Il destino è stronzo

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Qual'era la parola adatta?
Ah sì! Stronzo.

Il destino era stronzo, con me, con lui, con entrambi.
Nessuna scelta, solo il dovere ed era questo quello che abbiamo fatto, il nostro dovere.
Lui per il club ed io per finire una cazzo di partita , una partita che se per il mio avversario fruttava molti soldi per me era una questione di vita.

Una partita con l'unico avversario che sia in grado di battermi sul serio, una partita dove dovrei essere concentratissima per non far arrivare un bel proiettile nel mio cranio, proprio ora che avevo ritrovato quella libertà che stranamente è una persona.
Blacke Ralok, vicepresidente dei Wolfs-Storm 1%MC.

Ed io un altro uomo di quel mondo non ne volevo proprio sapere ma come ho detto prima il destino è stronzo.

Allaccio la cintura mentre con l'altra infilo nella mia tasca di jeans il mio anello portafortuna, il diamantenero.

Sospiro.
Prendo una sigaretta dalla tasca del mio giubbino di pelle, con la speranza che la cerniera non si infili nel maglione grigio.

Afferro la borsa contenete i soldi e mi dirigo fuori in veranda.
Aspiro e aspiro per poi buttare fuori ma questa volta non serve a nulla la nicotina.

Appena sento la suoneria del cellulare, lo afferrò dal tavolino e lo porto subito all'orecchio.

«Pronto?»
«Sarah, sei già arrivata?» domanda Blacke e il suo tono di voce è leggermente preoccupato.

Cerco di rispondergli più pacatamente possibile non voglio mettere altra legna sul fuoco.
«No aspetto un altro po' e poi vado, tu?»
«Un altro paio di giorni e poi torniamo a casa- passano forse cinque minuti per poi riprendere a parlare- Sarah, per favore non fare cazzate e sta attenta. Non fare nulla di avventato e al primo segno di pericolo esci. Hai capito? Non. Fare. Cazzate» ogni parola la dice lentamente e stringendole in mezzo ai denti.
«Va bene, niente di avventato e scappo al primo pericolo» mi esce un sorriso per il semplice fatto che oltre a Gemma,nessuno in tutta la mia vita mi abbia detto queste cose.
«Ti amo piccola, ora devo andare» attacca subito la telefonata senza darmi il tempo di rispondere ma non m'importa, il club è il club.

Ma non sapevo che sarebbe stata l'ultima volta che avrei sentito quelle parole.
L'ultimo Ti amo prima della tempesta.

Entro in macchina, sistemando il borsone al mio fianco per poi accendere la mia Shelby nera e partire verso quel maledetto Hotel.

Ore 21.30 parcheggio davanti all'entrata e sinceramente non mi rassicura per niente questo posto che sembra dimenticato da Dio.

Ma perché i criminali hanno questa voglia di fare succedere le cose in posti del cazzo. Almeno un uomo se deve morire fallo morire in un posto più decente.

Tamburello le mani sul volante,desolato, tutto desolato, solo alcune macchine sfrecciare da una parte all'altra. Fumo una sigaretta per fermare il nervosismo ma nulla.

Ore 21.55. Scendo dalla macchina con il borsone, e mi dirigo verso l'entrata dell'hotel. Era un posto lasciato in mano a sé stesso. Sbiadito, finestre rotte.
Spingo la porta, il bancone della reception era tutto rovinato e dietro c'era una piccola signora anziana leggermente paffutella.
Mi chiesi cosa ci potesse fare una donna in un posto del genere così squallido.

«Scusi»
La donna alza quei suoi occhioni color nocciola su di me.
«Stanza 279, terzo piano»
La gola mi secca, sono davvero sicura?
Si lo sono, anche questa storia deve finire.

Prendo l'ascensore e schiaccio il numero tre. Prendo un'altra sigaretta, non mi faccio molti problemi di sporcare il posto, non credo che in questo momento possa farmi domanda su come la mia sigaretta possa rovinare perché qui è già tutto rovinato.

SCOMMESSA MORTALE(IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora