Capitolo 7

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È passato quasi un quarto d'ora quando la McGranitt rientra nella Sala Grande, facendo calare immediatamente il silenzio.

Io e Sirius, che mi ha raggiunto al centro del palco, ci voltiamo verso di lei in attesa, come tutto il resto della scuola.

- Il duello è terminato, potete tornare nelle vostre Sale Comuni, - annuncia laconica, con un tono tale da trasformare quel potete in un dovete.– James Potter è il campione di Grifondoro.

So di essere il campione di Grifondoro. Voglio dire, basta guardarmi per capirlo. Ma dov'è finita la parte in cui lo dimostro? E soprattutto, dov'è finita Evans?

La McGranitt se la sta letteralmente dando a gambe dopo avermi gettato nell'occhio del ciclone, dove con ciclone intendo tutta la Casa di Grifondoro, che grida entusiasta e mi festeggia come se avessi effettivamente vinto il duello. Vorrei fermare la McGranitt e farle notare che non ho affatto vinto, non ancora almeno, ma non faccio in tempo a fare due passi che un altro ciclone, uno dai capelli neri e gli occhi grigi che si spaccia per il mio migliore amico, mi placca e mi solleva in aria con un ululato canino, spezzandomi, credo, qualche costola. Tutto questo è molto carino, davvero – non la parte delle costole spezzate, quella è dolorosa e lievemente soffocante, ecco. L'entusiasmo di Sirius e dei miei compagni, quello sarebbe anche piacevole, ma sembra che tutti si siano dimenticati di un minuscolo, irrilevante dettaglio: per vincere, bisogna, come dire, vincere. Non è soddisfacente che Evans si sia semplicemente volatilizzata nell'aria, perché non è qualcosa che richiede da me grandi capacità. Vorrei farlo notare a tutti, spiegare che dobbiamo assolutamente rimandare la festa a quando avrò davvero battuto Evans, ma non appena Sirius si decide a liberarmi ed i miei piedi toccano terra di nuovo, sento altre braccia attorno alle mie e poi pacche sulle spalle e strette di mano e vi prego qualcuno mi aiuti. Nella marea di gente che si sta complimentando con me, scorgo anche cravatte dai colori diversi dal rosso e l'oro e santo Godric, che diavolo volete dalla mia vita, andatevene a festeggiare i vostri campioni e lasciatemi in pace. Non sono dell'umore per un bagno di folla. Questo non sembra interessare ai miei compagni, che dopo un tempo indefinito, cedono alle minacce di Gazza ed iniziano a trascinarmi di peso verso la nostra Sala Comune, dove i festeggiamenti possono continuare solo tra pochi intimi. E con pochi intimi intendo tutti i Grifondoro dal primo anno in su.



*



Silente sta continuando a parlare, ne sono vagamente consapevole. 

I suoi occhi azzurri, puntati su di me al di là dei sottili occhiali a mezzaluna, riempiono il mio intero campo visivo.

No, non è vero: c'è anche l'ampia scrivania in quercia lucida, proprio tra me e il Preside; ci sono le pergamene e le piume d'oca, c'è la fenice sul suo trespolo, proprio accanto all'armadio; c'è un uomo dallo sguardo arcigno e le sottilissime labbra rosso sangue, che si accarezza la barba dentro la cornice di un quadro, appeso a una parete insieme a tanti altri. Ci sono gli strumenti sugli armadi e dietro le vetrinette di vetro, bilance d'ottone e superfici dorate, clessidre argentee, così luccicanti da far male.

C'è l'ufficio di Silente, così pieno di distrazioni, tutte attorno a me.

Ma non è come se qualcosa di tutto questo esistesse davvero: a malapena ci sono io, qui, su questa poltroncina.

So di esserci, perché sento le mie mani gelide aggrappate ai bordi morbidi, le unghie che affondano nel cuscino imbottito.

In teoria ci sono, ma in pratica Lily Evans ha appena smesso di esistere in questo universo e sta galleggiando in un punto imprecisato della stanza, non abbastanza lontana da smettere di vedere il mio corpo, ma neppure così vicina da sentirlo ancora.

Choose A Star (A Marauders Fanfiction)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora