Capitolo 33.

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Era passata una settimana dalla confessione dell'amore che Dylan provava per me. Una settimana che aveva messo fine ad ogni mio dubbio. Io amavo Dylan con ogni cellula che mi componeva, e lui amava me senza limiti, pensando all'oggi, al passato e al domani. Al domani che avrebbe voluto costruire insieme a me.

Quel giorno, come ormai sempre da una settimana a quella parte, io e Dylan entrammo al college mano nella mano. Un calore familiare, rassicurante, da cui ero follemente dipendente.

Dylan riceveva diverse occhiate e commenti sul suo fisico, su quanto fosse bello o su quanto io e lui stessimo male insieme. Lui così alto, così possente, e io così bassa e piena di curve nei punti sbagliati. Lui così ordinato, e io sempre in preda alla confusione e al disordine. Lui così bello, e io così... me.

Ma avevo imparato a lasciar scivolare via ogni parere inutile. Non mi interessava più quello che pensava la gente di me. Avevo sofferto abbastanza, e quello era il mio momento per essere felice, e non lo avrei perso per nulla al mondo.

«E' ora di mollarci, riccioli d'oro.» disse Dylan di tutto punto. Lo guardai in preda al panico, mi guardai intorno... e capii che eravamo arrivati davanti alla mia aula di psicologia.

«Promettimi che domani salteremo le lezioni. Almeno per una volta.» sospirai.

«Va bene, Jane. Ora entra e fai la brava.» mi fece l'occhiolino.

Alzai gli occhi al cielo, feci per entrare in aula, ma lui si schiarii la voce dietro di me.

«Che c'è?» sbuffai.

«Vorrei un bacio dalla mia ragazza.»

Glielo diedi, e il contatto con le sue labbra mi fece venire i brividi in tutto il corpo. E ammetto che anche sentire uscire dalla sua bocca la parola «ragazza» mi fece sorridere involontariamente.

«Dannazione siamo in un luogo pubblico, un minimo di rispetto!»

Io e Dylan sobbalzammo, e non appena vedemmo Vanessa sbuffare, scoppiamo a ridere.

«Scusatela, ma è davvero in ansia per Malcom. Non le ha dato ancora una risposta.»

«Oh già, il bel cameriere. Non si è fatto ancora vivo?» le chiesi sghignazzando.

«Non si è fatto vivo?! Maledizione, non gli ho scritto io quel dannato bigliettino. Dio, che imbarazzo.» si coprì gli occhi con la mano. «Sarà meglio che entri.»

Shana rimase ferma a guardarci con uno strano sorriso. «Sapevo che sareste capitati di nuovo insieme.» disse, prima di scomparire dentro la classe.

Io sorrisi, e Dylan mi strinse la mano guardandomi di traverso. «Bel cameriere? Davvero?»

«Sì Dylan, bel cameriere.» sorrisi, «solo perché è bello, non significa che sia te.» lo baciai, ed entrai in aula, certa di aver lasciato Dylan abbastanza sbigottito dalla mia improvvisa dolcezza.

***

«E così hai deciso di rinunciare?» chiesi a Colton, ancora scioccata dalla sua affermazione.

«Sì, Jane. Sì. Non è quella la mia strada.»

«Ma se sei bravissimo!»

«Anche tu sei bravissima a ballare, ma non è quello che vuoi fare.»

In effetti, aveva ragione.

«Sì... forse hai ragione.»

«Sono arrivate le pizze!» urlò Avril dal balcone. Stranamente, aveva una nuova passione: prendersi cura delle piante. Non sapevo avesse il pollice verde.

Never let me go.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora