Nel momento stesso in cui poso il primo piede a terra, scendendo dal treno, l'immagine del mio libro di Erbologia abbandonato sulla mia scrivania a casa si materializza di colpo nella mia mente ed io mi congelo sul posto. Ecco cos'ho dimenticato. Riesco già a sentire la voce di mamma sfondarmi i timpani tramite la strillettera che riceverò non appena si accorgerà che è successo di nuovo, nonostante i suoi infiniti 'Peter, tesoro, sicuro di aver preso tutto? Sicuro? Sicuro sicuro? Ma sicuro sicuro sicuro?'. Non è nemmeno colpa mia a dirla tutta: nessuna persona al mondo riuscirebbe a connettere ancora il cervello dopo l'ennesimo sicuro sicuro sicuro? pronunciato con una tonalità ascendente sempre più acuta e vagamente dolorosa. A parte Remus, certo, ma lui sarebbe in grado di pensare e connettere e tutte quelle cose intelligenti anche con due strillettere appiccicate alle orecchie: è la sua specialità, far funzionare il cervello anche in condizioni avverse al ragionamento. Così come è specialità di James afferrare un boccino minuscolo prima degli altri, specialità di Sirius riuscire a mangiare anche a testa in giù e specialità mia farmi spintonare e prendere a male parole dagli studenti bloccati sul treno dietro di me, sui cui gradini ho ancora l'altro piede, quello che non è a terra. Non sono Remus, pensare lucidamente ed in fretta anche mentre tutti mi stanno gridando contro non mi riesce particolarmente bene, ma nonostante ciò, giungo abbastanza in fretta alla conclusione che la mossa migliore da fare ora è spostarmi, lasciando tutti liberi di uscire. Funziona, per l'appunto: non appena porto a terra anche l'altro piede, spostandomi di lato, il folto gruppo di studenti che sono rientrati a casa per le vacanze di Natale si riversa sull'asfalto grigiastro della stazione, puntando subito in direzione dell'uscita, dove ci aspettano le carrozze per Hogwarts; non c'è nessuno da salutare qui, è domenica sera e questo vuol dire che a nessuno studente di Hogwarts è permesso essere ad Hogsmeade, nemmeno per dare il bentornato ai propri amici.
I miei amici, per l'appunto, non sono nessuno studente di Hogwarts.
Sono i Malandrini e questo è il motivo per cui, prima di poter fare anche solo un passo, sento improvvisamente delle dita che si chiudono attorno al mio braccio strattonandomi di lato e subito dopo una stoffa fresca e liscia come seta scorrermi rapida sul viso.
*
«Peter!»
James, nell'eccessivamente entusiasta intento di abbracciare il nostro amico, mi dà la terza gomitata sul naso da questa mattina, quando è stato deciso all'unanimità - in cui unanimità sta ad indicare che ogni parte di James era convita della cosa - che saremmo stati degli amici spregevoli e infami se non fossimo venuti a prendere Peter alla stazione di Hogsmeade. Forse ha ragione, lo saremmo stati: amici spregevoli e infami e col naso intatto e non dolorante per le infinite gomitate e perfettamente in linea col regolamento scolastico, ad attendere comodamente Peter all'entrata del parco di Hogwarts insieme a tutti gli altri e non spiaccicati l'uno contro l'altro sotto un mantello dell'invisibilità in un posto in cui non ci è assolutamente concesso di essere. Credo che sia stata una buona idea quella di lasciare la mia spilla da Prefetto al castello, l'unica buona idea della giornata.
«Cazzo, James, ahia, spero che tu muoia nel sonno, figlio di puttana. Sta' fermo, fermo» Sirius, d'altro canto, non ha la mia stessa predisposizione a ricevere in silenzio le gomitate altrui. «Peter. Petey Pete. Sei proprio tu? Sei tornato davvero, dopo tutto questo tempo?»
«Sono stato via solo venti giorni.»
«Pensavamo ci avessi abbandonato per sempre, è così bello vederti.»
«Sei ancora come ti ricordavamo, come se non fosse passata un'eternità.»
«Venti giorni.»
«Anni luce!»
«Quella non è un'unità di tempo» Qualcosa nel nucleo stesso del mio essere mi costringe a precisare, mandando in frantumi il mio proposito di non intervenire nel melodrammatico teatrino di James e Sirius. Davvero, non vedo il punto di stare sotto un mantello dell'invisibilità se poi si ha comunque intenzione di schiamazzare in questo modo. «Bentornato, Pete. Sei mancato anche a me.»
«Mente» dice Sirius intercettando con un gesto deciso la mia pacca di saluto a Peter. «Sotto il suo materasso ha i moduli da compilare per partecipare alle selezioni del Malandrino sostitutivo: ha iniziato a distribuirli dopo appena due ore dalla tua partenza. Ha una spilla da Prefetto al posto del cuore, te lo dico io.»
«È vero» annuisce James con aria grave. «Ci ha impedito di portare in camera il topo che abbiamo catturato nei sotterranei.»
«Avete catturato un topo?»
«Certo, perché a noi mancavi davvero.»
«Più grande di me?» si informa Peter sospettoso e quando James nega pare rilassarsi: a quanto pare il fatto che i tuoi migliori amici provino a rimpiazzarti con un roditore qualsiasi è offensivo solo se suddetto roditore ha una stazza maggiore della tua. Affascinante.
«In ogni caso era malvagio» aggiunge Sirius. «Continuava a cercare di morderci.
«Troppo tempo passato nei sotterranei» sospira James. «La sua lealtà era segnata: era un topo Serpeverde.»
«Era?»
«Remus lo ha ucciso.»
«Non l'ho mai nemmeno sfiorato il vostro topo, da persona sana di mente quale sono.»
«Ci hai costretto a liberarlo, la morte di Wormtail secondo è sulla tua coscienza.»
«Non pensavo di dovervi ricordare io di controllare che non ci fosse Mrs Purr nei paraggi prima di liberarlo.»
«Ha cercato di mangiare anche me una volta» sospira Peter con lo sguardo nel vuoto, perso in ricordi lontani.
«Bene» esclama Sirius battendo le mani. «Voto per allontanarci da qui: mi sono rotto di stare sotto questo mantello con voi tre appiccicati addosso come bavose.»
«Ti vogliamo bene anche noi, Padfoot» James fa un sorrisetto sarcastico. «Comunque io voto per andare ai Tre Manici.»
«Anch'io.»
«Sì, una Burrobirra la prenderei volentieri.»
«Io voto per tornare al castello.»
«Tutti d'accordo quindi, sì? Nessuno contrario?»
«Io voto per tornare al castello.»
«E Tre Manici sia!»
«E poi le ho spinto forte sul petto e la prozia Betty ha sputato l'osso di pollo in faccia a mamma» Peter sorseggia compiaciuto la sua Burrobirra, visibilmente orgoglioso. «E tutti hanno iniziato ad applaudirmi.»
«È stato molto eroico da parte tua, Pete, davvero» commento pacato, scaldandomi le mani contro la tazza di cioccolata fumante. E nonostante abbia le labbra ancora immerse nella schiuma della sua Burrobirra, il versetto contrariato di Sirius mi giunge chiaro alle orecchie.
«Ho fatto la stessa identica cosa con mia zia Druilla e tu l'hai definito immaturo, non eroico.»
«Le hai infilato un osso di pollo in gola con la magia: non è per niente la stessa cosa» preciso. «È la differenza tra un salvataggio e un tentato omicidio.»
«Non è tentato omicidio sotto gli undici anni: non avevo nemmeno la bacchetta ancora.
«Ha ragione, Moony» annuisce James, che tende a dare ragione a Sirius come regola di vita. «La magia non intenzionale non conta, lo sanno tutti.»
«E quello è stato il momento più emozionante delle mie vacanze» riprende Peter ignorandoci. «Cos'avete combinato voi invece?»
Sirius smette di guardarmi vittorioso solo per voltarsi verso Peter, accigliato. Anch'io mi volto verso di lui. James no. Sorseggia la sua Burrobirra con aria distratta, ignorando che ora sia i miei occhi che quelli di Sirius sono su di lui. Poi Sirius torna a guardare me ed io guardo lui e poi guardiamo di nuovo Peter, che pare piuttosto confuso. Per qualche secondo l'unico rumore è quello del chiacchiericcio tranquillo degli altri clienti e il tintinnare dei boccali contro il bancone del locale, poi Peter solleva le sopracciglia e spezza il silenzio.
«Beh? Non è successo niente di niente in venti giorni?»
Passano diversi secondi e sembra che nessuno mai risponderà a questa domanda, ma alla fine Sirius lo dice e basta.
«James lo sa.»
«Certo che lo sa, è rimasto qui con voi» borbotta Peter, che non ha evidentemente colto la solennità dell'annuncio. «Sono io che non lo so.»
«No, James lo sa. È questo che è successo.»
«James sa cosa?»
«La cosa.»
«Quale cosa?»
«La cosa. Quella.»
«La cosa che noi sappiamo e che James non sa» intervengo io, perché Peter continua ad avere un'aria perplessa. Quando finisco di parlare spalanca gli occhi, guardandomi incredulo.
«La cosa?»
«Sì, quella.»
«No, aspettate, non credo che abbiate capito a quale cosa sto pensando io» Peter assottiglia gli occhi, spostandoli da me a Sirius come se cercasse di leggere attraverso le nostre fronti. «Non può essere quella.»
«È quella.»
«Ma quella quella?»
«Hai capito perfettamente.»
«La cosa che noi tre sappiamo e che James non sa? Quella? James lo sa ora?»
«Lo sa. Da quasi tre settimane.»
«Lo sa? Lo sai? È incredibile» Peter lancia un'occhiata sconvolta a James, che è ancora impegnato a sorseggiare la sua Burrobirra e a fingere di non essere seduto a questo tavolo con noi, perché è quello che fa quando non vuole che si tenga una conversazione. Peter riporta gli occhi su di noi, un sorrisetto incredulo sulle labbra. «E ne stiamo parlando? Quella è la cosa di cui non parliamo, ora possiamo farlo invece?»
«Non ne sono sicuro» commento, azzardando un'altra occhiata nella direzione di James. Non riesco ad essere particolarmente intelligente riguardo a tutta questa storia, perché nemmeno Sirius sa bene come comportarsi e questo è inusuale. Non che Sirius sia di solito un modello di comportamento da imitare naturalmente, ma quando si tratta di James è l'unico in grado di fare luce fino in fondo in quello che si nasconde sotto quel groviglio di capelli dotati di vita propria. «Forse non la chiameremmo la cosa se ne potessimo parlare.»
«Possiamo parlarne» dice Sirius. «Non parlandone.»
«Oh Godric, ragazzi, piantatela» James sbuffa, battendo esasperato il boccale vuoto della sua Burrobirra sul tavolo. Ed io potrei prendere la sua aria spazientita molto più sul serio se non ci fossero quei baffi di schiuma proprio sopra le sue labbra. Non sono l'unico ad averli notati e prima di riprendere a parlare, James si leva con uno scatto nervoso il tovagliolo che Sirius gli ha appiccicato sotto il naso. «Sono proprio qui davanti a voi. E non c'è nessuna cosa, non chiamatela la cosa, lo fate sembrare il punto attorno a cui gira tutto l'universo conosciuto. Non lo è. È un fottuto incidente di percorso.»
«Fottuto incidente di percorso è il nome in codice quindi?» chiede Peter, con l'aria di chi vorrebbe avere una pergamena su cui prendere appunti. «Ufficialmente parlando?»
«No» dice James e non ha l'aria di chi sta galleggiando a tre metri dal suolo che ha di solito. «Non ci serve un nome in codice, perché non c'è alcun bisogno di parlarne: è un problema totalmente risolvibile di cui mi occuperò al più presto. Un errore di distrazione. Seccatura momentanea. Beffa del destino. Anomalia correggibile.»
Ho come l'impressione che James stia ancora mormorando tra se e sé bizzarre definizioni del suo essere innamorato di Evans mentre si allontana in direzione del bancone, senza più degnarci di un'occhiata. Peter lo segue con lo stesso sguardo che dedica di solito ai miei appunti di Aritmanzia, poi si gratta il naso, dubbioso.
«Siete sicuri che lo sappia, sì?»
«Lo sa» dice Sirius, che quella notte mi ha buttato giù dal letto alle tre e mi ha trascinato in bagno solo per bisbigliarmi lo ha detto, Remus, lo ha proprio detto.
«A me sembra in fase di negazione» insiste Peter, prendendo un sorso di succo di zucca.
«No, ha ammesso di essere innamorato di Evans» dico io. «Quello che non accetta è continuare ad essere innamorato di lei. È convinto che ora che ne è consapevole, potrà applicarsi e farsela passare.»
«Quindi non lo sa davvero.»
«Oh, non lo so, Pete, è James, lo sai com'è.»
«Io lo so, ma lui lo sa?»
*
- Ecco a te, James.
Rosmerta, la giovane figlia del proprietario dei Tre Manici, fa scivolare la Burrobirra di fronte a me con un sorriso sfavillante, prima di riprendere a spolverare il bancone qui vicino. Io mi sistemo meglio sullo sgabello, appoggiando un gomito al bancone e bagnandomi le labbra nella schiuma, trattenendo un sospiro seccato: tutto questo non dovrebbe accadere a me. Riscoprirsi innamorati pateticamente di una che non ti vorrà mai è qualcosa che si addice di più ad un Tassorosso sfigato, come quel Butler del quinto anno che passa tutto il tempo a cercare farfalle nel parco da aggiungere alla sua collezione; lui ha sicuramente una cotta senza speranza per qualche sua compagna che non se lo filerà mai, ci metto la mano sul fuoco. È scontato e prevedibile che cose del genere accadano a tipi come lui, è l'ordine naturale degli eventi ed è giusto così. Quello che non è affatto naturale o sensato o giusto è che succeda a me, a James Potter, che sono il Grifondoro meno Tassorosso che esista e non ho mai collezionato farfalle in vita mia. Mi fanno schifo le farfalle, a dirla tutta: tutti ad ammirare i disegni e i colori sgargianti delle ali e mai nessuno che si soffermi su quelle zampette nere e disgustose che se ne stanno proprio lì nel mezzo a contorcersi. Ho sempre trovato le farfalle repellenti, ogni istante della mia intera vita, e quindi perché ora sono innamorato di Evans?
Non c'è alcuna logica in tutto ciò. Non dovrebbe succedere a me e ci dev'essere qualcuno a cui posso dirlo, una qualche figura che stia a capo di queste cose e che controlli che sia tutto nella norma, da cui posso andare e spiegare con il mio charme inenarrabile che è stato commesso un errore. Che è Butler quello innamorato di Evans, non io.
Rosmerta continua a spolverare e a lanciarmi occhiatine di sfuggita, mentre io fisso attentamente il liquido chiaro nel mio boccale. Inizio a trovare insopportabile il restarmene semplicemente qui seduto senza fare nulla, quando è così chiaro che è necessario trovare una soluzione a questa intera situazione al più presto, solo che nessun piano preciso riesce a prendere forma nella mia mente. Non essere innamorato di Evans, ovviamente, ma questo è più un obiettivo che un piano. Ora devo solo capire qual è la mossa giusta da fare per raggiungerlo, una mossa diversa dal tornare al castello e prendere Butler a pugni finché non ammetterà di essere lui quello innamorato di Evans, così che io possa tornare alla mia vita felice e spensierata in cui l'unica persona di cui sono innamorato è Roderick Plumpton, Capitano dei Cannoni di Chudley e miglior Cercatore al mondo. Credo che sarebbe soddisfacente prendere a pugni Butler e costringerlo a dichiararsi ad Evans, anche se lui non ha la più pallida idea di chi sia lei probabilmente, perché sarebbe comunque fare qualcosa, qualcosa di diverso del sorseggiare la mia Burrobirra sotto lo sguardo insistente di Rosmerta.
Lei ha una cotta per me, è abbastanza evidente.
Ha una cotta anche per Sirius, credo, e per ogni ragazzo di Hogwarts sufficientemente carino a cui serve da bere, ma sono abbastanza sicuro di essere io il suo preferito. Questo perché Rosmerta è una ragazza normale ed è questo che le ragazze sane di mente fanno: preferire me. Riconoscere la mia indiscussa bellezza, simpatia, bravura in praticamente tutto ed eleggermi a loro esponente preferito del genere maschile. Voglio dire, non sono tutte innamorate di me, è chiaro, e checché si dica in giro non sono così arrogante da non saperlo; e tuttavia io piaccio a tutte, almeno un po', suscito in loro una simpatia istintiva, perché è quello che le persone come me fanno, piacere agli altri. Ma Evans non è normale, è stata per cinque anni la migliore amica di Severus Piton e questo è un chiaro segno di quanto lei sia totalmente fuori di testa. Apprezzare Piton e odiare me, chi farebbe una cosa del genere? A parte i Serpeverde, certo, ma lo sanno tutti che loro non sono vere e proprie persone, quanto piuttosto bizzarri scherzi della natura formati da frecciatine velenose e battutine sprezzanti, il tutto condito con costanti sguardi di superiorità.
STAI LEGGENDO
Choose A Star (A Marauders Fanfiction)
FanfictionE lui poteva appendermi a testa in giù tutte le volte che ne aveva voglia, ma questo non sarebbe mai cambiato. Perché Lily sorrideva a me e non a lui. ~ Severus Piton [...] "Attenta, Evans. Volevi cavarmi un occhio?" "Non negherò che mi arrecherebb...