16.

1.2K 28 17
                                    

Dicembre, Napoli

Edoardo

Il sole splendeva alto quella mattina di Dicembre. Mi ero svegliato molto presto, avevo preparato il borsone per quei due giorni di libertà e le sigarette che magicamente erano state ben nascoste dentro il cassetto di Ciro. Sorrido rimettendole nella mia tasca e guardo il mio migliore amico dormire profondamente. Lino mi aspetta fuori dalla cella ed io gli faccio solo un cenno prima di sistemare lo zaino in spalla e camminare davanti a lui fuori dal braccio maschile.

-Lino occhio a Ciro -, gli dico una volta arrivati in cortile

-Jamm m'agg rutt o cazz -, mi spinge verso i cancelli, -non faccio il baby sitter –

-Però si bell quando o fai -, mi volto tirandogli un buffetto sulla guancia e lui mi spintona in macchina

-Vattenn va -, chiude lo sportello dell'auto della Polizia e fa segno loro di partire.

Questa volta a prendermi non ci sarebbe stato mio cugino ma la macchina mi avrebbe portato direttamente in ospedale per l'ecografia di Carmen. Oggi avremmo scoperto il sesso del bambino ed il mio avvocato ha fatto in modo che io uscissi due giorni per non perdermi questo momento. Ed io da una parte ero anche contento di diventare padre, era normale per noi essere genitori giovani, dall'altra però ultimamente avevo capito che forse non era così tanto normale così presto e soprattutto non riuscivo ad immaginarmi genitore di un bambino con quella persona. Non in quelle condizioni. Arriviamo nell'ospedale vicino al mio quartiere, la macchina si ferma proprio davanti l'entrata e odiavo, letteralmente odiavo da morire la gente che si fermava a guardare chi scendesse dall'auto. Forse si aspettavano qualcuno trasandato, in manette, di certo non un ragazzo di 18 anni in jeans, maglione e giubbotto pesante.

-Grazie assai -, li prendo in giro sbattendo forse con più forza del dovuto lo sportello.

All'entrata dell'ospedale mi aspettano mia madre e mio cugino. La donna mi stringe forte a sé piangendo, neanche fossi appena tornato dalla guerra, mentre mio cugino scambia con me solo uno sguardo d'intesa. Apprezzavo il fatto che non avesse detto niente alla sua ragazza su Carmen, sapevo che non condivideva la mia scelta, per lui dovevo troncare ogni rapporto con Teresa ed occuparmi solo ed esclusivamente della mia famiglia, in mancanza di mio padre, ma lui non poteva neanche immaginare cosa avessi in testa in quel momento e quanto la presenza di Teresa nella mia vita fosse fondamentale.

-Figlio mio come sei bello -, mi stringe le guance mia madre facendomi imbarazzare, -a casa festeggiamo. Sei emozionato? -, mi chiede

-So già che sarà maschio Ma o sai noi Conte come siamo -, rido e lei alza gli occhi al cielo

-Tuo padre non è neanche mai venuto ad una visita. Non diventare come lui -, mi dice seria, come se mi leggesse dentro, avanzando poi verso gli ascensori che ci avrebbero portati al piano da Carmen.

La guardo camminare con la sua schiena dritta e la testa alta, nonostante i mille problemi affrontati e mi sento uno schifo, il peggiore degli egoisti, molto probabilmente la sua più grande delusione. Ma era più forte di me e con il tempo avrebbe capito, forse. Arrivati al piano troviamo Carmen seduta in sala d'attesa. Indossava un vestitino nero, veramente stretto mettendo così il suo pancione in evidenza, con delle calze pesanti dello stesso colore ed un giubbotto. Si alza e mi corre incontro stringendomi forte a sé e riempiendomi il viso di baci.

-E jamm Carmen -, le dico strofinandomi via il suo rossetto

-Statt zitt, sono così contenta -, mi dice Carmen stringendomi ancora una volta.

-Come sta Ciruzzo? -, le tocco la pancia.

-Smettila con questo nome, sarà una femmina me lo sento -, contesta lei

'O Mar ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora