EPILOGO.

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Cinque anni dopo.


Ecco quel suono. Il fatidico fischio d'inizio.

Atlanta Hawks contro Detroit Pistons.

Mi stavo già innervosendo. Quella era la partita decisiva, dannazione. L' NBA Finals. Sapevo che Dylan avrebbe dato il meglio di sé, come sempre, ma non riuscii ad evitare di tirarmi la pellicina dal labbro, o di dondolare le gambe come una bambina in attesa del suo regalo di compleanno.

Eccolo, era là, in campo. Con la sua divisa bianca e rossa, era più bello che mai. Lo sguardo concentrato, quasi come se stesse studiando ogni singolo giocatore presente. Osservava attentamente i movimenti degli avversari, e non appena prendeva la palla, lo vedevo... era nel suo mondo.

Andando avanti con gli anni, e dopo duri allenamenti, la velocità con cui correva dietro la palla, o davanti ad un avversario, era impressionante. Sembrava quasi sul punto di volare.

«Vai Dylan, vai! Spaccagli il culo!» esultai non appena Dylan prese la palla e corse verso il canestro. Una signora anziana si voltò verso di me, mi guardò in modo strano, e si girò.

«Scandalizzerai un'intera generazione.» mi sorrise Avril, sedendosi accanto a me. Si era schiarita i capelli, era più abbronzata e più ingrassata. Era perfettamente in forma. Per lei questo era stato un cambiamento importante, dopo la rottura con Colton. Aveva bisogno di rinascere, e per lei, migliorarsi era rigenerante.

Le sorrisi, e rimasi ferma a guardarla.

«Sì Jane, ho portato tutto quello che mi hai chiesto.» alzò gli occhi al cielo.

Mi porse il mio hamburger, un sandwich, i kit kat e una fetta di torta al cioccolato. Sì, lo so, avrei preso minimo cinque chili con tutto quello che stavo mangiando.

Iniziai dal sandwich, e finii con l'hamburger. I kit kat li avrei lasciati per dopo.

«Jane...» iniziò Avril.

«Si?»

«Sai quanto ti voglio bene, e quanto conti per me. Lo sai fin troppo bene, ma...»

«Ma cosa?»

«Ma, ecco...» si bloccò di nuovo.

«Avril, dannazione, che c'è?»

«Wow, okay, calma!» rise nervosa, «mi chiedevo se non stessi un po' esagerando con tutto questo cibo, non vorrei che...»

«Io ho fame, e se ho fame, mangio. Lo ha detto anche Dylan!» mi difesi, mettendo il broncio.

«Lo so, è solo che... oh, niente! Fai come se non ti avessi detto niente.» brontolò.

Continuammo a guardare la partita commentando e ridendo, come facevamo sempre.

Stavo diventando davvero una patita di basket, mi entusiasmava sempre di più. Forse era inevitabile, stando con un giocatore dell'NBA.

Sì, adoravo dirlo.

«Oddio, ultimo canestro Av.» iniziai a mangiucchiarmi le unghie.

99 a 99. Dannazione, sarei morta.

«Jane, calma. Vinceranno.»

«Come fai ad essere sempre così sicura?»

«Shh! Guarda!» mi diede una gomitata.

Dylan aveva preso la palla. Correva, le spalle tese, la bocca semi aperta, e i capelli neri gli svolazzavano sulla fronte. Si avvicinò al canestro, quelle bestie dei Detroit Pistons lo placcarono, ma lui, a distanza di circa cinque o sei metri, tirò.

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora