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Ottobre, Napoli

Teresa

Alzarmi dal letto per svolgere le normali attività che avrei dovuto svolgere, mi era risultato parecchio difficile quel giorno. Non ero riuscita a chiudere occhio la notte precedente, in preda alle lacrime ed al rammarico per quella rottura per niente inaspettata ma lo stesso dolorosa. Rita era venuta a svegliarmi come ogni mattina, e quando mi aveva vista con gli occhi rossi e gonfi si era seduta sul mio letto e mi aveva abbracciata, in silenzio, cullandomi come avrebbe dovuto fare mia madre.

-Che succede piccola? -, erano rare le volte in cui mi dava del tu, nonostante gliel'avessimo ripetuto più e più volte.

-Dovresti mettere tutte le cose di Nico in uno scatolone per favore -, le avevo semplicemente detto senza neanche guardarla in volto. Lei aveva annuito prima di alzarsi dal mio letto ed aprire la finestra

-Sai non mi è mai piaciuto quel ragazzo -, mi fece sorridere, -ti porto la colazione a letto -, continuò poi ed io la ringraziai prima di rimettermi sotto le coperte.

Il ricordo del giorno prima era ancora vivido nella mia mente. Nicolò era venuto a casa mia ed io per l'occasione avevo chiesto a mia sorella di andare da una sua amica, così da poter restare sola con il mio ragazzo. Era da tempo che litigavamo e ci vedevamo molto poco, poi con l'impegno preso all'IPM la mia vita sociale era drasticamente diminuita, era l'ultimo anno del liceo e volevo dare il massimo a scuola. Era arrivato in ritardo, come al solito quando aveva allenamento, ma invece di portare con sé il cambio per la notte, per restare a dormire, era a mani vuote e con un'espressione seria in volto.

-Così non funziona -, aveva detto, senza un ciao, un bacio o un abbraccio ed io ero crollata, perché lui aveva ragione ed io pretendevo che andasse tutto a meraviglia per non dover affrontare questo discorso. Perché soffrivo l'abbandono, perché odiavo i cambiamenti e perché questa rottura avrebbe inevitabilmente portato a delle situazioni e dei pensieri che avevo accantonato in una parte remota del mio cervello, sicura di non farle uscire mai fuori.

-Non mi ami più? -, gli avevo domandato a testa bassa e con un groppo in gola

-Forse ti amo anche troppo -, aveva detto lui paralizzandomi nel salotto di casa mia

-Sei ingiusto -, gli avevo detto torturandomi le mani

-No questo è ingiusto Teresa -, aveva semplicemente risposto, -guardami -, mi aveva preso il mento tra le dita per farmi alzare lo sguardo verso sé. Non l'avevo mai visto serio in quel modo, neanche durante le nostre litigate. – Non hai mai tempo per noi. Hai scuola, danza, quell'assurdo progetto, l'anno prossimo sarò a Milano. Non riusciamo adesso che viviamo neanche ad un km di distanza, pensa quando io sarò lì e tu qui –

Calde lacrime bagnavano le mie guance, giù fino alle sue mani. Aveva ragione, pienamente ragione. Non ero in grado di gestire tutto, probabilmente non sarei riuscita a reggere una relazione a distanza. Era solo questione di tempo. L'avevo abbracciato stretto, scoppiando in un pianto liberatorio sussurrandogli quanto mi dispiacesse, scusandomi con lui per colpe che nessuno di noi aveva.

-Mi dispiace per ogni singolo litigio che ho causato perché troppo stupido nel voler forzare qualcosa che non c'è più -, mi dice poi baciandomi la testa, -ti amo e ti starò vicino sempre lo sai –

-Ti amo tanto anche io -, gli avevo risposto.

Aveva deciso di non fermarsi neanche a cena, giustamente, ed io mi ero chiusa in camera senza cenare, a piangere per quella storia finita.

Rita ed una tazza di caffè fumante mi avevano riscosso dai miei pensieri. La ringrazio prima di prendere il telefono e notare tutti i messaggi da parte delle mie migliori amiche, ovviamente Nicolò aveva detto tutto a sua sorella. Decisi di non rispondere, non avevo voglia di parlare con nessuno, sarei rimasta volentieri a casa se non fosse che ero io la responsabile del progetto e non sarebbe stato professionale. Dopo una doccia veloce, avevo deciso di indossare una tuta e di non truccarmi neanche. Non dovevo apparire bella agli occhi di nessuno e di certo mi sentivo uno straccio, neanche un filo di trucco mi avrebbe aiutata. Esco da casa in ritardo rispetto ai soliti giorni, sfrecciando con qualche difficoltà nel traffico di Napoli e arrivo all'IPM che la lezione dovrebbe essere già iniziata. Posteggio il motorino proprio davanti il grande cancello e, dopo aver salutato le guardie all'entrata ed aver fatto tutti i controlli di sicurezza, mi dirigo di corsa nella grande aula del progetto. I ragazzi non sono arrivati, ricordo solo dopo che avrebbero avuto scuola prima delle nostre lezioni, così tiro un sospiro di sollievo. Laura e Marina mi corrono incontro lasciando i fogli su un tavolo e abbracciandomi stretta.

'O Mar ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora