Capitolo 30.

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Dylan's Pov.

Tante esperienze nella mia vita erano riuscite a stupirmi o a lasciarmi a bocca aperta, anche se non sembrava. O meglio, non lo davo a vedere. Non volevo.
Tra queste esperienze, sicuramente e certamente, c'era la signorina Jane Mason.

Era arrivata nella mia vita come un tornado. Aveva sconvolto il mio mondo, il mio essere, e tutto ciò che mi circondava e che mi componeva.

Mi era entrata dentro come nessun'altra aveva mai fatto.
Mai nessuna si era accorta del dolore che celavo dentro. Ma lei sì.
Malgrado avesse anche lei i suoi demoni contro cui combattere, non trascurava di certo i miei. Non mi aveva mia trascurato.

Era entrata nella mia vita come una ventata di aria fresca. Come dopo aver passato anni e anni in un deserto, e finalmente, ritrovarsi a respirare aria pura. Pura come lei.

Era così semplice, così fragile, così forte... ma così insopportabile!
Con quel caratteraccio sciupava la sua bellezza, glielo avevo detto e ripetuto più di una volta. Ma non voleva ascoltarmi. Anzi, a volte avevo come l'impressione che non mi ascoltasse completamente, presa dalle sue mille paranoie e dalle sue ansie che la inghiottivano facendola perdere nel turbine dei suoi pensieri.

Malgrado avesse molto e troppo contro cui combattere, ero felice che avesse scelto me.

Me per sfogarsi, me per arrabbiarsi, me per buttarmi addosso tutto il suo odio e il suo disprezzo.

E adoravo il semplice fatto che nonostante la sua vita fosse stata difficile e cruda, lei sorrideva sempre. Come quando entrava in una stanza, e tutto sembrava avere un senso. Tutto sembrava acquistare colore, armonia, felicità. Bastava un suo sorriso per stordirmi. Bastava quello strano movimento sexy che faceva con il collo, per mandarmi al tappeto nel giro di pochi secondi.

Ma questo lei non lo sapeva, e non credevo lo avrebbe mai saputo.
Era arrivata ad odiarmi davvero. Leggevo il disprezzo nei suoi occhioni verdi. E sapevo che lei non era cattiva come affermava... era solo ferita. E lo ero anche io.
In un modo o nell'altro, sembrava che le nostre anime combaciassero, ma non fossero destinate a rimanere legate.

Potevo aspettarmi diversamente? No.

Questo era il prezzo che dovevo pagare per essere stato uno stronzo e un puttaniere con tutte le ragazze.
In fondo, me lo meritavo.
Illudevo, usavo e ferivo tutte quelle con cui stavo. E anche se non avevo mai osato toccare nessuno a livello fisico, ero ben consapevole di aver fatto del male a troppe ragazze.

Nessuna mi aveva mai colpito davvero. Nessuna era stata in grado di risvegliare la mia anima continuamente tormentata. O almeno, nessuna fino a quando una sconosciuta aveva vomitato sui miei stivali.

L'unica di cui mi importava davvero.
L'unica che avrebbe voluto che sparissi dalla faccia della terra.

«Coleman! La testa dove cazzo l'hai lasciata? Ci stiamo preparando per andare al Draft, non in giro a zonzo con la tua amante! Ti avrò ripetuto almeno ottocento volte che i tuoi dannati problemi devono restare fuori da questo dannato campo!»

La voce del coach Brown arrivò forte e chiara ai miei timpani. Era l'ennesimo rimprovero, e non avevo nessun pretesto per ribattere.

«Beh, ragazzina mora? Non ribatti? Concentrati, Dylan! Sei forte, hai potenziale, hai spirito di squadra e hai ottime capacità di farti notare quel dannato giorno, e pretendo da te la massima concentrazione, qui non si scherza più!»

Il Draft NBA. Maledizione.
Puntavo a quell'evento da quando avevo poco più di dieci anni. Era grazie a quell'avvenimento che venivano selezionati nuovi giocatori. Non potevo permettere di mandare al diavolo la mia carriera per colpa di una ricciolina viziata.

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora