Capitolo 13

23 1 0
                                    

Harry

Raggiunto l'albergo -in un tempo che mi è parso infinito-, freno improvvisamente, inchiodando le gomme sull'asfalto e producendo, di conseguenza, un rumore fastidioso. Esco dall'abitacolo di gran fretta, non badando nemmeno allo staff che, gentile, mi chiede di dar loro le chiavi dell'auto così da poterla portare nel parcheggio riservato. Se chiudo gli occhi riesco a vedere Daisy sorridere mentre dice "sì, lo voglio" e dare un bacio a quell'imbecille di Charles che, contento, la stringe forte a sé. Non può accadere questo, e in cuor mio spero di essere in tempo per fermare questa pagliacciata. Non importa se ci sarà uno scandalo; non importa se Charles verrà lasciato da solo facendo la figura dello stupido; non mi interessa se i miei genitori saranno contrari uscendo distrutti da questa storia, loro mi hanno portato a questo e adesso è il mio turno di essere egoista.

Con il cuore che batte forte e il respiro mozzo, un enorme peso al petto che non accenna a scomparire, attraverso la hall del lussuoso edificio fino ad arrivare al piccolo giardino privato, sul retro, ben decorato per l'evento e completamente vuoto. C'è l'arco con le rose e l'organza sotto il quale gli sposi si sono scambiati le promesse; c'è il lungo tappeto bianco ricoperto di petali rosa, calpestati dagli sposi e poi dagli invitati; ci sono le sedie ricoperte di stoffa bianca dove gli ospiti potevano comodamente assistere alla cerimonia. C'è tutto, ma lei no. La mia Daisy, la donna che amo, non è qui. Non c'è nessuno qui. Il silenzio è a dir poco spettrale, come in un brutto incubo, e il dolore al petto diventa forte alla consapevolezza di averla persa per sempre; ho perso l'occasione di essere davvero felice. Vorrei gridare e piangere, spaccare tutto ciò che ho davanti e far finta che non sia successo niente, che questo matrimonio non sia davvero avvenuto; vorrei fosse tutto un sogno dal quale, prima o poi, mi sveglierò.

Stanco e rassegnato, mi siedo su una delle sedie dell'ultima fila ormai svuotato, nuovamente, di ogni emozione. Gli occhi fermi in un punto, la testa sgombra, il respiro mozzato e le lacrime incontrollate che scendono silenziose lungo le guance: sono ritornato allo stato in cui ero questa mattina. Avevo una speranza, frantumatasi nel momento in cui ho messo piede in questo giardino.

Mi sento un miserabile, un fallito. Abbasso gli occhi e guardo le mani che tremano, e continuo a piangere mentre la furia, cieca ed improvvisa, prende il posto dell'apatia. Ci hanno tenuti separati per quattro anni, ho provato sensi di colpa per essermi innamorato di lei, li ho capiti e giustificati mettendo da parte i miei desideri per ciò che ritenevo giusto e adesso ... è tutto finito; avremmo potuto essere felici, avremmo potuto avere una vita quanto meno normale, invece Daisy ed io ci ritroviamo separati perché convinti di condividere lo stesso sangue. È ingiusto e doloroso. Provo una rabbia e un odio verso i miei genitori che non ho mai provato nella mia vita.

«Harry?»

Una voce dolce, a me molto familiare, mi distrae sottraendomi al vortice oscuro dei miei stessi pensieri. Alzo lo sguardo - ancora un po' appannato dalle lacrime- e mi rendo conto che mia cugina Kim è proprio davanti a me, con espressione confusa e preoccupata. Mi sono così chiuso in me stesso prima del matrimonio da aver rifiutato qualsiasi contatto, anche con la famiglia stessa. Sorrido amaramente, pensando a quando anni fa Daisy mi aveva confessato di aver origliato la conversazione tra questa ragazza e sua madre; sono stato uno stupido a non crederle, a non approfondire maggiormente il dubbio che aveva. Non avrei mai pensato che potesse accadere una cosa del genere, che tutto ciò che mia sorella sperava, alla fine, si è rivelato essere vero.

Kimberly è così diversa da come ricordavo. È cresciuta, è diventata una bellissima giovane donna ed io mi perdo un attimo a guardarla, a ricordare quel momento in cui ha scoperto di noi. È elegante in quel suo abitino corto blu cobalto, la pelle marmorea risalta ancora di più, e quei capelli lunghi ancora color platino, scendono in dolci onde sulle spalle. Siamo tutti cresciuti, così diversi, eppure io mi sento ancora quel ragazzino innamorato che non ha potuto vivere completamente la sua storia d'amore per colpa d'altri.

Endless 2 || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora