16-La stanza di Blacke

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BLACKE

La vedo uscire con John dall'edificio e sedersi su una panchina sotto il gazebo.
Estrae la sua solita sigaretta e se l'accende.
È bella, non bella solo nel modo provocatorio ma bella, semplice bellezza quella che ti cattura, ti prende, entra dentro di te e ci rimane.

Mi avvicino.
«Nervosa?» Domandò mentre il suo sguardo è ancora fisso sulla sua moto.
«Già» senza esitazione, sicura di pronunciarlo.
«Eppure dalle voci che corrono, non hai perso neanche una volta» gli dico mentre porto un bicchiere di birra alla bocca e il suo sguardo è ancora perso nel suo volto.
«Quando giochi non bisogna mai dimostrarsi sicuri, ne tanto meno perdenti. È la prima regola del poker anche se la applico in tutto»
«Non è male vincere però» dico cercando si smorzare quella tensione.
«Se non hai un cane da guardia dietro» rimane in silenzio per poi riprendere.
«Ho sempre amato le farfalle, sono belle, eleganti,delicate,pure. Nascono da un bozzolo,però appena escono fuori fanno vedere la loro bellezza. Volano su fiore in fiore, con le loro ali colorate e tutti le guardano danzare. Ho sempre sognato di essere una farfalla, bella, elegante e libera, invece sono di nuovo qui» lì vedo tutto il suo dolore,l'amarezza nei suoi occhi per quella vita passata, per un'infanzia distrutta.

«Vieni ti faccio vedere una cosa» gli dico mentre gli offro la mia mano per prenderla.
I suoi smeraldi cadono prima sulla mano e poi su di me.
Si alza senza toccarla.
«Allora?» Mi domanda e io senza risponderle riporto la mano in tasca e ci dirigiamo nel dormitorio.

Apro la porta e premo l'interruttore della luce.
Si guarda in torno, studiando ogni dettaglio.
Mi incammino verso il corridoio alla mia destra.
Appena arrivo all'ultima porta a destra, prendo la chiave dalla mia tasca dei Jeans e apro.

Mi dirigo direttamente alla scrivania, apro un casetto e prendo delle foto.
«Tieni» gli do le foto e lei per un'attimo non sa cosa fare ma alla fine le afferra e i suoi occhi iniziano a studiarle.
«Chi sono?» Domanda mentre mi vado a sedere ai piedi del letto.
«I membri anziani del Club»
«Quello che ti tiene in braccio è John» constata.
«Già» Non avevo mai parlato dei miei ma con lei mi sentivo pronto a parlagli, come se fosse naturale, forse perché può capire cosa si prova.

«Sono stati loro la mia famiglia. Mia madre è scappata con un altro e mio padre per quanto l'amava si è distrutto per lei. Grazie a loro che so cosa vuol dire famiglia ma l'amore quello non lo conosco come non lo conosci tu. So cosa si prova sai? So cosa si prova a sentirsi soli» i miei occhi cadono sui suoi bellissimi smeraldi e scendono giù sulle sue labbra.
Era bellissima, anche con quel macigno dentro al petto, era bellissima sempre.
«Almeno sei stato amato» sussurra con lo sguardo duro nei miei occhi.

Mi avvicino lentamente e poi premo le mie labbra sulle sue, dolce e lento, il suo sapore sulle labbra, il suo profumo riempiva la stanza e le sue mani intorno al mio collo.
Le mie braccia corrono dietro la sua schiena e l'avvicino ancora di più verso di me, il bacio da dolce e lento diventa sempre più veloce, non volendo più staccare le mie labbra dalle sue, come se ci fosse qualcosa. La mia lingua a contatto con la sua era la cosa più seducente che avessi mai provato per l'altro sesso e mi sentivo un perfetto idiota con già l'eccitazione in atto.

E poi la vedo salire a cavalcioni su di me e le mie mani non riuscivano a stare ferme, volevo sentire la sua pelle a contatto con la mia.
Le sue mani si staccano dal mio collo e scendono giù,sull'orlo della mia maglietta l'afferra e la butta in un angolo della stanza.
Stessa cosa faccio io con il suo bellissimo giubbotto e la sua maglietta bianca.

Appena vedo cosa porta sotto i miei occhi, spalanco le pupille.
Indossava un reggiseno e forse era anche troppo eccessivo chiamarlo così, erano delle strisce nere di pelle che si scontavano tra loro e l'unica stoffa che era attaccata a loro era sui capezzoli. Era provocatorio, dannatamente provocatorio.

SCOMMESSA MORTALE(IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora