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Febbraio, Napoli

Edoardo

-Buongiorno Cirù -, sbadiglio per l'ennesima volta. Il cielo fuori ancora nero segno che era molto presto, il mio migliore amico invece già a fumare, -tutto ok? -, chiedo mettendomi seduto sul bordo del letto.

-Si ho avuto notizie da patm -, si volta a guardarmi, -c'è un carico nuovo da gestire –

-Avete avvisato Sasà? -, chiedo stropicciandomi gli occhi ed il mio migliore amico annuisce

-Controlla anche tu mo che esci -, mi dice, -e porta un po' d'erba qua che ti trovi –

-D'accordo -, rispondo alzando gli occhi al cielo, -ha detto altro? -, chiedo sospettoso.

Era passata ormai qualche settimana da quando ero uscito dall'ospedale, avevo lasciato Carmen e il giudice aveva approvato i documenti per il mio cambio di domicilio a casa di mia nonna. Sapevo che Don Salvatore era stato avvisato, sapevo anche che era andato a fare visita alla madre di mio figlio proprio il giorno della nascita di Ciro, giorno a cui io non ero potuto essere presente perché mi avevano vietato di uscire.

-Vuole parlarti o sai -, mi dice finendo la sigaretta e gettandola fuori dalla finestra, -ma sei come un figlio quindi non preoccuparti –

-Passerò a trovarlo oggi -, lo rassicuro.

Avrei dovuto fare mille cose in questi tre giorni a casa, passare del tempo con mio figlio, motivo per il quale avevo avuto il permesso, sistemarmi a casa di mia nonna, parlare con Don Salvatore ed occuparmi del carico. Ma soprattutto andare da Teresa. Dalla sera in cui l'avevo chiamata aprendomi con lei non l'avevo più vista, la ragazza si era presa qualche settimana, in accordo con la direttrice, per uno spettacolo teatrale che valeva come esame di metà stagione o qualcosa del genere. Non ci capivo poi molto del suo mondo e mi ero ripromesso di chiederle di più, parlare di più della sua vita, dei suoi interessi. Così ci eravamo sentiti solo un paio di volte per telefono, io chiuso in bagno, a bassa voce e lei stanca dalle prove, solo per qualche attimo, per bearmi della sua voce o di qualche suo sospiro. Non avevamo parlato di niente, argomenti leggeri, volevo solo assicurarmi che lei ci fosse ancora, che non l'avessi persa.

-A che ora ti fanno uscire? -, Ciro mi distrae dai miei pensieri

-Al solito, dopo colazione. Rientrerò lunedì dopo cena -, gli spiego

-Sei contento di vedere Ciruzzo? -, sorride il mio migliore amico

-Si insomma è mio figlio no? -, gli rispondo scrollando le spalle. Avevo dei sentimenti contrastanti a riguardo, sapevo che c'era, non sapevo cosa aspettarmi però.

-Speriamo sia bello come la madre -, scherza ancora il moro ed io gli lancio una ciabatta scoppiando a ridere.

Gli faccio il dito medio prima di alzarmi e chiudermi in bagno per lavarmi velocemente. Quando rientro in cella tiro fuori un paio di jeans stretti dall'armadio ed una felpa con il cappuccio nero. Ai piedi le mie scarpe da tennis ormai non più bianche. Sistemo i capelli, ormai esageratamente lunghi e mi riprometto di chiedere a Sasà di prendermi un appuntamento dal nostro barbiere di fiducia. Scendo a fare colazione con tutti gli altri, Totò e Milos non perdono tempo nel portarmi la colazione a tavola e servirmi e riverirmi proprio come se fossi appena rientrato dall'ospedale

-Adesso basta, sta bene non è più invalido -, scherza Ciro ed io alzo gli occhi al cielo

-Non ascoltatelo è invidioso, continuate pure -, ridacchio sorseggiando il mio caffè macchiato ed addentando un pezzo di brioche.

Saluto i ragazzi subito dopo colazione mentre Liz, con il mio borsone in mano, mi accompagna silenziosa verso il cancello.

-Che tieni Liz? -, le chiedo fermandomi al centro della strada. Lei si ferma qualche passo avanti a me e sbuffa posando il mio borsone a terra e mettendo le mani sui fianchi

'O Mar ForDove le storie prendono vita. Scoprilo ora