4-Lei

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BLACKE
il giorno prima dell'incontro.

Sono nel pub con gli altri a bere birra, ed ho Anastasia sulle ginocchia.

Da quando me la sono portata a letto la prima volta, si ostina a starmi attaccata al culo. Il mio sguardo, ogni tanto, vola verso la porta. Sono agitato e non riesco a capire il motivo. Forse per l'incontro di domani.

Eppure guardando quella porta non penso che questo formicolio sia dovuto all'incontro. Né tanto meno all voglia di uscire e fare un giro in moto.

No, no, no. Voglio sono andare a caccia, la mia di caccia.
«Tu hai bisogno di rilassarti» mi sussurra Anastasia all'orecchio mentre le sue mani delicatamente mi girano il viso verso di lei.
Non era eccitante baciare già qualcosa che ha sempre lo stesso sapore, non era eccitante scopare con la stessa donna ma Anastasia riusciva a soddisfare anche la perversione che volevo attuare.

Non ero il solo che permette di sbatterla ma sono sicuro di essere l'unico a farle avere un orgasmo da paura.
Per questo ora è su le mie gambe, le sue labbra sfiorano le mie insieme alla sua lingua mentre la mano libera va sulla patta dei jeans.

Eppure io non sento l'adrenalina che vorrei. Non sento eccitazione e so per certo che se si mettesse con le gambe in aria sul tavolo da biliardo, non sentirei nulla, assolutamente nulla.

Mi è bastato solo con la coda dell'occhio guardare di sfuggita quella dannata porta che la rivedo.
Lei.

Lei si che era adrenalina pura. Quei dannati occhi che fulminano ogni cosa, ti strappano vivo mentre ti fissa, quell'aria sempre imbronciata e incazzata, sapeva tenere lontano ogni individuo.
E quei maledetti ricci color miele, che avevi voglia di afferrarlo in un pugno e tirare mentre urla il mio fottuto nome.
Era salita sulla terra la mia dannazione e il bello che ne ero consapevole.

Una preda, lei è una preda e quando un lupo va a caccia non ce nulla che lo possa distrarre, nulla che possa mettersi fra lui e il suo obbiettivo ed io, cazzo, io, stasera, mi sentivo un lupo, un lupo che bramava da secoli di infilare i canini in quel corpo così pieno di desiderio, di voglia, di tutto.

Alzo lo sguardo e vedo che è sola,scosta le persone che interrompono il suo cammino e non si cura molto neanche delle loro occhiatacce.

Si avvicina al bancone e il proprietario del locale li versa subito un bicchiere di birra, senza che lei avesse mosso un dito. Presumo già che la conoscesse da molto tempo.

Anche stasera porta quel suo giubbotto di pelle nero con piccole borchie sul collo e sulle spalle. Ha quell'aria da cattiva ragazza e devo essere sincero quando l'ho vista appoggiata alla sua moto, non me ne fregava un cazzo delle sigarette volevo solo vederla da vicino quello sguardo, quello sguardo che uccide a primo impatto.

Lei ti dà sicurezza, emana sicurezza da vendere eppure ora, guardando la suola del suo anfibio sbattere ripetutamente sull'asse del pavimento non sono più tanto sicuro che abbia tutta quella sicurezza che lei vuole fare credere di avere.

Ed io volevo di nuovo parlare. Così mi alzo, facendo cadere Anastasia con il culo a terra e lei in un moto di stizza mi urla non so cosa ma a me ora come ora non ne ne frega nulla delle sue urla.

Infilo le mani in tasca e vado. Già con il ghigno stampato in faccia.
Lei è lì, afferra quel bicchiere di birra e lo scola.

Devo essere sincero la mocciosetta ci sa fare. Non mi nota, per la verità non nota nessuno che le stia intorno neanche la faccia del proprietario che la sta fissando in modo preoccupato. Non gli importa, guarda solo il fondo del suo bicchiere di birra con amarezza.

SCOMMESSA MORTALE(IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora