Rio de Janeiro

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30 Settembre 2007

Era da poco iniziato l' autunno, ma l' aria era ancora calda. L' alba stava sorgendo e i primi raggi del sole illuminavano le foglie gialle degli alberi. Per la cittadina di Holmes Chapel regnava il silenzio, ma nella casa degli Styles, il caos prese il sopravvento; Harry si trovava nella sua camera, in preda all' ansia: era diretto in Brasile e sarebbe partito nel giro di tre ore. Era la sua prima spedizione come missionario. Anzi, per la precisione, come volontario. Infatti, aveva da poco terminato i suoi studi presso la facoltà di scienze sociale e quello, sarebbe stato il primo paese in cui avrebbe esercitato le sue conoscenze. Il suo compito sarebbe stato quello di aiutare le persone, ma soprattutto i ragazzi, ad uscire dalla droga. Gli avevano promesso che non sarebbe stato pericoloso, che non avrebbe avuto nulla da temere, ma lui, del tutto sicuro su quello che stava per fare, non lo era.

Mentre era davanti allo specchio, con l' intento di domare i suoi ricci, qualcuno bussò alla porta e, nella stanza, fece capolino sua madre.

"Tesoro, è ora di andare."

"Sì mamma, arrivo!" rispose il riccio.

Rimasto solo, si diresse verso il suo letto e prese il borsone. Aveva deciso di portare solo lo stretto necessario. Andò verso la porta, ma, prima di uscire, si voltò per guardare la sua camera un' ultima volta: prima di un anno non l' avrebbe più rivista. Prese un lungo respiro ed uscì dalla stanza. Mentre scendeva le scale e si avviava all' ingresso, gli ritornarono in mente tutti i suoi ricordi da bambino; gli scorrevano davanti agli occhi, come le immagini di un film difficile da dimenticare. Non lo dava a vedere, ma lui ci teneva a quella casa, era la cosa più preziosa che avesse. Lì, aveva vissuto tutti i momenti più belli, ma anche brutti, della sua infanzia e niente avrebbe potuto cancellarglieli. Si soffermò a guardare una foto che rappresentava lui e sua sorella da piccoli, in braccio ai loro genitori; sembravano davvero una famiglia felice e spensierata. Iniziò ad accarezzare la cornice, mentre gli occhi si riempirono di lacrime, ma non avrebbe pianto. Sarebbe stato stupido da parte sua farlo: non sarebbe partito per la guerra e, tanto meno, non sarebbe morto, anche se, quella paura, c' era. Rimise il quadro al suo posto, sul mobile da dove l' aveva presa, e, finalmente, uscì di casa. Sua madre era in macchina che lo stava aspettando. Caricò il borsone nel baule e si sedette sul sedile anteriore. Lei si voltò a guardarlo e, con un enorme sorriso, gli chiese:

"Pronto?"

"Sì" le disse. Così, fece retromarcia dal vialetto di casa e imboccò la strada, avviandosi verso l' aeroporto. Harry non era sicuro della risposta che aveva dato alla donna, ma non poteva dire altrimenti; ormai non si poteva più tornare indietro. Il viaggio fu silenzioso; nella macchina si sentiva solo la musica che rimbombava alla radio e le dolci note che canticchiava sua madre. Harry si girò a guardarla: era nervosa. Ormai lo sapeva; tutte le volte che lei cantava, voleva dire che c' era qualcosa che la turbava. E, molto probabilmente, quella cosa era la paura, la stessa che affliggeva Harry. Avrebbe tanto voluto dirle di non preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene e prometterle che si sarebbero rivisti presto, ma sapeva che quella promessa non era sicuro di mantenerla.

Arrivarono all' aeroporto e, dopo aver sbrigato tutte le pratiche necessarie per la partenza, arrivò il momento di salutarsi.

Harry si voltò verso la madre e notò che gli occhi della donna erano colmi di lacrime; non riuscì più a trattenersi: lasciò cadere a terra il suo borsone e strinse forte la madre in un abbraccio. La donna scoppiò a piangere tra le braccia del figlio. Passarono due minuti e il ragazzo non ne voleva sapere di lasciarla andare. Fu lei a sciogliere l' abbraccio e, guardandolo dritto negli occhi, cercò di mascherare un sorriso.

"Ciao Harry!"

"Ciao mamma!"

"Ci rivedremo presto, vero?" chiese speranzosa.

Save Me-Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora