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Gennaio, Napoli

Edoardo

-Nonna -, le dico cercando di farmi forza con le braccia per alzarmi un po' di più dal letto. Mia nonna era appena rientrata in camera mia, dopo aver seguito Teresa fuori probabilmente per intimorirla un po'. Mia nonna ci aveva scoperti ed io avevo lasciato andare la ragazza senza neanche dire una parola. Da buon codardo quale ero.

-Cosa c'è? -, mi dice con nonchalance sedendosi sulla sedia occupata prima dalla bionda.

-Cosa le hai detto? -, chiedo sistemandomi seduto con non poco sforzo. Odiavo questo letto d'ospedale, odiavo la cicatrice enorme che riuscivo ad immaginare attraverso il grosso cerotto che copriva il mio addome. Odiavo tutta quella situazione ed odiavo vederla andare via mortificata, come se fosse nel torto.

-Niente -, mi dice la donna tirando fuori i ferri come se niente fosse. Mi butto a peso morto di nuovo sul letto pronto a ribattere, quando lei mi precede senza neanche guardarmi negli occhi, -da quando patrt è morto non ti ho mai sentito ridere -, inizia ed io mi passo una mano sul viso perché non voglio ascoltare. Non voglio tornare a quel periodo brutto della mia adolescenza, ricordare di aver trovato mio padre in una pozza di sangue, i pianti e le urla strazianti di mia madre. Non voglio ricordare le scelte che ho preso dopo, l'alcool, gli schiaffi di Don Salvatore, l'affiliazione. Non voglio ricordare Carmen, di chi è figlia, non voglio ricordare quella maledetta festa, la droga e quella notte in quella macchina rubata. Così come non voglio ricordare la sua sfacciataggine nel presentarsi con le valige a casa mia, dicendo di aspettare un figlio da me nonostante non stessimo insieme. Il matrimonio, quando in Chiesa erano presenti solo Ciro, suo padre, mia madre, la famiglia di Carmen. Io a giurare amore ad una ragazza che non mi voleva, non mi aveva mai voluto. Voleva il potere, la fama, la bella vita, i soldi che la mia famiglia possedeva. E soprattutto non volevo ricordare quel figlio che non era ancora nato ma che già portava un peso enorme sulle spalle, essere il frutto di un errore, di una madre ed un padre sbagliati.

-Io lo odio mio padre -, le dico guardandola dritta negli occhi e lo schiaffo che mi arriva immediatamente dopo lo sento tutto. Lo sento talmente tanto da farmi voltare il viso dal lato opposto, la mano ferma della donna ancora in aria.

-Porta rispetto per i morti -, mi dice prima di tornare a sedersi accanto al mio letto.

-Lascerò Carmen -, le dico guardando la parete davanti a me, -non m'importa di ciò che pensate tu e mia madre. La vita è mia, sono maggiorenne ormai -

-Per stare con questa guaglioncella? -, ribatte lei, -E tuo figlio? –

-Io non lo voglio questo figlio. Non l'ho cercato, è stato un errore che sto pagando caro cazzo -, urlo scoppiando a piangere come probabilmente non avevo mai fatto prima. Il viso nascosto tra le mani ed i singhiozzi come unico rumore in quella stanza. Improvvisamente ero tornato bambino, quando mi chiudevo in stanza per non sentire le urla. Quel bambino non l'avevamo cercato, io e Carmen non ci amavamo, costretti in un matrimonio riparatore per il buon occhio della gente a crescere un figlio non voluto. Piango perché quella vita non è la mia, perché mi sentivo più prigioniero di quando ero dietro le sbarre. Piango per l'adolescenza persa, per le scelte sbagliate, per quel taglio che me lo ricorderà per sempre. Due braccia mi avvolgono, stringendomi forte ed io non mi nascondo più. -Non so cosa fare nonna -, singhiozzo contro la sua spalla

-Ma ormai c'è -, mi dice lei con fare ovvio, -e lo devi crescere. È un Conte –

-O sacc -, le rispondo asciugandomi le lacrime con una mano.

-Quella Teresa -, inizia lei, -è una brava ragazza. Lo vedo il fuoco nei suoi occhi. Mi ricorda tanto me. Ma non vedo futuro per voi. Soprattutto quando le dirai del bambino –

'O Mar ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora