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Ottobre, IPM

Edoardo

Tornare all'IPM quel lunedì mattina mi era pesato e non poco. Non perché avessi fatto chissà cosa, anzi. Sasà che mi aveva preso in disparte, proprio prima del pranzo della domenica, per raccontarmi di come avesse notato Teresa andar via durante la serata con qualcuno, forse con Luca. Sasà che non sapeva quasi nulla di Teresa se non per le poche cose dette da quella boccaccia della sua fidanzata, che io non avevo mai smentito né confermato. Ma soprattutto non sapeva che in realtà lei era scappata via con me.

-Per rispetto Edoà -, mi aveva detto ed io avevo annuito facendo finta di nulla, -insomma so che ci tieni -, mi aveva sussurrato.

-Non ti preoccupare fratè -, lo tranquillizzo.

Il pensiero di quel sabato sera trascorso insieme era ancora vivido. L'imbarazzo iniziale di Teresa era scomparso non appena avevamo lasciato il locale e non volendo mi aveva dato la conferma che stavo aspettando, era interessata a me anche se non capivo cosa la frenava dal mollare quel damerino del suo fidanzato. Non sapevo molto di lui, avevo chiesto un po' di informazioni a mio cugino e non mi piaceva. Sasà mi aveva detto che Laura gli aveva raccontato di un grosso litigio, avvenuto di recente ma che lei si ostinava a dire che fra loro andava tutto bene. Il mio aprirmi come se fosse la cosa più naturale al mondo, i suoi occhi brillanti anche al buio e la sua curiosità tenuta a freno dalla sua testa, perché so che avrebbe voluto chiedere ma non l'ha fatto. Teresa mi era entrata dentro in punta di piedi e non riuscivo a togliermela dalla testa.

-Edoardo Conte -, mi sento chiamare e mi volto verso i cancelli del carcere ormai chiuso. Sorrido alla direttrice che cerca di avvicinarsi in tutta fretta, -come mai già di ritorno? -, chiede una volta raggiuntomi

-Eh mi mancavate assai direttrì -, tornando a camminare con lei al mio fianco

- Immagino Conte, immagino -, dice, -continua a comportarti come stai facendo mi raccomando. Ho fiducia in te –

-Jamm direttrì o sapete, n'angioletto -, rido salutandola e avvicinandomi a Gennaro per tornare in cella. Trovo Ciro intento a sistemarsi i capelli davanti lo specchio che abbiamo in camera.

-Cirù -, gli dico gettando il mio borsone ai piedi del mio letto e andandogli incontro per abbracciarlo

-Buongiorno! Bentornato -, mi scompiglia i capelli prendendomi in giro ed io gli alzo il dito medio. Mi butto sul mio letto mentre il mio migliore amico si siede sul davanzale e si accende una sigaretta, -allora? -, mi dice

-Ua Cirù nu burdell -, mi schiaccio i palmi delle mani sugli occhi respirando forte prima di iniziare a parlare. Gli racconto del mio incontro con Teresa e la sua amica del corso di ceramica, della nostra passeggiata in spiaggia a Posillipo. Di come si fosse lasciata andare prendendomi per mano, abbracciandomi. Gli dico di come le abbia volutamente raccontato ricordi belli della mia infanzia, senza scendere nei particolari perché non volevo si spaventasse o allontanasse. Di quanto mi sia costato riaccompagnarla a casa.

-Edoà è fidanzata -, mi interrompe Ciro ed io lo guardo

-Lo so ed è anche di Via Merliani Cirù, proprio vicino la Villa -, gli dico e lui alza gli occhi al cielo capendo immediatamente il perché gli avessi precisato la zona in cui viveva. Eravamo proprio l'uno l'opposto dell'altra. Impossibili. E poi gli racconto del pranzo a casa con mia madre e Carmen. Di quel bracciale che mi aveva regalato la ragazza, senza alcun motivo, che mi sarebbe anche piaciuto fino a qualche mese fa ma ora non più e che avevo volutamente lasciato sul fondo del borsone. Gli confesso di essere molto insicuro sul da farsi e di non poter contare su nessuno tranne che sul mio migliore amico. Lui annuisce, conosce la mia famiglia e sa di quello che parlo.

'O Mar ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora