Capitolo 23

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"Due anni", mi ripeto "Sono stato in coma per due anni". Mi perdo completamente: se sono in coma dal viaggio a New York, tutto quello che ho vissuto dopo non era reale; io non ho vissuto affatto. Era tutto un sogno: Daisy e io, i nostri sentimenti, tutto quello che ci è successo al liceo, e anche il matrimonio e Charles, il bambino; tutta la sofferenza, le lacrime, le bugie e anche la felicità, l'amore. Tutto un sogno causato dallo stato comatoso in cui sono stato negli ultimi due anni. Questo vuol dire anche che ho appena vent'anni, non ho finito il liceo e ... non sono nemmeno a San Francisco.

Il cuore mi batte veloce e il respiro diventa frenetico, le lacrime scendono copiose lungo il volto e ... inizio a piangere disperato. Mi piego in avanti e chiudo gli occhi, urlo e piango, ripetendomi che non è vero, non è possibile che abbia immaginato ogni cosa; che abbia costruito tutto nella mia testa. Mi sento debole, miserabile, un vero illuso; sento di essermi schiantato al suolo dopo una lunga e veloce caduta verso un baratro di sofferenza e incertezza.

«Tesoro, no» sussurra mia madre, cercando di risollevarmi per abbracciarmi forte.

«Solo!» dico con rabbia, senza mai smettere di piangere «SOLO!»

Voglio restare da solo con il mio dolore; non sono pronto a condividere né ho voglia di vederli. Chiudo gli occhi forte scuotendo il capo; non voglio credere che tutto ciò che ho vissuto non fosse reale, non posso credere di aver vissuto un amore così forte, ma finto. Ogni cosa è ben nitida nella mente e ... la mente non può davvero credere a ciò che mi sta succedendo.

Sento i passi della mia famiglia attraversare la stanza: mia madre singhiozza preoccupata e spaventata, mio padre prova a consolarla, mentre Daisy resta in silenzio. In fondo, non c'è nulla da dire.
Sono rotto dentro; la storia della mia vita non era reale.

Apro gli occhi, ma vedo tutto appannato a causa delle lacrime e i singhiozzi mi dolgono il petto; è come se una pressa mi bloccasse il respiro. Istintivamente, mi guardo il polso sinistro e ... non c'è nulla: quel tatuaggio fatto a Las Vegas insieme a Daisy, quel cuore che simboleggiava il nostro amore, è sparito. Anzi, non c'è mai davvero stato.

«No, no no» mormoro tra un singulto e l'altro; mi accarezzo piano la pelle, passandoci sopra le dita con la speranza che possa ricomparire da un momento all'altro e che questo sia un sogno e non gli ultimi quattro anni – almeno nella mia testa era quattro anni.

«Perché?» chiudo nuovamente gli occhi piangendo; stringo forte le labbra tra i denti per non urlare dal dolore «Perché?»

Mi nascondo il volto tra le mani e piango. Continuo a farlo finché non sono esausto ed ogni lacrime sembra esaurita.
Piano, poggio la schiena contro la testiera fredda in plastica e guardo fuori la finestra, perdendomi completamente tra i pensieri. Ogni momento vissuto mi passa davanti come in una foto, ma è tutto così veloce che non ho nemmeno il tempo di analizzarli. Mi sento vuoto e nostalgico; qualcosa mi manca ed in fondo al cuore ho un forte malessere che nemmeno riesco a spiegare. È viscerale e totalizzante.
Di tanto in tanto, qualche lacrima torna a scivolare lungo il viso, ma io sono così stanco e spento che non ci faccio troppo caso. Vorrei solo tornare indietro a quella vita che, seppur tormenta e difficile, era mia; una vita che avevo vissuto a pieno. C'erano così tante cose che avrei voluto fare e dire, soprattutto a quella che, ormai, sapevo non essere mia sorella.

Nel frattempo, una tirocinante che ben conosco entra in stanza a controllarmi, mi sorride dolcemente e mi dice di stare tranquillo e che presto mi riprenderò. Tuttavia, sono certo che questa esperienza cambierà e segnerà per sempre la mia esistenza da questo momento in poi.

«C'ero quando ti hanno portato qui. Eri messo davvero male» mi dice avvicinandosi a sinistra del letto «Eri poco più giovane di me e ... mi ricordavi mio fratello, non so perché. Ho cercato di aiutarti come potevo, anche se non sono un vero dottore. Ancora».

Endless 2 || H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora