo, e di vederlo arrendersi alle emozioni. Ne avevo bisogno io, e anche lui.

Quando la sua mano scese lungo il mio corpo, toccando la parte più sensibile di me, sobbalzai e lui sorrise dolcemente, guardandomi con quello sguardo che mi fece provare una sensazione diversa dalle solite.

No, non potevo innamorarmi di lui.

«Ti piace?» ansimò, iniziando a compiere delle leggerissime e dolcissime carezze lì, dove nessuno aveva mai provocato qualcosa di simile.

Io annuii debolmente. Era così bello sentirlo così vicino, e quelle dolci ma sicure carezze mi avrebbero fatto perdere il controllo molto presto.

«Le togliamo. Vuoi?» disse alludendo alle mie mutandine. Era così premuroso. Un'altra parte del suo essere si stava rivelando, e io ero elettrizzata nel vederlo spogliato dalle sue paure.

«Sì.» sorrisi.

«Wow. Bene.» fece un respiro profondo, non appena le mie mutandine volarono chissà dove.

Lentamente, e dolcemente, iniziò a baciare ogni singola parte del mio corpo. Partì dal collo, proseguì sui seni, sulla pancia, nell'inguine, sulle cosce, e finì ai piedi. Ogni volta, ad ogni nuovo punto esplorato, sorrideva e mi ripeteva quanto fossi fantastica, speciale e insopportabile. Mi stuzzicava, mi faceva ridere, e cercava di farmi sentire a mio agio.

Ma doveva capire che anche senza dire quelle parole, sarei stata ugualmente a mio agio insieme a lui. Ero me stessa più di quanto non lo fossi quando ero in compagnia del mio animo spesso tormentato.

Se molte volte avevo immaginato di fare l'amore, lo avrei immaginato in molti modi, davvero molti, ma certamente, non mi sarei mai aspettata che sarebbe stato in quel modo. Fu un momento colmo di risate, di scambi di opinioni, di piccoli battibecchi, ma anche di un'inesorabile passione, di dolcezza e, perché no, anche di una lieve timidezza.

«Hai paura?» gli chiesi quando ritornò su di me.

Le sue braccia poggiavano ai lati della mia testa, tese e con i muscoli perfetti e pulsanti. Lo accarezzai proprio lì, per sentirne la consistenza. Duri, lisci e mascolini.

Lui gemette, e chiuse gli occhi. «Così mi farai impazzire.» mormorò.

Credetemi, non avevo mai visto qualcuno o qualcosa più bello di lui in quel momento. Completamente fuori controllo, abbandonato a quelle sensazioni, impotente e voglioso di qualcosa che entrambi bramavamo con tutti noi stessi. I suoi capelli erano una massa scura selvaggia, che mi invogliavano sempre di più verso qualcosa di completamente sconosciuto e misterioso.

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora