Capitolo 43

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Il mare gelido mi bagnò le caviglie. Era tutto apatico, scuro. Immaginavo tutto ció diverso. L'oceno aveva un colore appassito che si confondeva con il grigio del cielo. La sabbia era sottile, bianca, pallida come la mia pelle. Mi alzai e iniziai a guardarmi in giro, ero rimasta seduta troppo a lungo. Avevo gli stessi vestiti del giorno prima, ma erano puliti. Cominciai a corre, urlai, presi a calci la sabbia e il mare, ma stavo sprecando tempo e forze. Era un luogo isolato; la spiaggia non aveva fine e più cercavo di raggiungere la il confine, più mi ritrovavo sempre nello stesso punto. Mi accasciai a terra e mi nascosi fra le ginocchia.
Una mano si poggió sulla mia spalla destra. Era un bambino, anche lui pallido, gli occhi di un azzurro intenso,i capelli neri che seguivano il soffiare del vento, e il suo corpo fragile e indifeso.
"Non urlare, non è così che migliorerai le cose"
Ancora incredula, provai a toccarlo, ma la mia mano gli passó dentro. Era vuoto, era aria.
"Cosa cerchi di fare? Non sono reale, qui niente è reale, neanche tu"
"Dove mi trovo? Chi sei?"
"Ti trovi in quel che chiamo • la zona di passaggio •. La gente sta qui e decide se passare di sopra o di sotto."
" Non riesco a seguirti "
" Maddison tu sei in coma. I dottori dicono che non ci sono speranze, ma loro non capiscono niente. Sei tu quella che devi avere speranze. Siamo entrambi anime senza speranza, che finalmente stanno dedicando a sé qualche secondo di pace. Siamo il nostro ego. Siamo così grandi, da sembrare infinito."
"Io sono in coma?"
"Sì,hai perso sangue e non sono riusciti a curarti in tempo."
"E tu, invece?"
"Mi trovo al piano di sopra rispetto al tuo."
"E perché non ti svegli? Se abbiamo la possibilità di scegliere!"
"Non é facile per tutti, Maddison"
"Io sto bene qui, voglio stare ancora in pace con me stessa"
"Non essere egoista. Ancora non hai valutato il mondo esterno"
Mi spostó verso il mare, nel quale si rifletté una scena.
Era una stanza di ospedale; il suo interno era pieno di gente infelice, depressa, senza speranza. E quella nel letto... sono io. Non avevo una bella cera. Intorno a me ci sono tutti: Andrea piangeva su una sedia, Luca stava cercando di consolarla. Valerio mi teneva stretta la mano e volevano liberarlo da me, ma si opponeva. C'era Jack, mio padre e mia mamma... nessuno aveva una bella cera lì dentro. Poi è entrato un ragazzo, alto, gli occhi uguali ai miei, proprio come le labbra. Indossava una tuta mimetica e sopra essa, varie medaglie. Era mio fratello. Si avvicinó a me; mi guardava, non aveva parlato a nessuno, osservava me, immobile, con gli occhi grandi e bagnati. Delle lacrime iniziarono a delineargli quella sua mascella muscolosa. Buttò di colpo il suo borsone e si accasció a terra, ancora sconvolto.
I miei occhi diventarono lucidi e iniziai a piangere.
'Mio fratello", sussurrai.
Il bambino mi fece alzare e mi abbracció forte.
"Quando è stato?"
"Tre giorni fa"
"Da quanto tempo sono qui?"
"Un mese e tre giorni."
Osservai quell'immagine perdersi fra le onde del mare.
"Ora sta a te decidere"

Bιg as τo seem ιnfιnιte || Ser Travis ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora