PRIMA PAUSA

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Percy prese la mano del padre, trascinandolo lontano dagli altri.
"Percy, non devi giustificarti con me, avevi tutto il diritto di..."
Percy lo abbracciò forte, stringendolo. "Non pensavo davvero che tu mi avresti ucciso, papà. Ho solo... avevo paura che lo avresti fatto per salvare l'Olimpo e..." "Come hai potuto pensare che lo avrei fatto?"
Percy guardò il padre, prima di mordersi il labbro e agitarsi. "Percy..."
"Non era per te, okay? Non..."
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, nervosamente, prima di sospirare e voltarsi.
"Allora per chi...?"
Poi Poseidone riconobbe i movimenti del figlio. Erano quelli di un animale in gabbia.
"Riguardava Gabe?" "Quando ero più piccolo.... Mi diceva che era colpa mia se ci avevi lasciati. Che ero inutile e un peso, che sarei stato meglio morto... So che non è vero, e so che non mi uccideresti, non per quello almeno, ma..." "Non ti ucciderei affatto, Percy. Sei il mio figlio prediletto, non lo sai ancora? Tritone è arrivato ad accettarlo."
Percy lo guardò con gli occhi pieni di lacrime. "Davvero? Anche se sono un casino e manco di ogni tipo di rispetto?" "Non sei un casino, e sono fiero del casino che causi e della mancanza di rispetto che mostri. Ogni volta che la fai franca, è un merito a me."
Percy rise acquosamente, stringendo poi il padre. "Sono fiero di te, Percy. E non pensare mai che ti lascerei morire. O che persino ti ucciderei io stesso." "Per essere onesto, quella profezia era davvero deprimente." "Se uno dei versi era la morte per mano di un genitore, allora non ne dubito."
Percy sorrise al padre, che ricambiò felicemente.
"Adesso, cosa è successo tra te e la progenie di Atena? Ho pensato che voi due spartiste un intenso e reale rapporto."
Percy distolse lo sguardo. "Abbiamo avuto un'incomprensione. Non... siamo ancora amici, ma per avere una relazione serviva qualcosa in più che noi non siamo riusciti a trovare." "Ti ha biasimato per qualcuno dei tuoi poteri? Sono fonte di molti litigi tra i miei figli e quelli dei figli di Atena."
Percy fece una smorfia. Molti dei poteri che aveva non erano normali nemmeno per i figli immortali di suo padre. Ne aveva sentito parlare nei miti e visto dalle reazioni degli altri ai suoi poteri.
"Non per i miei poteri. La ragione principale è che io ero cambiato troppo e troppo velocemente. Essere rapito dal Campo, le imprese fatte, io... ero diverso dal sedicenne che aveva lasciato e non aveva avuto la possibilità di cambiare insieme a me. Non la biasimo, papà."
Poseidone annuì e poi domandò. "E gli altri della profezia? Sembravate tutti sconvolti dal pensiero di un intero libro per spiegare come aveste chiuso le porte della morte. Troppo, per essere onesto." "Solo... papà, non... lo leggerai." Offrì il semidio e Poseidone lo fissò, decidendo di non insistere quando si rese conto di quanto fosse provato il figlio.
Annuì, allora, vedendo la suddetta figlia di Atena aspettare pazientemente la possibilità di parlare con il figlio. Decise di concederla, sapendo che anche il figlio ne aveva bisogno.
Poseidone diede una semplice occhiata a Annabeth passando, non dando segni di aver sentito il suo saluto.
Percy le sorrise goffamente. "Annabeth." "Dobbiamo parlare di un po' di cose." Disse la ragazza e Percy annuì. "Lo dobbiamo fare."
I due si sedettero uno davanti all'altro.
"Prima di tutto... ti da fastidio quando ti chiamo Testa d'Alghe? Ti ricordo Gabe?" "All'inizio era piuttosto fastidioso e lo ammetto non è stato piacevole continuare a sentirlo. Ma ci ho fatto l'abitudine, quindi non mi da più fastidio."
Annabeth fece una smorfia. "Perché non mi hai detto niente sulla tua conoscenza sui miti greci? Non avrei reagito male." "Sembravi essere sicura della mia ignoranza e non volevo rovinare quell'immagine. Inoltre, pensavo avresti avuto un infarto se ti avessi detto quanto bene conoscevo i miti greci. Sarebbe andato contro tutti i tuoi pensieri sugli dei e i ruoli dei loro figli." "Ma non volevo farti credere di reputarti un idiota, Percy." "Quando mi sono ricordato di Forco? Eri così sconvolta e ti sei sentita meglio quando dopo mi sono ricordato di lasciarti avere la possibilità di esporre la tua conoscenza." "Ma non dovevi farlo a tuo scapito. Eravamo in una relazione romantica, ci sarebbe dovuto essere parità tra noi." "Non hai mai pensato che ci fosse parità dal punto di vista della conoscenza e molte volte anche dall'intelligenza."
Annabeth si morse il labbro, prima di dire. "Ha ragione Jason, io ho reagito piuttosto male per i tuoi poteri. Non avrei dovuto reagire in quel modo. Hai fatto quello che dovevi fare per sopravvivere, per non essere ucciso. Il problema principale era che hai continuato a usarlo anche dopo."
"Lo so. Ma era necessario anche dopo." Annuì Percy e Annabeth sospirò annuendo. "Se vuoi, potremmo...?" "No, direi che è meglio non mischiare le due cose. Rimane il fatto che abbiamo avuto delle esperienze troppo diverse per essere paragonate e siamo maturati in modi e momenti diversi."
Annabeth sospirò, annuendo delusa. Aveva sperato di poter riprendere il loro rapporto da prima del loro litigio sull'Argo II.
"Tuttavia, come amici abbiamo formato il migliore team esistente, Annabeth. Possiamo sempre essere migliori amici, non serve essere in una relazione per essere vicini."
Annabeth sorrise, stringendo il ragazzo tra le braccia.
Aveva avuto paura di una conversazione con Percy, perché aveva paura di perderlo anche come migliore amico.
Non riusciva a superare la sua paura, ma non era perché non si fidava di Percy.
Solo i suoi poteri la rendevano inquieta.

Recandosi nelle stanze che le Parche avevano destinato, Poseidone trovò i regali del figlio, con una nota delle Parche che li riteneva importanti da dare in quel momento all'uomo, insieme a una frase che colpì il dio.
Non dubitare dell'amore che tuo figlio prova per te.
Quel giorno dormì pacificamente.

La mattina dopo, Poseidone, Zeus e Ade si sedettero vicino a Percy e Jason, che erano già impegnati in una conversazione piuttosto accesa.
Quando però gli dei si sedettero, smisero di parlare.

"Stavate parlando male di noi?" Domandò Zeus, alzando un sopracciglio verso i due semidei.
Jason diede uno sguardo al  cugino, prima di dire "Percy?" "Non ho niente da dire." Jason sospirò vedendo la sfida negli occhi dell'amico. "Non stavamo parlando male di voi." "Ma stavate parlando di noi." Concluse Ade, guardando incuriosito Percy, che sospirò e disse. "Siamo bloccati qui, quindi si sono fermati. Ma probabilmente verrà fuori nella lettura..." "Perce.."
Percy e Jason si guardarono e il primo sospirò prendendo un coltellino da burro e tagliandosi il palmo della mano.
"Quando è diventato così?" Domandò Zeus, fissando il sangue maggiormente oro. Troppo, per un mortale, troppo poco per un dio.
Un'ascensione.
"Dal Tartaro." Ammise Percy e Poseidone lo fissò. "Tu e Annabeth vi siete lasciati per la tua futura ascensione?" "Annabeth non lo sa. Grover lo sa, Nico, Hazel e Jason. Michael."
Ade scosse la testa. "Avresti dovuto parlarne prima, Percy." "Lo so, solo che..." "È una questione molto importante." Disse Ade, con un tono definitivo e Percy sospirò. "Non avrei davvero dovuto mandargli quella lettera, gli da troppo potere."
Jason, Zeus e Poseidone lo guardarono confusi e Ade lo fissò divertito. "Quello era il problema? Non il contenuto?" "Nah, era una domanda legittima." 
Poseidone guardò Ade, che disse. "Tuo figlio ha continuato a chiedermi di mandargli dei mostri dietro per dover evitare gli esami di fine anno di algebra. Insistentemente." 
Poseidone spalancò gli occhi verso Percy. "Non lo ha fatto, tranquillo, papà." "Lo hai chiesto, però?" "Alla Goode High School non l'ho fatto, no?" "Volevi fare buona impressione su Paul." Gli disse Ade, e Percy sorrise. "Paul è così cool! Vero, Jay?" "Assolutamente! E' stata divertente quella partita di baseball." 
Zeus e Poseidone si accigliarono, aumentandolo quando Percy guardò Ade. "Vero che lo è?" "Come conosci Paul Stockfis?" Gli chiese Poseidone e Ade scrollò le spalle. "Ho fatto visita a Percy nel corso degli anni. Gli piace giocare a scacchi." "Più come, mi hai obbligato. imparare a giocare a scacchi! Lo hai messo come tangente!" "Qualunque cosa, bambino." "Non puoi chiamarmi bambino quando hai torto!" "Qualunque cosa, bambino."
Percy guardò sconvolto Jason, che sorridendo disse. "Penso che possa farlo." "Ma... non è giusto." "Dovrai conviverci. Almeno adesso sai cosa prova il resto di noi quando fai qualcosa tu, e poi dobbiamo affrontarlo." "Non faccio niente io!" "Come no, sicuro." "Diffamazione!" "Melodrammatico!" "Io non sono melodrammatico!" "No? Quando Leo ti ha quasi colpito con un cacciavite sei andato avanti tre ore parlando di fiducia infranta e tentati omicidi!"
Percy scrollò le spalle. "Leo lo adorava. Vero Leo?"
Camminando, il gruppo era tornato alla Sala adibita alla lettura, e Leo annuì verso Percy. "Assolutamente, totalmente." "Sai di cosa parliamo?" "Sono sempre con Percy."
Percy sorrise, sedendosi tra Ade e Poseidone, e guardando Demetra prendere il libro e arrivare alla pagina giusta. 
"Distruggo un autobus che funzionava a meraviglia"
Tutti gli sguardi si posarono su Percy. "Bei tempi, quelli. Potevi distruggere gli autobus e nessuno si lamentava nemmeno." Grover sospirò. "Non sono sicuro che mi manchino quei tempi. Rischiavamo di morire ogni minuto." "Anche adesso, però possiamo apprezzarne l'umorismo." Gli disse Percy e Piper sospirò. "Nessuno ne apprezza l'umorismo." "Deve essere così noioso nella vostra testa." Commentò Percy, sospirando e scuotendo la testa.

Angolo autrice
Spero che questo abbia chiarito tutti i dubbi!
Se non lo ha fatto, sentitevi liberi di chiedere!

Alla prossima
By rowhiteblack

THE FATES' QUEST: READING PERCY JACKSONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora