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Appena sentii quel tocco sul braccio cacciai un urlo fortissimo, non mi importava di svegliare il vicinato, poteva esserci la nostra vita in gioco.

Alzai gli occhi su di lui, o su di lei.
Era Momo. Non me lo aspettavo, avevo pensato al peggio.

Un attimo, e se si fosse accorta che io e Jennie siamo entrate in camera sua? No, tutto ma questo no.

Prima ancora che potessi aprire bocca Jennie mi precedette: "Ti sembra il modo di apparire nel cuore della notte?!?"

In effetti Il mio corpo era un tremolio unico. Momo rispose:"Mi dispiace di avervi colte di sorpresa, ma...Lisa, hai dimenticato questa alla festa, così vi sono corsa dietro per riportartela"

La mia borsa, come avevo potuto lasciarla lì?!?!

Io azzardai un abbraccio, che la giapponese ricambiò sorridente, aveva una stretta solida, calorosa. Era da molto che non abbracciavo qualcuno, un' amica intendo.

"Grazie mille, Momo unnie" le dissi tentando un sorriso sincero.

Jennie non disse nulla, rimase a guardarci mentre parlavamo del più e del meno. Evidentemente si sentiva a disagio, come me con Irene.

Forse non le importa nulla di me, della gente che frequento, a maggior ragione che il mio obiettivo è proprio socializzare con Momo.

"A me piace molto la danza, e a te? Quali sono le tue passioni?" mi chiese la mia unnie. Io la ascoltavo distrattamente, lei dovette ripetermi la domanda.

"Davvero? Anche a me piace molto" risposi. Avvicinarsi a una persona è più facile se si hanno passioni in comune.

Qualche trucchetto lo conoscevo anche io, ma non ero brava nella pratica.

"Perfetto, la scuola organizza delle lezioni di danza pomeridiane, potresti unirti a me se ti va! Ovviamente vale anche per te, ehm.. Come ti chiami scusa?"

"Jennie Kim" rispose a Momo. "Avresti voglia di venire con noi?", "Come no, anche Irene partecipa, giusto?"

La giapponese annuì e Jennie disse: "Siamo dei vostri". Salutammo Momo e continuammo a percorrere la strada verso casa.

"Hai mentito, brava. Cosa diranno quando vedranno che non sai ballare?" Mi domandò improvvisamente Jennie.

"Chi ti ha detto che non so ballare?" risposi, facendo la finta offesa.
"Sei un'imbranata, ammettilo".

"Penso di non cavarmela poi così male" ribattei di nuovo.
"Questo si vedrà lunedì alle prove" disse con il suo sorriso arrogante.

"Hai intenzione di andarci quindi?"
"Sì, ma sia chiaro che lo faccio solo per controllare te e Irene" ribadì con tono fermo.

Sarebbe stato divertente, almeno avrei trascorso il pomeriggio fuori, invece di stare sul letto a girarmi i pollici o a scorrere instagram.

Instagram.

"Hai Instagram?" le chiesi.
"Che t'importa" rispose acida.
"Che hai, non posso seguirti unnie?" continuai.

"Unnie? Ma da dove ti è uscito scusa?! Il nostro è un rapporto unicamente professionale, vedi di mettere da parte l'onorifico quando parli con me e non ti sognare di avere tutta questa confidenza" sospirò.

Ma chi si crede? La regina Elisabetta? Il mio capo?
"Allora ce l'hai? Perché non posso chiamarti unnie?"

"Sì, ce l'ho, ma non capisco perché ti importi così tanto".
"Non hai riposto alla seconda domanda" precisai.

"Se proprio insisti, chiamami unnie solo pubblicamente, ma quando siamo sole-"

"Ma quando siamo sole come ti devo chiamare scusa?" la anticipai.

"Non mi chiamare proprio".

Detto ciò svoltò nella via a sinistra, quella che separava il nostro cammino.

Quando avrebbe smesso di comportarsi così?

𝐌𝐲 𝐬𝐞𝐜𝐫𝐞𝐭 𝐬𝐩𝐲~𝐉𝐄𝐍𝐋𝐈𝐒𝐀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora